Roma Europa Festival | Einsturzende Neubauten
IL “POP ALIENO” E L’AVANGUARDIA DEGLI EINSTURZENDE NEUBAUTEN IN RAMPA DI LANCIO ALL’AUDITORIUM
Provocazioni, improvvisazioni, dissacrazioni, umorismo e ironia protagonisti della serata romana
Roma, 1 Ottobre 2024 / foto ©️ Stefano Panaro
Tutto avviene durante l’esecuzione di ‘Sonnenbarke’, quando gli Einsturzende Neubauten stanno suonando da poco meno di un’ora.
Solo una cosa avrebbe potuto placare le mie inquietudini e limare le mie obliquità: diventare il loro percussionista. Da più di trenta minuti non stacco gli occhi da N.U. Unruh e da Rudolf Moser; farei fatica anche a descrivere quello che stanno facendo a taniche colorate, tubi di gomma e di plastica, oggetti di uso comune, utensili di metallo di qualsiasi foggia, trapani, tazze colorate su una piccola piattaforma rotante, compressori ad aria e quella che, vista dalla platea, sembra essere una gigantesca turboventola di metallo utilizzata per raffreddare i reattori di un aereo.
I fan della band il cui nome ricorda il crollo della Casa delle Culture del Mondo, nel 1980 a Berlino Ovest, sanno della capacità di prendere un palco e trasformarlo in un’officina meccanica. Chi invece ne ignora le gesta dal vivo, allargherà la sua idea di musica. Oltre alle percussioni, non è male anche il miniventilatore con pale di stoffa morbida, con le quali Jochen Arbeit, in elegante completo celeste e Fedora bianco, accarezza le corde della chitarra. E si diverte anche con una scatoletta che suona come marimba elettrica e un qualcosa di simile a una strana arpa a disco. “Non voglio suonare la chitarra in ogni traccia” disse a Blixa Bargeld durante le fasi di scrittura di “Rampen (apm: alien pop music)”, ultima loro fatica, uscita il 5 aprile 2024.
Rampen, termine che indica le improvvisazioni live degli Einsturzende Neubauten, è un disco nato durante il tour del 2022. E come racconta Blixa in una recente intervista: “Significava che potevamo portare in studio gli stessi strumenti che abbiamo con noi durante il tour. So che questo suona normale per la maggior parte delle band, ma per noi era insolito”. Un lavoro nato dal vivo e che nell’esecuzione live trova il suo naturale compimento. E allora ecco ‘Pestalozzi’, stralunata canzone dedicata all’omonimo pedagogista svizzero, in cui la teatralità del frontman berlinese si sposa con la tensione melodica del pezzo e fa da apripista alle ossessive e martellanti (nel senso letterale del termine) ‘Ist Ist’ e ‘Isso Isso’, rette dal basso di Alexander Hacke e dalla follia percussiva di Unruh e Moser.
Disequilibrio lucido e musicale che trasforma il rumore di un trapano nelle sonorità d’atmosfera di ‘Gesundbrunnen’. Canzone che prende nome da un quartiere di Berlino, e il cui testo racconta del coraggio di percorrere sentieri rivoluzionari. “ Ci disconnettiamo dallo sviluppo. Ci disconnettiamo dall’evoluzione […] Completamente al di fuori della biologia. Come esseri Multi-esseri Molti esseri Indeterminati”. Blixa Bargeld la introduce raccontando di suo figlio, fresco di sedici anni e di completamento della transizione da donna a uomo. È il pezzo che non vedeva l’ora di eseguire dal vivo, insieme alla cinica, parole sue, ‘Everything Will be Fine’ che chiude la prima parte del concerto
Implacabilità e ossessioni industrial sono presenti anche in ‘Besser Issen’. Conseguenza della richiesta di scrivere un duetto ricevuta da una cantante francese. “Se ho scritto per un duetto, allora posso scrivere anche per una separazione. Io senza te e tu senza me. È meglio”. Ma il concerto è molto di più.
È la cupezza di una notte sulla S-Bahn di Berlino presa dalla stazione di ‘Wedding’; è la drammaticità crepuscolare della Berlino Est sotto la Stasi di ‘Grazer Damm’ mentre Rudolf Moser pensa bene di suonare un carrello della spesa. Sono i roadie che portano avanti e indietro sul palco gli oggetti più disparati e improbabili; la sinuosità strisciante e carica di tensione di ‘Möbliertes Lied”.
È colori: nero addosso a Blixa, verde glitterato sulle sue palpebre. Nero anche il Fedora di Alexander Hacke, che nella prima parte sceglie il rosa per la camicia. L’azzurro intenso dei calzini (corti, sigh) di Felix Gebhard alle tastiere è un discreto pugno in faccia, ancorché divertente. Di Jochen Arbeit abbiamo detto qualche paragrafo fa. Teatralità cromatica, elemento che contraddistingue il tour. Bargeld racconta di “colori che prima non c’erano” riferendosi alle sonorità portate in “Rampen” dal chitarrista. Ma il colore è una dimensione che travalica l’aspetto sonoro, investendo l’intera performance. Come nel caso delle già menzionate taniche, delle tazze roteanti. Ma anche del rosso “cabernet sauvignon” di ‘Sabrina’ con l’e-bow di Arbeit e le tastiere di Gebhard che creano sonorità che fanno tanto “Hansa By The Wall”. O delle luci e sfondo giallo di ‘Sonnenbarke’.
“Una cosa che di solito viene trascurata negli Einsturzende Neubauten è che c’è molto umorismo nella nostra musica. Non si dovrebbe prendere tutto sul serio”, sottolinea Blixa Bargeld. Seguiamo il suo invito e con ‘Die Befindlickeit Des Landes’ entriamo nel laboratorio di uno stravagante scienziato che, tra gestualità teatrale ed espressioni beffarde, tesse i fili delle sue strampalate creazioni sospese sul baratro della solitudine. Umoristici e grotteschi sono gli outfit di Unruh, tra i quali spiccano un mantello e un cappello da mago e un cappotto da Epifanio, il personaggio nato dalla fantasia di Antonio Albanese.
L’umorismo come sovvertimento di senso e convenzioni trova pieno compimento nella dadaista e futurista ‘Let’s Do It a Dada’, con menzione finale di Filippo Tommaso Marinetti. Deflagrazione industrial, con Jochen Arbeit a creare suoni con un secchio pieno di metallo e Blixa atteggiarsi a imbonitore di paese suonando un disco ruotato contro un barattolo di latta. L’allucinazione che ne viene fuori esalta la Sala Santa Cecilia e introduce l’intima, decadente e romantica ‘Alles in Allem’.
La serata raggiunge il climax con ‘How Did I Die’. Prima parte costruita sul piano e su un intervallo ostinato di terza minore discendente a costituire lo scheletro del pezzo. Poi apre alla dissacrazione e divertimento con mastodontici tubi di plastica percossi e poi suonati dall’impassibile Unruh con il getto d’aria di un compressore. Il basso distorto Hacke e lo strumming di chitarra noise sono protagonisti del crescendo finale che fa venir giù l’intero auditorium
‘Redukt’ è un conto alla rovescia che spegne le luci con un recitativo di Bargeld su una base di sezione di archi. Dopo quasi due ore di ossessività industrial, si chiude con una passeggiata durante il crepuscolo di fine ottobre, da Gesundbrunnen a Wedding, lungo Bornholmer Strasse. Ripercorrere i trecento metri che cambiarono la storia del mondo, superare il Bösebrucke, entrare nella stazione della S-Bahn e decidere di prendere il primo treno che passa senza curarsi della destinazione. Abbandonarsi sui sedili e chiudere gli occhi.