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Fatboy Slim

Roma Summer Fest 2024 | Fatboy Slim

FATBOY SLIM, IL BEATMAKER DI BROMLEY FA ESPLODERE LA BALENA DI RENZO PIANO

La prima volta di Norman Cook al Roma Summer Fest

Roma, 04 settembre 2024

Semplicemente fantastico. Norman Cook, l’ex bassista degli Housemartins, divenuto celebre nel mondo con la sua attività da Disc Jockey, anche in questa serata in Auditoriumm (stracolmo sino all’inverosimile) ha mostrato tutto il suo genio.

Fatboy Slim rappresenta davvero un unicum nel panorama musicale mondiale. L’unico capace di prendere un pezzo dei Queen e dei Rolling Stones, destrutturarlo e remixarlo a suo piacimento. Alla consolle è stato per due ore, con effetti visivi ultramoderni capaci di ipnotizzare il pubblico. E, soprattutto, una enorme capacità di tenere il palco da solo.

Fatboy viene da lontano, da molto lontano, Viene dal pop anni Ottanta e dallo studio delle tendenze della musica elettronica di quegli anni: i suoni della house provenienti dalla scena di Chicago rimescolati con l’hip hop e la nascente jungle. Una attenzione certosina per quasi tutto il sound inglese degli ultimi trent’anni. Lo dimostra anche la sua setlist, che ritrova i Queen di ‘Don’t Stop Me Now’, o i Talking Heads di ‘Burning Down The House’. Ma anche i continui omaggi, non solo alla propria produzione musicale – come ‘Rockafeller Skunk’, ‘Praise You’, ‘Bird of Prey’ con la voce di Jim Morrison e ‘Right Here Right Now’. Ci sono i sample dei Prodigy o di Goldie o la citazione delle mitica ‘Hey Boy Hey Girl’ dei Chemical Brothers.

Il pubblico è impazzito e in visibilio, come se questa fosse una notte di fine estate in quel di Ibiza. Però attenzione, non c’è nulla di improvvisato nella performance di Fatboy Slim: dalla scelta dei brani alla produzione video, tutto è assolutamente perfetto. Come un vaso di Pandora dell’intera cultura pop inglese (e non solo) di quegli anni. Qualcosa capace di attraversare intere generazioni che attraverso la musica inglese sono cresciuti e sono diventati grandi.

Fatboy Slim
Fatboy Slim

Lo dimostra anche la coinvolgente partecipazione di un pubblico dalle età molto differenti: giovanissimi e persone molto più grandi. L’enorme merito di Fatboy Slim è stato quello di aver sdoganato la musica elettronica nelle sue innumerevoli sfaccettature, tenendone sempre altissima la qualità. Strettamente legato anche alla produzione musicale, che cura direttamente. E sempre con un occhio di riguardo a tutte le novità del panorama indie britannico ed europeo.

Per lui, stare su un palco prestigioso come quello dell’Auditorium Parco della Musica, una spiaggia di Ibiza o alla Cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Londra cambia abbastanza poco. Fatboy Slim ogni volta si carica sulle spalle l’intera produzione musicale inglese dal beat degli anni Sessanta e la scaraventa in faccia al futuro, la rimescola e la ripresenta con una veste tutta nuova agli ascoltatori. Che rimangono scossi, colpiti e innamorati da questo diluvio di suoni: ogni volta nuovi e ogni volta così potenti e coinvolgenti.

I suoi colleghi spesso assistono e si approcciano a lui come ad una divinità, qualcuno da cui imparare solamente. Ed in effetti è così: la sua esperienza nel mondo della musica è davvero enorme e difficilmente equiparabile a quella di qualsiasi altro. Forse l’unico che può, come già detto, permettersi di dare del tu a qualsiasi mostro sacro della storia del Pop Rock.

Ed infatti non sarà sfuggito come, a chiusura del suo concerto, fa partire ‘The End’ dei Beatles: sintetizza quello che è il suo pensiero umano e professionale.

«Alla fine di tutto, l’amore che tu avrai ricevuto sarà esattamente uguale a quello che sarai stato in grado di dare».

Esattamente come fa lui, da oltre trent’anni in ogni sua performance. Lunga vita a Fatboy Slim e al suo genio.


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© Stefano Panaro

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