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Vinicio Capossela live a Roma: un bel fuoco d’artificio

28 Giugno 2016, Roma: è tutto pronto all’Auditorium Parco della Musica per un’esperienza indimenticabile, quella che si è sempre sicuri di poter vivere grazie ad un concerto di Vinicio Capossela. È infatti una sensazione di gioia facile da assaporare nell’aria quella che si respira prima, dopo e soprattutto durante il live della tappa romana del tour “Polvere” del polistrumentista più virtuoso e imprevedibile dell’Irpinia. Il palco è ricco di elementi scenografici che viaggiano tra il western (come le spighe di grano, il bucranio) e la magia del Messico (i costumi dei musicisti sono il primo indizio). Disposti sulla scena intorno, dietro, accanto a Capossela sono presenti una decina di artisti in una formazione composta da coppie: due trombe mariachi messicane, due cupa-cupa lucani, due voci (una femminile ed una maschile), un coro greco, una coppia di chitarre, una coppia ritmica e tanti altri strumenti sparsi tra cui pelli, aulofoni, sonagli, mellotron e distorsori, utilizzati a piacimento e sempre con grazia.

Il live prende subito fuoco con un Vinicio Capossela nelle vesti della ‘Bestia del grano’, che è proprio il primo brano eseguito dalla straordinaria formazione presente sul palco, in grado da subito di risvegliare negli animi dei presenti quella voglia di esoterica taranta nascosta in fondo ai cuori di molti. L’artista torna poi sul palco con cappello, la sua famosa giacca in stile uniforme e una chitarra, per cantare al proprio pubblico un pezzo dedicato agli antichi lavori delle donne in campagna, ‘Femmine’, tra immagini di vendemmie, olivi, piantagioni di tabacco e di nessun guadagno per le lavoratrici.

È ancora di donne che si parla con ‘La padrona mia’. terza traccia del suo ultimo album “Le canzoni della cupa”, cui questo tour è dedicato; la Cupa è femmina e il ringraziamento di Capossela già in questo passaggio iniziale del live è proprio a tutte le donne e al loro modo di amare, vissuto anche sopportando tanto dolore, come nel caso della ‘Dagarola del Carpato’. Si passa poi a storie cavalleresche e di notti di amore comprate per 30 marenghi con un conseguente dolore da abbandono in ‘L’acqua chiara della fontana’, incontrando poi amori un po’ più realistici ed allegri, come quello di ‘Zompa la rondinella’. Con l’aiuto della fisarmonica si giunge al momento di ‘Franceschina la Calitrana’, una donna ricca di passione ed intanto il caldo di questa serata estiva fa sì che Vinicio Capossela si tolga il fardello della giacca per restare in una più informale camicia bianca, ancor più adatta al suo magnifico personaggio di uomo fuori dal tempo perfetto per il brano seguente, ‘Componidori’, canzone nata in Sardegna e ai Sardi dedicata, come la loro terra ricca di gioia e di colori.

Capossela ci introduce poi ad una storia connessa ad un altro genere di cavalieri, diverso rispetto a quello descritto qualche pezzo fa: è la categoria dei mulattieri di ‘Scorza di Mulo’, la cui esperienza polverosa viene raccontata su note quasi folk, che si abbracciano con armonia a quelle de ‘La notte di S. Giovanni’ grazie alla quale vediamo con la nostra immaginazione la storia di Erode e di vergini sognanti ed impaurite da leggende di villaggi antichi; tocca poi a un incontro chitarra – campanelli per il cantante, sempre accompagnato dai tanti elementi della band di supporto che con lui suona la sofferente ‘Il lamento dei mendicanti’, ricordando poi Matteo Salvatore, considerato come il più grande “cantante della fame” mai avuto in Italia, che con i suoi “Proverbi Paesani” ha ispirato il protagonista di questo concerto anche per un brano come ‘Rapatatumpa’.

C’è successivamente spazio per ‘Teresuccia’, un canto di mietitura che avevamo già conosciuto nel film e nel libro Il paese dei Coppoloni, usciti nel 2015 e il pensiero viaggia poi verso il concetto di straniero e di viaggiatore, cui Vinicio Capossela dedica ‘Lu Furastiero’, per ridare ancora spazio ad un riadattamento di Salvatori, ‘Nachecici’, uno dei brani che ha pian piano esortato il pubblico a non restare seduto sulle proprie poltrone. Suoni di fisarmonica meridionale aleggiano nell’aria introducendo ‘Pettarossa’ e si giunge poi al decimo brano tratto dal secondo cd de “Le Canzoni della Cupa”, il ridente ed allegro racconto di un matrimonio sabotato ‘Lo Sposalizio Di Maloservizio’.

È una trilogia ed è una festa quella che inizia ufficialmente in questo momento sotto il cielo stellato che ricopre la Cavea dell’Auditorium Parco della Musica di Roma: tantissimi spettatori decidono di scatenarsi e di iniziare a ballare sulle note di un inno alla vita dal ritmo gioiosissimo. Arrivano quindi gli invitati-non invitati, come definiti da Vinicio Capossela: sono brani storici come ‘Marajà’, ‘Che coss’è l’amor’, ‘Pena dell’alma’ e la più perfetta ed adatta al momento del live ‘L’uomo vivo (inno alla gioia)’; sono i sorrisi scambiati e ricambiati, negli occhi e sulle labbra, che illuminano il pubblico ed i protagonisti di questo spettacolo colmo di vitalità e di ottima musica sul palco. Rulli di tamburi, maschere da gladiatori e presentazioni dei musicisti aprono la strada per Vinicio e per ‘Il ballo di San Vito’, che veramente non riesce più passare sulla pelle di coloro che lo hanno vissuto, come un virulento batterio di felicità.

Una breve pausa e la formazione del cantante nato ad Hannover torna sul palco, si inchina agli spettatori e riprende a suonare perché “per alzare la polvere bisogna mettersi in cammino” ed il concetto è ben descritto da ‘Camminante’ brano tratto da “Camera a Sud” del 1994. C’è una dedica a chi decide di abbandonare la propria terra per emigrare cercando vita altrove ne ‘Il treno’, una dedica fatta anche al padre dell’autore, che cercò fortuna in Germania.

Sotto la luna splendente di Roma si assiste poi alla performance de ‘La notte è bella da soli’, tra ululati umani e non, e si passa subito ad un abbraccio ai migranti attraverso le note ed i cori della messicana ‘La golondrina’, ispirata ad un volatile che non può poggiarsi a terra ma che può solamente volare. Con sassi nelle scarpe e polvere sul cuore, Vinicio Capossela regala alla Capitale la superba ‘Ovunque proteggi’ e dedica infine il live ad un’artista che molto di recente se ne è andato, Bud Spencer, con queste parole: “Se siamo polvere e polvere ritorneremo, l’importante è fare un bel fuoco d’artificio”.

E in effetti proprio di un fuoco di artificio si parla quando si assiste ad un concerto del genere, un concerto che esprime con spontanea allegria le infinite capacità di un artista, Vinicio Capossela, che ama la musica e che può rendere chiunque altro capace di amarla a sua volta.

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