Torino Jazz Festival: non quello, non quell’altro, ma questo primo maggio
Il concertone
La grande tradizione del primo maggio torinese: pioggia, freddo e scontri di piazza. Il concertone targato Torino Jazz Festival va in scena nel pomeriggio, cessate le ostilità.
Probabilmente molti saranno rimasti a casa a vedere la tradizionale kermesse di Roma alla tv, tipo zapping di cantanti che fanno due pezzi incastrati tra pubblicità e sketch. Ah! Quei suoni che solo in televisione riescono ad essere così poveri, che si sente solo la voce e la batteria, con le facce un po’ sconvolte dei cantanti, che la luce pomeridiana ti fa vedere meglio quanto sono invecchiati durante la loro esibizione che sembra un soundcheck.
Al primo maggio o ci vai davvero e ti butti nella mischia, oppure lo segui da casa tipo veglione di capodanno su Rai1 mentre fuori tutti i tuoi amici si divertono…
Torino Jazz Festival Neverending Tour Marathon
Vabbé lo ammetto, ho acceso la tv, cercavo in realtà il concertone di Taranto ma non l’ho trovato, mi sono accontentato del classico Grignani ubriaco. Comunque io ci vado, al concertone che abbiamo qui. Questo festival è durato un bel po’, impossibile stare dietro a tutti i mille eventi, ci abbiamo provato i primi giorni, che sono stati anche i più pieni. E fu sera e fu mattina e fu sera e fu ecc… decimo giorno. 1 maggio, colpo di coda in centro per il gran finale.
Jazzpolitik
Qui tra un mese si elegge il sindaco, e il Torino Jazz Festival, ovviamente, è terreno di scontro della campagna elettorale. Ma comunque sticazzi, la musica unisce, la politica spesso divide. Persino il dubbio se scrivere questa cosa o no mi divide. La soluzione è sentire due note dal vivo e di colpo non ci pensi più.
Salotto
La mia giornata parte da Piazza Vittorio dove tutte le domeniche ha luogo il Salotto di Mao. Qui nei primi giorni del festival Mao ha animato i “Jazz Talk”. Ascoltavamo le sue canzoni negli anni ’90, poi si è dedicato a radio, tv, cinema, sembra avere costruito un suo genere di cross-intrattenimento, quella cosa lì di cui l’unica definizione calzante esistente è appunto “il salotto di Mao”. Quest’estate lo rivedremo sul palco del Flowers Festival insieme a Max Gazzè.
In piazza, intanto…
Mentre sono a fare salotto, nella piazza principale c’è la cantante e violinista cubana (bona) Yilian Cañizares. Me la perdo io ma non certo Luigi De Palma: ecco una delle sue foto che trovate nella photogallery della giornata.
Il trombettista
Appena arrivo in piazza Castello chiedo a un ragazzo come sta andando la situazione. Attacco un po’ bottone e scopro che lui è un trombettista che ha suonato in un paio di eventi clou di questo Torino Jazz Festival.
È giovanissimo, nemmeno vent’anni, suona la tromba dall’età di 8. Studi classici da Conservatorio, ma la sua passione è il jazz. Tra poco scapperà perché deve andare al Jazz Club, ci sarà la grande jam session conclusiva e lui vuole arrivare presto per accertarsi di poter suonare, ci saranno grandi musicisti e non vuole perdersi la possibilità di improvvisare con loro.
Io ho sempre pensato le jam session come un momento crudele, un alternarsi di mors tua vita mea, soprattutto quando c’è un direttore che decide chi esce e chi entra. Lui pensa che invece è meglio così, perché talvolta capita di trovarsi a suonare con gente che non ci sa proprio fare. Capisco il suo punto di vista, il jazz è effettivamente più meritocratico dell’indie rock.
Gli chiedo quanto si esercita. Lui cerca di fare almeno tre ore al giorno, a volte diventano sette o otto. Mi spiega che è più che altro una questione fisica, di resistenza: stare senza suonare un po’ di tempo non peggiora la tecnica, ma per tenere in bocca quel pezzo di ottone e soffiarci dentro a ripetizione bisogna avere un robusto allenamento.
Insomma, la differenza non la fa la tecnica, ma quanto sei cazzuto!
Non dirò il nome perché lui preferisce così, e non mi va di forzare la sua mite e genuina modestia. È un comportamento amabile che nell’indie rock non esiste. Quello che sa fare con lo strumento, a quanto vedo googlandolo on line appena torno a casa, è ampiamente sufficiente a garantirgli un futuro luminoso.
Led Zeppelin
Ebbene sì, in piazza c’è Giovanni Falzone and Contemporary Orchestra che suonano la loro “Led Zeppelin Suite”. Ma mentre sono in atto le loro interpretazioni di ‘Stairway to Heaven’, ‘Black Dog’ e tutte le altre io sto chiacchierando con il trombettista di prima che mi spiega il jazz. Anche stavolta, vi valga il dagherrotipo di Luigi De Palma.
Lavoratori? Prrr
Per esempio si ferma a sentire il concertone anche una ragazza con la sua bicicletta con la scatola termica in polistirolo per consegnare cibo a domicilio. La giacca riporta la catena di ristoranti per cui lavora. Lavora? Ma è il primo maggio! Il dubbio è che la sua sosta stia facendo raffreddare la pietanza dentro al polistirolo e acuendo l’ira e la fame del grasso borghese destinatario. Ben fatto compagna!
Incognito
Come previsto dal vostro inviato, le dediche a Prince impazzano. Gli Incognito entrano sul palco accennando ‘Purple Rain’ e proseguono con ‘Musicology’. Poi si tira dritto su quel genere cosiddetto “acid jazz” che, contrariamente al nome, risulta più “dolce” alle nostre orecchie rock rispetto al jazz tradizionale, perché si basa di più sui groove, sulle Jazzmaster ritmiche che picchiano sugli alti, sulle voci soul, sul far muovere il culo, sulla tirata finale in doppio pedale di Francesco Mendolia, batterista italiano in una band storica, meticcia e internazionale.
«Che fine ha fatto questa primavera? Speriamo di avervi portato un po’ di calore…» dice Jean-Paul Maunick, chitarrista e leader dell’ensemble, impreparato come tutti a queste temperature natalizie. Salutato il pubblico, parte un disco: è ‘One love’ di Bob Marley, sulla quale gli Incognito ballano e simpaticamente cazzeggiano per un finale good vibes che suggella il Torino Jazz Festival.
The end
E vissero felici e contenti tutti quelli che hanno partecipato, come pubblico o come musicisti, come fotografi o come scribacchini (like me!), come fonici tecnici passanti imbucati turisti eccetera.
Il giorno dopo è il giorno degli scontrini, del processo del lunedì, delle annunciazioni dei numeri. Comunque la bella musica è bella musica sia che ci sia un pubblico di dieci o un pubblico di mille. A noi appassiona più la musica che i numeri, prova ne è il fatto che spesso ci piace seguire i concerti da dieci piuttosto che quelli da mille.
In questi giorni mi sono divertito (vedo cose faccio gente), ho imparato qualcosa, penso sia stato per tutti un bel bagno di musica. Ok, il Torino Jazz Festival non sarà un’attrazione per cui uno decide che deve assolutamente andare a Torino. A dir la verità credo Torino non abbia nulla di particolarmente imperdibile. Ma alla fine tutti ci vengono…
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