Samantha Fish & Jesse Dayton, alle radici del rock’n’roll
In un mondo perfetto, questa serata si sarebbe dovuta tenere poco più di un anno fa in tutt’altra location, e con tutt’altro contenuto.
In quel mondo perfetto, la grande promessa del blues americano sarebbe infatti salita sul palco da sola, per presentare al pubblico italiano la sua ultima fatica discografica, quel “Faster” rilasciato oramai nel lontano settembre del 2021.
Stiamo vivendo un periodo in cui i tempi corrono e gli scenari mutano repentinamente.
In dodici mesi può capitare davvero di tutto.
Nel caso di Samantha Fish, è capitato di instaurare un solido (e, alla luce di quanto visto stasera, assolutamente efficace) sodalizio artistico con il texano Jesse Dayton, personaggio poliedrico della scena country statunitense che si divide tra musica e cinema.
Oltre alla brillante carriera solista, Dayton può vantare nel suo curriculum collaborazioni artistiche con gente del calibro di Johnny Cash, Lucinda Williams, Glen Danzig e Waylon Jennings, giusto per citare i più famosi, ma a me resta nel cuore per aver prestato la sua chitarra ai miei amatissimi Supersuckers.
Si parlava di cinema, e quindi come non citare le collaborazioni con Rob Zombie in “The Devil Rejects” e “Halloween II”, per non parlare di “Zombex”, il film con Malcom McDowell che il buon Jesse ha scritto e diretto.
I primi frutti di questa unione si sono visti con “The Stardust Session”, un Ep in cui i due si dilettano a coverizzare ‘Feeling Good‘ di Herman ‘Junior’ Parker, ‘I’ll Be Here In The Morning‘ di Townes Van Zandt ma soprattutto una ‘Brand New Cadillac‘ che ricorda molto più la versione dei Clash che non l’originale di Vince Taylor.
E dato il risultato positivo, hanno pensato bene di registrare subito “Death Wish Blues”, un intero album di inediti prodotto nientemeno che da John Spencer, in uscita il prossimo 19 maggio su Rounder Records, e che fornisce sostanzialmente l’ossatura dello show che vedremo stasera.
La location prescelta è quella dei Magazzini Generali di Milano, affollati quanto basta per consentire a chi sta sul palco di avere un buon colpo d’occhio sul pubblico, ma di sicuro ben lontano dal sold-out, il che ci consente di muoverci abbastanza agevolmente nella sala per osservare il concerto da diversi punti di vista.
Concerto che prende il via alle 21:15 quando Mickey Finn (tastiere), Kendall Wind (basso) e Aaron Johnston (batteria) salgono sul palco e partono con le prime note della già citata ‘Brand New Cadillac’, prontamente raggiunti da Samantha e Jesse, entrambi in tenuta all-black.
È solo la prima di una lunga serie di cover previste in scaletta, alternate a ben otto dei brani che troveremo su “Death Wish Blues”, partendo con i due singoli già editi (‘Deatwish’ e ‘Riders’) e proseguendo con le varie ‘Settle For Less’, ‘No Apology’, ‘Lover On The Side’, ‘Rippin’And Runnin’ e ‘Know My Heart’: un gran bel biglietto da visita per un album che, a questo punto, sono davvero impaziente di ascoltare, con il suo mix di rock’n’roll, blues, e country, dominato dall’alternarsi dalle voci (e dalle chitarre! ) dei nostri due protagonisti.
Per i fan di Samantha che non avessero particolarmente gradito gli echi poppeggianti di “Faster”, dovrebbe costituire un più che gradito ritorno alle origini.
Interessante il siparietto che vede la band uscire di scena, lasciando Jesse e Samantha soli sul palco, a giocare con la suadente country ballad a firma Dayton ‘Baby’s Long Gone’ e con ‘I’ll Be Here In The Morning’ di Townes Van Zandt.
Ed a proposito delle cover in scaletta, a parte le tre già presenti su “The Stardust Session” è doveroso citare un’impressionante ‘I Put A Spell On You’ di Screamin’Jay Hawkins, in cui la voce di Samantha spicca il volo per raggiungere quote difficilmente avvicinabili, ed il re-working di ‘Whole Lotta Rosie’ degli AC/DC.
In definitiva, un concerto davvero godibile ed in qualche modo ‘old style’, trasversale nei generi ed in cui antico e moderno trovano una dimensione nuova, filtrata attraverso la duplice visione di due artisti che, nonostante la differenza di età, parlano la stessa lingua e condividono le medesime vibrazioni.
Vedere Samantha Fish, 34 anni, bionda, bella, brava, una voce che levati ed un’invidiabile padronanza della chitarra, accanto ad una sorta di fuorilegge del rock’n’roll, rodato da oltre tre lustri spesi tra la strada e lo studio, è sicuramente un bello spettacolo non solo per noi qui presenti questa sera, ma per la musica in generale.