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The Jesus and Mary Chain, quarant’anni di un suono nato nel futuro

Sonorità alternative riecheggiano nel parco della capitale

Dopo la data a Ferrara, i fratelli Reid arrivano a Roma per il Villa Ada Festival 2022

Un’ora o poco più di un concerto davvero filato – però, che concerto.
Parliamo di un gruppo che è davvero qualcosa di unico.
Nato dalle ceneri, ma forse sarebbe meglio dire, ispirato da quel meltin’pot dato dal post punk dei primi anni Ottanta e dal pop distorto di origine scozzese, i The Jesus and Mary Chain con alla batteria Bob Gillespie (futuro leader dei Primal Scream) scrissero nel 1985 “Psychocandy”.
Un album mostruoso che fece subito centro.
E non solo per il singolo ‘Just Like Honey‘, tornato alla ribalta grazie a Sofia Coppola in “Lost in Translation” e all’innamoramento che ne ebbe Scarlett Johansonn.
Più verosimilmente, per questo suono potentissimo fatto di feedback ossessivi sulla scia di Velvet Underground e Stooges.

 

Insieme ai My Bloody Valentine i The Jesus and Mary Chain hanno rappresentato davvero un’esplosione sonora nella creatività musicale di quegli anni.
La critica ha parlato di shoegaze ma qui siamo dinanzi a qualcosa di assai più profondo, direi di seminale.
Senza i The Jesus e Mary Chain il pop inglese degli anni a seguire sarebbe stato diverso.

Nella loro lunghissima carriera, i fratelli Reid non si sono mostrati sempre all’altezza del loro genio musicale.
Alan McGee (fondatore della Creation Records e mentore degli Oasis) nella sua crescita musicale ha più volte ribadito l’importanza di questa band, tuttavia la cosa che impressiona ancora è la modernità di certi suoni.
Suoni in grado di colpire al cuore generazioni diverse.

I The Jesus and Mary Chain dal vivo funzionano ancora molto bene e la sintonia della band è ancora notevole.
Caratteri complessi sono stati spesso al centro di diverbi con i propri fans.
Anche i media li presero di punta su temi delicati come la droga.
Fu il caso di una hit (‘Some Candy Talking‘) finita nella bufera per l’associazione che ne fece un Dj.

Negli anni a venire ci sono stati alti e bassi ma hanno fatto ancora centro con album come “Darklands” e “Munki”: pur molto diversi tra loro, suonano sempre molto potenti con al centro l’incessante combinazione basso batteria che compongono una seconda voce che corre accanto a quella della canzone.

Poi ci fu la rottura che li portò negli anni dell’esplosione del Britpop a virare verso progetti solisti o di nicchia, per ritrovare il senso di essere artisti.
Il riavvicinamento nel 2007, anno in cui cominciarono con le partecipazioni ai grandi Festival.
I The Jesus and Mary Chain tornarono così ad avere un nuovo ruolo, riconosciuto loro da una stampa specializzata più benevola.

Stavolta, nella cornice un po’ minimale di Villa Ada, la band tiene ipnotizzati circa 300 spettatori con perle come ‘I Love Rock’n’Roll‘, ‘April Skies‘, ‘Taste of Cindy‘.
Il bis è un colpo al cuore: la già citata ‘Just Like Honey‘, ‘All Things Must Pass‘ e la finale ‘I Hate Rock’n’Roll‘.

Nel conformismo musicale di questi anni bisogna essere grati per avere assistito, ancora, al concerto di una simile band che non si può tarare solo con la breve durata dello stesso.

I fratelli Reid salutano dal palco e noi ci allontaniamo con nelle orecchie il loro suono.
Un po’ come Bill Murray e Scarlett Johanson: tra i bagliori lontani di una metropoli, sentirsi senza guardarsi, come una delle loro canzoni.
Oltre la dimensione dello spazio e del tempo in cui sono nate.
 

Photogallery The Jesus and Mary Chain

Roma, 19/06/2022
Villa Ada Festival
© Andrea Fiaschetti / ONR

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