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The Zen Circus

The Zen Circus live a Torino: Pisa merda

La famosa stroncatura di Andrea Fiaschetti: da qui partiamo inevitabilmente per parlare degli Zen Circus e del loro ultimo album “La terza guerra mondiale”. Quando l’ho letta ci sono rimasto di sasso. Possibile che abbiano fatto un disco così brutto? Oppure è il presidente dell’Ocanera che ha voluto scatenare apposta la polemica controcorrente? Confessa!

Invece il titolo con la parola “merda” è un bieco stratagemma per ottenere più accessi (se stai leggendo queste righe ci sei cascato in effetti). Il pretesto è preso dagli stessi Zen Circus, che chiamano ‘Pisa merda’ una delle canzoni dell’ultimo album. Diversamente dal Fiaschetti, la mia opinione sul gruppo è sempre stata di segno +, anche dopo gli ultimi ascolti. Dunque la volgarità del termine non corrisponde al giudizio.

Secondo me sono uno dei pochi gruppi del nuovo millennio che abbiano costruito la loro carriera non su Facebook ma con anni di sano sbattimento partendo dai palchi dei peggiori bar di Caracas italiani.

In più, in ogni disco riescono a trovare almeno due/tre canzoni miliari: ai loro concerti non succede che il fan si esalti con i pezzi vecchi e sbadigli con quelli nuovi, come è prassi per le band cosiddette storiche.

Veniamo a noi. Siamo a Torino, e non c’è posto più azzeccato dell’Hiroshima Mon Amour per una Terza Guerra Mondiale. Questo 17 novembre è un giovedì, tradizionalmente giornata X-Factor, con questo pretesto possiamo ricordare la polemica Appino-The Voice of Italy.

Arrivo che sta suonando Erin K con la sua band, in cui suona Julie Ant, la batterista del video di ‘Ilenia. Se l’avessero scritto da qualche parte sarei venuto prima.

Entrano gli Zen Circus e con loro un quarto componente magro e capellone, stai a vedere che si sono portati il loro amico Motta. Invece è il Maestro Pellegrini, quello che suona la chitarra in L’anima non conta.

Si parte. Gli argomenti, come al solito, non sono certo da aperitivo letterario: invettive, infanzia bruciata, droghe, dio non esiste, e “questo paese lurido, sperduto, imbarazzato, freddo, grigio, solitario, disastrato”. Quando ci vuole ci vuole.

È un concerto bello carico, con impatto a tratti devastante. Comunque forse un tempo gli Zen Circus erano più genuinamente folli nel confronto col pubblico. Forse anche il rocker più maledetto ridimensiona la sua imprevedibilità quando una platea sold out restituisce enorme partecipazione e calore. Immagino siano sinceramente felici di suonare a Torino (Appino ci ha vissuto per un po’ di tempo) ma credo rimangano i tipi che troverebbero le loro più geniali ispirazioni nei proverbiali peggiori bar di Caracas.

Sentire la canzone di Natale decurtata della telefonata finale al pusher (il pezzo forte) mi lascia un po’ l’amaro in bocca!

Il Circo Zen ritorna trio busker in un intermezzo in cui Karim Qqru lascia la batteria e si mette addosso una washboard. Anche qui, come per tutto il resto del concerto, si scatena l’inferno, soprattutto nelle prime file. Non ci sono dubbi che sarà così forever per un bel po’ di tempo.

That’s all folks. Ma chi è torinese può continuare a leggere…

Volete sentire la milionesima canzone su San Salvario? Eccola. In questa città ogni cantautore fa la sua canzone su San Salvario (per esempio questa, questa, questa etc). Diamo agli Zen un’attenuante visto che non sono di qui. Dicono che non è in scaletta per questa prima parte di tour ma eccezionalmente la suonano visto che siamo a Torino. E niente, una volta eravamo la città della Fiat, ora siamo la città di San Salvario!

8 commenti su “The Zen Circus live a Torino: Pisa merda

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