Il Teatro degli Orrori live a Ciampino (RM): un affresco rock’n’roll
Pochi giorni fa Oca Nera Rock vi aveva già parlato di un live che avrebbe potuto esser commentato semplicemente con l’incisivo «cazzarola, niente male!» (qui l’articolo).
Ciampino, come Torino, ha esclamato esattamente la stessa cosa in merito alla tappa romana de Il Teatro degli Orrori il 29 ottobre: un live intenso e particolare, iniziato tardi (alle 23.30) e finito molto tardi (alle 1.35).
Ma se già l’ira dei paganti si era scatenata due giorni prima causa l’improvviso cambio di location in seguito al sold out (evento spostato dal Blackout Rock Club di Roma all’Orion Live Club di Ciampino), le varie sensazioni di malessere si sono poco a poco spente.
Infatti, dopo un’intro contrassegnato da un’acustica scarsa (quella del locale) il concerto ha avuto poi modo di esprimere ed infondere nei presenti tutta la sua strabordante potenza fin da subito.
Preceduta dall’esibizione dei Three in One Man Gentleman Suit, che han presentato alcuni brani tratti dall’ultimo album ‘‘Notturno” e dai loro altri quattro lavori precedenti, la prima parte del live de Il Teatro degli Orrori ha visto Capovilla & Co. passare in rassegna molti brani del nuovo, omonimo album (qui la recensione).
Ci avevano detto che dal vivo questo disco sarebbe stato «una bomba»: bisogna ammettere che hanno effettivamente mantenuto la promessa.
Le chitarre di Gionata Mirai e Marcello Battelli, la batteria di Francesco Valente, il basso di Giulio Ragno Favero e le tastiere di Kole Laca, fondendosi armonicamente con la risoluta voce di Pierpaolo Capovilla, hanno donato al pubblico una fortissima scarica di adrenalina e di emozioni.
La band ha fatto sì che quella con gli spettatori divenisse una fusione totale tra stage diving ripetuti (anche con un piccolo incidente per Capovilla stesso), passaggi di microfoni ai fan in transenna, perenni cori ed un continuo scambio di sguardi d’intesa anche un po’ sensuali, accompagnati da una sempiterna ed eccitante incitazione a partecipare a questa meravigliosa serata. I presenti non hanno potuto far altro che ricambiare lo sguardo e gettarsi nell’affresco che il frontman della band ha citato, chiedendo al pubblico se stesse riuscendo quell’estasiante dipinto che si stava in quegli istanti realizzando tra tutti i partecipanti: un “noi” che a detta di Capovilla dovrà sparire dai vocabolari dei fascisti.
La scaletta si è aperta con ‘Disinteressati e indifferenti‘, lasciando che Il Teatro degli Orrori irrompesse sul palco con un certo ‘yummi yummi’ tra le mandibole.
‘La paura’, madre di ogni violenza, è stato il secondo pretesto affinché il pogo si accendesse sempre più, come una fiamma impazzita, ed è successo lo stesso con ‘Cazzotti e suppliche’, brano nel quale si sono iniziati a sentire anche i cori di Mirai e Favero.
‘Benzodiazepina‘ ha sottolineato quanto si sottovaluti il fatto che la depressione è una malattia e che le medicine utilizzate per curarla non sono che fioriere di altri mali.
‘Lavorare Stanca‘ ed uccide, ma è stato davvero fantastico ritrovare Il Teatro degli Orrori e sentirsi, con loro, a casa: una sensazione talmente vera che la coesione tra band e pubblico è stata al massimo anche nei brani successivi – ‘Genova‘, con la sua brezza francese e la tragicamente romantica ‘Una donna‘. Con ‘Il lungo sonno‘ si è dato libero sfogo ad uno scatenarsi di rabbia, in un inno alla delusione dovuta al mancato cambiamento di un contesto purtroppo irrecuperabile. «Non ho detto sogno, ma sonno, maledetto sonno!», è la diafana pantomima di cui si è cantato poi in ‘Sentimenti inconfessabili‘, un acido sguardo verso l’ipocrisia regnante in talune situazioni, come ad esempio, i funerali.
‘Una giornata al sole‘ ha illuminato ancor di più una serata ormai al pieno del suo splendere, con ritmi gioiosi e quel testo tanto adatto a quei momenti di felicità, in cui, seppur raramente, si ammira la vita, che può essere anche bellissima come certi sorrisi.
Nonostante il senso del brano successivo, conscio del naufragio politico e culturale del paese in cui viviamo, ‘Bellissima‘ era anche l’atmosfera, bellissimo il sudore condiviso tra i presenti e il gruppo.
Il Teatro degli Orrori ha poi dedicato un brano, ‘Slint’, alla mancanza delle leggi sulla tortura in Italia rimandando alla storia in esso raccontata: quella di una persona costretta al Tso. ”Slint”, infatti, non è solo il nome di una delle band più ammirate dal gruppo ma anche una parola senza un solo significato definito se non ”un sottilissimo raggio di luce che penetra dentro un’intercapedine”, simbolo anch’esso di una libertà perduta, come quella del protagonista di questo sofferente ma intenso brano.
La seconda parte della scaletta, anticipata da una breve pausa della band, ha passato invece in rassegna alcuni tra i più famosi brani del Il Teatro degli Orrori.
A partire da ‘Non vedo l’ora‘, con il suo malinconico desiderio di raggiungere qualcuno e di stringerlo forte e il ritmo dark accentuato dalle batterie esplosive, si è giunti poi alla disperata ‘Il turbamento della gelosia‘.
Con ‘È colpa mia‘ si è dato biasimo all’indifferenza e ‘Majakoski‘ ha onorato un vero e proprio tuono di poesia rock lasciandone diffusione in tutto il locale.
A braccia alzate si è perpetuato il pogo antifascista sulle note di ‘Compagna Teresa‘, con quella voglia di cambiare il mondo per vendicare le ingiustizie dei violenti. Stessa linea per la penultima canzone eseguita sul palco di questo concerto autunnale, ovvero ‘A sangue freddo‘, dedicato ai tempi a Ken Saro Wiwa, una delle vittime della violenza di chi non comprende l’importanza del rispetto di cui è degna la vita umana.
Con un abbraccio capace di lacerare in pieno petto ma allo stesso tempo consolatorio, il live della band di Capovilla è terminato sulle note stupende e potentissime de ‘La canzone di Tom‘. Tanta bellezza, una colorata coesione, una forza di espressione musicale devastante, un po’ di sensualità, sudore e tanti lividi: queste sono le caratteristiche di quell’affresco rock’n’roll che è stato il concerto di fine ottobre a Roma de Il Teatro degli Orrori.