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NoN – Sancta Sanctorum

Il trio fiorentino arriva alla prima prova sulla lunga distanza con un disco dark-wave-noise pulsante oscurità e speranza.
Il titolo riprende un testo di Bukowski, che ispira anche un brano, mentre lungo il resto della tracklist si alternano canzoni veloci come rotative, un rifacimento in chiave folk-apocalittico dal Trio Lescano, episodi che si espandono in lunghe code abissali, addirittura un pezzo acustico.
Il tutto mentre, rispetto al lavoro precedente, le tematiche si fanno più interiori e il suono viene arricchito di stratificazioni e strumenti come timpani, campane, synth, organi, pianoforti ma anche scatole di attrezzi e barattoli pieni di chiodi.
Una sequela di canzoni dense e senza scrupoli che parlano di amore, vita, morte.
Ospiti Alice Chiari al cello e Luca Barachetti che firma e dice un testo.
In esclusiva, lo streaming di “Sancta Sanctorum” su Oca Nera Rock.

Bukowski, figura spesso abusata in questi anni con le sue citazioni: cosa vi ha spinto a scrivere un brano ispirandovi a lui?

In realtà non abbiamo scritto un brano ispirandoci a lui.
Abbiamo usato, parola per parola, la parte finale di un suo racconto intitolato “Ho ucciso un uomo a Reno” tratto da “Storie di ordinaria follia”.
In questo finale di racconto la prosa di Bukowski diventa poesia, e questa poesia, che è un’invettiva contro la stupidità, il potere, l’arroganza e l’ignoranza degli uomini e quindi, in definitiva, un pianto di rabbia per la crudeltà dello stare al mondo, è diventata il punto di partenza per tutto il discorso di “Sancta Sanctorum”.
Non a caso apre il disco.

C’è ancora posto per la dark wave, in questi anni Dieci soffocati dal pop?

Onestamente non so se ci sia posto per la dark wave e mi interessa anche poco.
Non riesco a ragionare per generi e non ritengo i NoN una band prettamente dark, anche se mi rendo conto che l’immaginario che usiamo e a cui attingiamo possa indurre a pensarlo, io credo che i NoN siano semplicemente tre persone che hanno intrapreso un viaggio, e che, se anche spesso si ritrovano a muoversi nel buio siano comunque alla ricerca di luce, qualunque significato tu voglia attribuire a questa luce.
Ma la parte interessante della domanda riguarda gli anni Dieci soffocati dal pop, se non ho frainteso quello che vuoi dire, posso risponderti che un certo pop ha sempre avuto tendenze “soffocanti”.
Il punto, secondo me, è che non siamo più in grado di prenderci il tempo di respirare.
Personalmente negli anni Dieci ho trovato ed ascoltato realtà musicali interessantissime in Italia e fuori, ci son nuove band e gruppi anche di venti o più anni fa che hanno fatto dischi bellissimi in questi anni.
Certo può sembrare più difficile e faticoso seguire le cose belle, ma ce ne sono.
Magari non sono i nomi più gettonati dai media, magari non finiscono nei grossi festival/eventi (parola spaventosa) ma sta a noi tutti non rimanere sulla superficie delle cose e trovare il tempo necessario per godere della bellezza che ancora oggi la musica può regalarci.

Il brano più interessante del disco: qual è a vostro avviso? Ce ne parlate?

Il brano più interessante credo possa essere ‘Sostanza‘.
Lo è senza dubbio per l’impatto che ha sul disco, dura quasi dieci minuti.
Ed è interessante il modo in cui è nato.
È una collaborazione con Luca Barachetti (Bancale, Barachetti/Ruggeri) al quale abbiamo chiesto di scrivere un testo dopo avergli fatto ascoltare una base sulla quale stavamo lavorando.
Abbiamo sempre amato i testi di Luca, che sono di una potenza rara, parole come massi scagliati contro l’immobilità delle vite nel nostro confortevole mondo di occidentali.
Quando abbiamo letto quello che aveva scritto siamo rimasti in estasi per giorni.
Il risultato è una suite d’amore, nella quale Luca si è prestato anche a mettere la propria voce nella seconda parte.
Con una coda strumentale lunga che diventa apice d’intensità dell’intero disco.

La Toscana è un bel territorio fertile, denso di realtà lontane dall’indie e dal pop.
A vostro avviso c’è un legame tra il territorio e il genere musicale anche da voi scelto?

La Toscana è un bel territorio, sì.
Ed è ricco di realtà di ogni genere, più o meno vicine a quello che si intende per Indie o Pop oggi.
Se esiste qualcosa che influenza quello che suoniamo, quel qualcosa è il nostro vissuto.
Credo che se anche venissimo dalla Brianza o dalla Slovenia e avessimo avuto più o meno lo stesso approccio alla vita, la nostra musica non sarebbe troppo diversa da come è adesso.

Cosa ci si deve aspettare dall’incontro (e ascolto) di “Sancta Sanctorum”?

Sancta Sanctorum” segue una linea precisa, ma non una linea retta. Inizia in un modo, poi si sviluppa in un’altro.
Bukowski piange‘, il brano che apre il disco, è la premessa necessaria per compiere il percorso all’interno del disco.
Che è un percorso alla ricerca di redenzione, in alcuni brani la troviamo, in altri ci rimbalziamo.
È un disco che necessita di attenzione particolare, ma alla fine è un disco pieno di speranza.

«NoN, una negazione solitaria e inaccessibile»: negazione a cosa?

Negazione a definirsi in un genere.

Biografia della Band

NoN.
Una negazione solitaria e inaccessibile.
Una parola che puoi leggere da sinistra a destra o da destra a sinistra ma quella rimane, un rifiuto assoluto.
Un rifiuto e in mezzo il buco di una “o” che è uno spazio di vuoto.
Uno spazio di vuoto di senso.
E da esso un grido elettrico, una brumosa preghiera degli amplificatori, un j’accuse contro il nichilismo etico dei tempi.
NoN è il progetto dei fiorentini (voce e chitarra), Max (basso) e Al Bin (batteria).
Un trio dedito ad un rock d’autore scuro e potente.

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