UNALTROFESTIVAL 2016 Day 1: l’intrattenitore e l’antidiva
UNALTROFESTIVAL 2016 al Circolo Magnolia di Segrate (MI): due serate di inizio settembre, due palchi, headliner importanti e piccole ma interessanti realtà. Un quick festival in questo caldo, caldissimo scorcio di fine estate, che raduna i giovani milanesi, lombardi o di chissà dove, indaffarati nel cercare di sfuggire al rientro al lavoro o allo studio per la sessione di settembre. 1 settembre, prima serata, possiamo iniziare.
Per accompagnare l’apertura dei cancelli e il primo afflusso di pubblico, si va sul sicuro e ci si affida all’ospitalità romagnola: i Sunday Morning di Cesena e i Landlord di Rimini aprono le danze, indie rock i primi, elettronici votati al trip hop i secondi. In tutto questo, si presenta di fronte a noi avventori il consueto dramma che caratterizza ogni occasione al Magnolia, grande o piccolo evento che sia, all’aperto o al chiuso: l’orario è propizio per tappare la fame e innaffiare la frugale cena con una birra, ma ad ogni punto vendita, e non sono affatto pochi, c’è coda. Una coda interminabile, o stai lì o segui i concerti, e se dai la precedenza al tuo orecchio il tuo stomaco si lamenterà per l’intera serata. Finché sei un ragazzino è ok, ma l’età avanza e non è accettabile saltare a piè pari la cena. Sfrutto dunque le pagine dell’Oca per un appello ai signori del Magnolia: vi prego, fate qualcosa per noi quasi-post-giovani e per la nostra fame.
Direttamente dalle grandi hit della bella stagione, e dai vostri frigoriferi, arriva il primo nome di rilievo di UNALTROFESTIVAL 2016: i canadesi The Strumbellas portano folkate di pop, senza alcuna pretesa di innovazione. Un folk-pop gradevole e già sentito, da parte di un gruppo che vorresti far suonare alla cresima di tuo figlio, se tuo figlio avesse gusti musicali un po’ sciapi. Lo schema dei pezzi è collaudato: battimani e plettrata, leggera sviolinata sul ritornello. Simpatica anche la presenza scenica: la ragazza al violino, un corpulento tastierista con cappellino e camicia a quadri, e addirittura un cantante con la barba. La partecipazione in coro per ‘Spirits‘ è importante, e la rende piacevolmente rotonda e pienotta, nonostante nessuno sventoli un vasetto di yogurt.
Con sorprendente puntualità, l’attenzione si convoglia al palco principale di UNALTROFESTIVAL, perché è l’ora di Edward Sharpe and the Magnetic Zeros. Sono tanti, tantissimi sul palco, ed è forse proprio per mancanza di spazio che il cantante, frontman e uomo-immagine del gruppo americano, Alex Ebert, si mette a cantare a livello del pubblico. L’incedere blues arricchito dai numerosi strumenti addolcisce la sua voce un po’ nasale, mentre indossando fiero la sua canotta bianca alterna lo show vocale a delle grandi chiacchierate col pubblico, saltando di continuo su e giù dal palco. Qualche distratto spettatore di tanto in tanto si chiede chi stia cantando, perché un attimo lo vedi e l’istante dopo non c’è più nessuno al centro della scena.
Iniziano ad accadere cose incomprensibili per chi osserva il concerto dalla media distanza: compare una tizia col tamburello, non si capisce da dove, forse direttamente dal pubblico, e rimane per qualche pezzo. Addirittura porge il microfono al pubblico per far cantare i più coraggiosi (anche questa è da prendere con le pinze, è una mia interpretazione di quel che sono riuscito a captare). Praticamente si mette a fare il Fiorello, un simpatico intrattenitore. I pezzi degli Edward Sharpe and the Magnetic Zeros sono fatti di un pop ben strutturato e tendono ad aprire immancabilmente nel finale. Quando sta per subentrare la raucedine, Alex Ebert si improvvisa Joe Cocker e propone una cover dal sapore caraibico di ‘Instant Karma‘ di John Lennon, prima di far sfociare il concerto nello svacco più totale.
Ci siamo divertiti, abbiamo cazzeggiato, ora torniamo a fare le persone serie: il nome grosso del primo giorno di UNALTROFESTIVAL è pronto, e stavolta non sarà una frivolezza. I Daughter sono un gruppo inglese capace di assumere diverse sfumature in soli due album, e non è ben chiaro cosa ci si debba aspettare dal loro concerto. L’inizio è molto luminoso, con una chitarra violenta e un basso importante, e poi arriva la voce alta a dispetto della presenza timida di Elena Tonra, vero fulcro della band. Hanno un lato oscuro a 220 Volt, con suoni molto stratificati, ma sanno anche togliere le chitarre dal fodero e fare qualcosa di molto noise, sempre con quella ricercatezza tipica del post rock.
Elena Tonra ha il carisma e il fascino dell’antidiva, interagisce poco ed educatamente, ma è lei a decidere la velocità a cui viaggiano i Daughter: fanno scendere la catena, e poi picchiano qualche schitarrata incisiva. Sono claustrofobici, ma se la voce si fa più alta del suono si intravede uno spiraglio di luce. Si fa un po’ fatica a catturare l’attenzione di una parte di pubblico un po’ distratta, ma alzando i volumi il brusio di fondo scompare. Assistiamo addirittura all’abbandono della chitarra per dare voce a un pezzo con cassa tonante, prima di rientrare nei ranghi e ricordarci che nelle loro vene scorre anche parecchio trip-hop. Si arriva verso la fine con cisterne di malinconia, imprevedibili stacchi di musica nel vuoto, salutandoci con ‘Fossa‘ e una chiusura arpeggiata, poi scattante e addirittura di corsa nelle ultime battute.
Abbiamo visto un po’ di tutto in questa prima giornata di UNALTROFESTIVAL, gruppi decisamente sopra le righe e altri invece che si nascondono sotto le righe. Buonanotte Magnolia, ci si vede domani per il secondo tempo.
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