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Clara Moroni

Clara Moroni, il ritorno del rock

Nuova veste sonora per gli album di Clara Moroni & The Black Cars

I primi due dischi degli anni Novanta presentati al pubblico dopo la remasterizzazione

Clara Moroni torna sotto i riflettori grazie ad un lavoro di rimasterizzazione dedicato ai primi due iconici album del suo gruppo, Clara & The Black Cars.

Attivo sin dagli anni Novanta, Clara & The Black Cars è l’espressione artistica di Clara al di là della carriera come corista di Vasco Rossi, colui che l’ha definita la Ferrari del rock per l’energia e la potenza vocale. Un progetto parallelo che le ha permesso di esplorare la sua creatività musicale in maniera più indipendente e meno vincolante.

La musica di Clara & The Black Cars si muove principalmente tra il rock e il pop, con influenze che spaziano dal blues al soul, offrendo una combinazione di melodie energiche e testi diretti. Gli album che sono stati ripresi in mano sono “Chi ha paura di chi” (1990) e “Spiriti” (1992), entrambi presentati lo scorso 12 ottobre sul palco del Legend Club di Milano.

La nuova veste sonora di questi lavori ha affascinato sia i nostalgici degli anni ’90 che i nuovi fan del rock. Con la partecipazione di ospiti speciali come Maurizio Solieri, quella nello storico locale meneghino è stata una serata all’insegna del ricordo e della celebrazione di un periodo cruciale per la carriera di Clara Moroni, contraddistinta sempre dalla sua voce graffiante e dal uno spirito rock inconfondibile.

Clara Moroni
Clara Moroni

Rimasterizzare un album non è solo una questione tecnica, ma anche un atto di rilettura artistica. Ascoltando di nuovo “Chi ha paura di chi” e “Spiriti”, c’è qualcosa che hai riscoperto o che ti ha sorpreso del tuo lavoro di allora?

Ascoltando gli album originali li ho trovati molto moderni, attuali, però conservavano alcune caratteristiche sonore legate a quei tempi. Penso ad esempio al rullante preponderante e una certa ridondanza di effetti. Grazie all’AI, non avendo più i master originali, siamo riusciti a suddividere la base e la voce riuscendo a intervenire sulla base con Eq, compressione e altri piccoli accorgimenti. Poi sulla voce Max Faggioni è un vero mago e l’abbiamo resa più grossa aggiungendo persino un poco di distorsione. Il risultato è stato sorprendente, sembrano pezzi fatti oggi. Ero già molto avanti per i tempi, ma non pensavo così avanti da arrivare fino ad oggi!

‘Dentro al blu’ rappresenta un punto di connessione tra due momenti fondamentali della tua carriera. Se potessi rivivere quegli anni, c’è un momento o una scelta che affronteresti in modo diverso?

Ero molto giovane ed inesperta. Oltre al fatto che mi sono molto affidata ai consigli altrui, anche quando il mio istinto mi diceva che non erano giusti, per il resto me la sono cavata bene. Ma è una cosa che ho imparato con la maturità. Oggi lotterei di più per scelte sbagliate che sono state fatte e che hanno poi portato allo scioglimento della band e il mio distacco produttivo con Guido Elmi. Anche se poi, ho continuato a lavorare con lui sul progetto Vasco Rossi.

Negli ultimi decenni il rock ha subito una profonda trasformazione. In un mondo musicale sempre più dominato da suoni digitali e nuovi generi musicali, quale pensi sia oggi il ruolo del rock classico?

Il classic rock è una fucina di idee inesauribile, uno dei generi più creativi e anche versatili della storia della musica degli ultimi 80 anni. Non a caso mi riesce difficile ascoltare qualcosa fatto oggi e non trovarci dentro migliaia di cose che ho già sentito in migliaia di pezzi. È il caveau di una banca con la porta completamente spalancata: ognuno arriva e se ne prende un pezzo. Non mi fa felice ma se serve a far apprezzare il rock a nuove generazioni, cresciute a canzonette da villaggio turistico e trap da due soldi, accettiamo di buon grado questa rapina.

Che sensazione ti dà tornare sul palco con i The Black Cars? Che significato ha avuto per te la partecipazione al concerto di ospiti come Maurizio Solieri?

Il piacere di ritrovarsi anche se non tutti, purtroppo. Giacomo Giannotti, il tastierista, morì pochi anni dopo, giovanissimo. Siamo andati a mangiare dove andavamo a mangiare mentre lavoravamo in studio. Insomma, è come una famiglia che si ritrova dopo tanto tempo. Maurizio invece è un amico oltre ad essere una persona generosa ed umile: a lui interessa l’entusiasmo, non il denaro. L’ho chiamato pensando non avrebbe accettato, doveva ristudiare pezzi che aveva suonato tanti anni fa. Invece mi ha risposto ed era esaltato all’idea. Abbiamo fatto qualche giorno di prova e si è presentato con penna e quaderno: i grandi sono così.

C’è un brano tra quelli suonati al Legend Club che ritieni particolarmente significativo oggi, alla luce del contesto musicale e sociale attuale?

Sicuramente il brano ‘Giulia’, che parla della condizione delle ragazze nei piccoli centri di provincia. Riascoltandolo mi è quasi sembrato raccontasse l’ambiente ed il contesto sociale che ha portato alla tragedia di Sarah Scazzi. Il femminicidio è un argomento che mi sta molto a cuore, oltre alle mie battaglie animaliste che porto avanti da vegana.

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