The Temper Trap live a Padova: potenza di suoni
A quanti non conoscono i The Temper Trap basterà sentire le prime note di ‘Sweet disposition’ o di ‘Sciense of fear’ per riconoscere in quel brano una pubblicità, un film, una playlist estiva di non troppi anni fa.
È infatti del 2009 il pluridecorato album d’esordio “Condition”, seguito nel 2012 dal secondo “The temper Trap”, vittima di una critica assai severa, a causa di un suono apparentemente troppo distante dal primo lavoro in studio.
A tre anni di distanza dall’ultimo tour mondiale, gli australiani Dougy Mandagi (voce, chitarra ritmica), Jonathon Aherne (basso, cori), Joseph Greer (chitarra solista, tastiera, cori) e Toby Dundas (batteria, percussioni, cori), ripartono con il nuovo album “Thick as Thieves” (che sembra recuperare i suoni degli esordi) e con un nuovo tour, facendo tappa il 15 luglio a Padova, in quella che è la prima delle uniche due date italiane.
Il Parco della Musica li attende già dal pomeriggio: nessuna band in apertura, il pubblico si intrattiene sorseggiando drink su una fila di sdraio bianche non troppo distanti dal palco… e sarà questo, saranno le luci che piovono dal cielo come lucciole in fila, ma l’atmosfera sa di festa e di freschezza.
Sono ormai le 21.30 quando la band arriva: sorriso stampato e chitarra a braccio, mentre la folla comincia a radunarsi sotto al palco.
Lo show inizia timido, con il singolo dell’omonimo ultimo album, ma basta poco tempo perché il pubblico si scaldi e si accenda la serata.
La scaletta alterna nuovi pezzi come ‘Burn’, ‘Alive’ e ‘Summer’s Almost Gone’ a quelli già noti del secondo – ‘Trembling Hands’, ‘Rabbit Hole’ – e del primo album – ‘Love lost’, ‘Science Of Fear’, ‘Drum Song’ e altro ancora.
La voce è impeccabile, dal vivo come nel disco.
Il suono è equilibrato e coinvolgente, senza grandi scostamenti dalla versione in studio.
Sono le note di ‘Conditions’ forse, a far notare per un attimo l’assenza di Lorenzo Sillitto (chitarra solista, tastiera), co-fondatore della band, attivo fino al 2013.
La band non si risparmia in quanto all’uso degli strumenti: per Dougy diversi cambi di chitarra e un giro di percussioni in ‘Drum song’, tastiera e chitarra alternati con destrezza da Joseph e verso la fine, trio di chitarre con la partecipazione del batterista Toby.
Dougy sorride e scherza con il pubblico, «Vi amo ragazzi, quand’è che torneremo di nuovo qui?», fino allo stage diving finale, sulle note di una cantatissima ‘Sweeet Disposition’, brano con cui probabilmente, dovranno confrontarsi ancora per molto tempo.
La risposta è positiva, i cori non mancano anche nei brani di recente uscita, così come gli sguardi complici e le battute di chi rievoca i ricordi all’ascolto di quelli celebri.
Una bella interazione, terminata poi con lo spegnersi delle luci: i The Temper Trap sono volati via velocemente come sono arrivati, senza nemmeno passare per i fan.
Peccato!
A voler far l’ago della bilancia, tra le critiche di una smarrita personalità e la potenza dei suoni che hanno catturato da subito un vasto consenso, si fa davvero fatica.
Forse sarà proprio la fine di questo tour a decidere su che piatto far pendere il giudizio.
E chissà, che il carisma della band non stia proprio nel perseguire un genere energico e memorabile, ma non invadente, che accompagna le giornate, ma non le stressa.
A quanti non conoscono i The Temper Trap, io direi: ci sono canzoni da ballare e dischi da cantare a squarciagola in macchina con i finestrini aperti.
Poi ci sono i loro stessi, che hanno la capacità di infilarsi in una giornata qualunque e diventarne la colonna sonora, per poi far rievocare volti e immagini, in un piacevole loop da ripercorrere ogni volta in cui si inciampa in un loro brano.
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