Sonars live a Firenze: un piccolo viaggio coinvolgente
I Sonars arrivano a Firenze sul palco del Glue Alternative Concept Space.
È il 2 gennaio, i deliri di capodanno sono appena passati e, quasi in punta di piedi, ci presentano dal vivo il loro “Jack Rust and The Dragonfly IV”, un mini concept ispirato alla storia di un astronauta americano partito per una missione spaziale e mai rientrato sulla Terra.
Atmosfere surreali, spaziali (appunto!) e molto psichedeliche.
Prima di loro gli SKoM, band genuina con anima fra Firenze e Forlì (La croce, graeme, Il beat).
Il loro progetto post punk di rilettura in chiave moderna di quelle che furono le atmosfere new wave fiorentine degli anni ’80 vede la partecipazione di Federico Fiumani oltre alla presenza sul palco di Lorenzo Moretto (batterista dei Diaframma).
Tutto è ormai pronto e si passa dai graffianti SKoM ai più rilassati, quasi dimessi e sognanti, Sonars. La giovane band italo-britannica porta il pubblico presente nello spazio con pochi strumenti e molti effetti – non eccessivamente troppi e, comunque, sempre senza eccedere.
L’atmosfera è elegante e raffinata, mai troppo sopra le righe. I brani proposti (pur facendo un netto riferimento ai concept album che hanno segnato la storia del rock psichedelico britannico) sono coinvolgenti, ricchi ed efficaci nel trasportare i presenti nella dimensione voluta.
Mai cambiamenti troppo netti per un risultato che è un viaggio unico e che non stanca: quasi una lunga suite, interrotta solo dalle brevi pause fra un brano e l’altro.
Gli effetti e la tastiere di Serena Oldrati arricchiscono senza mai prevaricare la chitarra, le percussioni e le voci rendendo chiari gli intenti del gruppo: proporre sonorità vintage semplici, ovattate, eleganti.
Questa è stata l’occasione per presentare l’intero album: quattro tracce che descrivono in maniera sognante le attese, ma anche il dramma di questa missione senza ritorno.
In ‘Desert Moon‘ e ‘Dragonfly IV ‘ la band prima dà voce al colonnello Jack Rust e poi si avvia sempre più decisa alle atmosfere psichedeliche dei brani successivi in un crescendo che si conclude con la più ritmata ‘Flowers in Love‘ (in cui l’ispirazione brit-pop è ben presente) fino a una conclusione che lascia senza fiato con la strumentale ‘Dilruba‘.
Non un semplice live ma una storia ben raccontata con pochi testi ma con la voce comunque protagonista che si amalgama benissimo con i suoni puliti e gli effetti mai invadenti.
Il tutto con eleganza e raffinatezza. Un piccolo viaggio. Coinvolgente.