TODAYS Festival 2016 Day 02: flemma scozzese e tiro belga
Seconda giornata per il TODAYS Festival 2016: il 27 agosto a Torino si ripercorre la stessa traccia del giorno precedente, stesse location e stessa sequenza temporale, ma con nomi, mood e risultati diversi.
Si inizia come di consueto allo Spazio 211, e i primi a salire sul palco sono gli Stearica, band torinese che gode di un grande seguito anche fuori dai confini cittadini, regionali ma soprattutto provinciali. Non è un inizio di quelli accomodanti: i tre ragazzi, vestiti completamente in nero, attaccano un riff post-rock dal fare “simpatico”, ma che lascia intuire cosa succederà a seguire. Arrivano quasi subito le legnate sulla batteria e giri in crescendo, e poi passaggi sincopati in cui la chitarra viene letteralmente grattugiata. L’esecuzione acquista velocità e pathos, per una chiusura delirante suonando letteralmente ogni cosa capiti a tiro (si segnalano bacchette di batteria sugli amplificatori e financo sulla transenna). Un mini-set, quello degli Stearica, davvero tirato e promettente.
Seconda apertura di questo sabato pomeriggio di TODAYS Festival, i romani Giuda. Una struttura più semplice di quanto visto poc’anzi, ma portata in scena con grande abilità da un gruppo dalla lunga militanza e dalle dinamiche molto ben definite, in un impianto corale che funziona. Riff semplici per un rock classico e impostato, piacione ed efficace nella sua grezza linearità.
C’è poi spazio sul palco nello slot del concerto di apertura per Motta.
Il suono si apre subito bene, e c’è una tensione positiva nel gruppo che accompagna questo promettente ma già affermato giovane con alle spalle un decennio di militanza e collaborazioni con diverse band. La voce non è portentosa, ma le idee sono buone, e ricorrendo alle percussioni c’è un bel tiro di ritorno.
Motta abbina un’atmosfera complessa e macchinosa da cantautore con un impianto musicale elaborato che prende il controllo e il sopravvento. Un passaggio pop radiofonico, con la melodia soft e strimpellata di ‘La fine dei vent’anni‘, e ‘Sei bella davvero‘ che è tanto sanremese da aspettarsi da un momento all’altro l’uscita sul palco del maestro Peppe Vessicchio.
Si torna a un’attitudine oscura e ben elaborata, chiudendo con una ballata semiacustica che sfocia in un finale in distorsione.
La scritta PSYCHOCANDY tirata sul fondale del palco preannuncia l’arrivo degli headliner di questo day 2 al TODAYS Festival 2016: The Jesus and Mary Chain, in un’unica data italiana per quest’estate, passano da Torino per infiammare l’animo del sottoscritto ma anche di una generazione che li ha visti nascere, dark attempati e di ritorno che si annidano tra il pubblico per un tuffo nei prolifici anni ’80.
L’inizio non è dei più brillanti: problemi di voce in spia, falsa partenza per ‘April skies‘ e restart. Morbida e un po’ alla moviola, probabilmente segnata dal brutto attacco, ma anche ‘Head on‘ a seguire è sulle stesse corde. Il tiro è lento e pop, e Jim Reid non è affatto in splendida forma.
A dispetto di quanto campeggia sul fondale, il mood dei Jesus and Mary Chain in questa serata torinese è più vicino ai loro percorsi pop, tant’è vero che i pezzi migliori arrivano da “Automatic”, album molto meno aggressivo dei precedenti: ‘Between planets‘ e ‘Blues from a gun‘ sono belle piene.
Tempi duri per gli amanti delle distorsioni: ‘Teenage lust‘ è molto riverberata ma anche lenta come un pachiderma, si fa sul serio con ‘The hardest walk‘, cantata bene anche da Jim Reid. ‘Some candy talking‘ è piena ma gli strumenti vanno un po’ a spasso e c’è una chitarra pulita che suona troppo forte, ‘Happy when it rains‘ ha una buona esecuzione pop e tirata, ma la voce viene a mancare. Si chiude con ‘Reverence‘, un’introduzione lunghissima e un suono oscuro, con un parte vocale quasi rabbiosa. Sembra fin qui che la condizione precaria di Jim abbia influenzato anche il fratello William, nemmeno troppo brillante alla chitarra, e si tratterebbe comunque di un evento epocale: per la prima volta i fratelli Reid riescono ad andare d’accordo su qualcosa.
L’encore è tutto appannaggio di brani tratti da “Psychocandy”, ed è il tocco graffiante e tagliente del loro disco d’esordio quel che è mancato finora. ‘Just like honey‘ è lenta e confortevole, ‘Never understand‘ più rapida ma con un sound ammiccante, con quella venatura pop che The Jesus and Mary Chain si trascinano dai primi pezzi. ‘Taste of Cindy‘ è ruvida ma non è graffiante, e si chiude col buio pesto e pestato di ‘It’s so hard‘, incattivita e distorta. Una performance nel complesso non all’altezza della loro grandezza, una scaletta a tratti non condivisibile, ma la stretta al cuore c’è sempre, nonostante la mancanza quasi totale di fischi e feedback.
Cosa propone il menù del TODAYS Festival per quanto riguarda l’area Ex INCET?
I Cani. Ed è un durissimo coast to coast, da rimanere quasi straniti. Dobbiamo comunque uscire dagli anni Ottanta e calarci nella realtà degli anni Dieci. Ed è una realtà fatta di tre accordi di tastiera e un refrain semplice, che però ha grandissima presa ed è pensato con lungimiranza. Cinque elementi un po’ accalcati sul palco, che ricorrono a una sintesi spinta e a ritornelli ipnotici quasi perenni.
Ma se I Cani attaccano ‘Le coppie‘, è automatico che la folla vada in visibilio.
Con i giri semplici di tastiera ci sanno fare, questo non si può negare, mentre con i lenti hanno qualche difficoltà ad arrivare a tutti, tant’è vero che la nutrita schiera di barbe presenti tra il pubblico non mostrano troppo attaccamento e palesano la propria noia mentre Niccolò Contessa fa la sua ballata e gli altri elementi del gruppo gozzovigliano sul palco. Una vena da intrattenitore spiccata e fiorente, mentre come cantautore non c’è molto da dire. Il finale in stage diving su un pezzo totalmente inadatto al lancio sulla folla ne testimonia la genialità nel far presa sul pubblico, vero motore di spinta del successo de I Cani.
Si assiste poi a un vero e proprio ricambio generazionale al TODAYS Festival: un’evacuazione simile a quella che avviene dopo i concerti quando nei locali si deve far spazio alla discoteca tamarra, tutti gli adepti dell’indie pop se ne vanno e lasciano spazio a chi attende i Soulwax. Grande lavoro sul palco, una pesante ristrutturazione che in un attimo fa comparire due consolle gigantesche, due gazebo laterali e un altare sullo sfondo, tutto rigorosamente di colore bianco. E tutti in bianco fanno capolino i fratelli Dewaele accompagnati da tre batteristi e dalle migliori intenzioni di fare un casino infernale.
L’hype iniziale per i Soulwax è alle stelle, e si attacca scannando le percussioni, per poi rallentare e dare spazio al synth. È proprio il gioco dell’alternanza a tenere sempre alto il tiro, il trambusto totale smorzato dalla melodia sintetica, e la bravura e la sincronia delle tre batterie è notevole. Quando fanno capolino le chitarre, basta l’iterazione di un semplice giro per creare un’aria ipnotica. C’è spazio anche per la voce, con la corista che dimostra di non essere sul palco per fare unicamente da contorno. La dimostrazione che la musica elettronica può essere pure virtuosa la si ottiene con accelerazioni a tratti improvvise e a tratti graduali, mentre un giro sequenziale a mano armata dei tre batteristi manda il pubblico torinese in visibilio. Anche nei passaggi più tranquilli, si è sempre lì ad aspettare il momento in cui i Soulwax tireranno una legna mostruosa da agitazione di massa. ‘NY Excuse‘ chiude un set eseguito tutto d’un pezzo, ed è solo alla fine dell’ultimo brano che si può pensare a rifiatare e riattivare le funzioni cognitive.
Termina col botto la seconda giornata di TODAYS Festival 2016, si ha giusto il tempo di mettere a fuoco cosa è successo su tutti questi palchi prima di prepararsi al gran finale.
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