Pond live a Segrate (MI): divagare è un po’ inumano
Seconda e ultima serata il 6 giugno per la gustosa anteprima di Unaltrofestival 2017, e questa volta tocca ai Pond calcare lo stage estivo del Circolo Magnolia di Segrate per il minifestival organizzato da Comcerto in vista del più corposo evento principale che si terrà a inizio settembre in questi stessi luoghi. Come per la serata precedente, il maltempo ha minacciato e impaurito il potenziale pubblico, ma al calar della sera le nuvole si sono diradate e i concerti si sono potuti svolgere in completa serenità, come da programma.
Australiani come la band che li seguirà, sono i Methyl Ethel gli apripista del martedì. L’etichetta inglese 4AD ci prende spesso, e anche in questo la nostra fiducia è ben riposta: il trio di Perth sfoggiano un suono un po’ wave e un po’ allucinato, fondato sul trinomio basi-basso-synth e su una voce tutt’altro che pulita e intonata. Giocano parecchio sul fuoritempo, apparendo non solo psichedelici ma a tratti mistici. Il cantante -maschio- si trascina su corde che sembrano quasi da regina del folk rock contemporaneo. Con la loro destrutturazione del suono i Methyl Ethel ci hanno decisamente conquistato.
Da una regina all’altra, rimanendo sempre in Australia e addirittura nella stessa città: i Pond sono guidati dall’estroso Nick Allbrook, musicista eclettico che ha ruotato nell’orbita dei Tame Impala come pure Jay Watson che gli sta di fianco. L’inizio è imperioso, riempito con un doppio sintetizzatore, la psichedelia in questi frangenti è impura e sporcata dalla traccia vocale, molto grezza e imperfettamente naturale. Il cantante e chitarrista sta su un lato del palco, in una insolita disposizione con quattro membri in prima linea. La voce appare come presa in prestito da altri generi, la musica oscilla dal progressive a un quasi funk, per derivare su alcuni passaggi mutuati addirittura dagli AIR.
Quando i Pond premono sulla combinazione di basso e tastiera, ci ributtano indietro di quarant’anni, disturbati solamente dalla voce decontestualizzata. Come una vera diva, Nick Allbrook si tiene al centro dell’attenzione, si mette in transenna e accenna uno stage diving, tiene il pieno controllo della scena. In alcuni brani il rimando ai Tame Impala è fin troppo semplice, spingendosi fino agli ultimi Daft Punk come influenza. La schizofrenia ci porta ad un intermezzo con chitarre graffiante in pieno stile hard rock, ma è solo una parentesi tra le varie divagazioni del frontman, compresa una mezza suite di stampo pop psichedelico.
Nessuna uscita di scena dei Pond per il bis, ci viene unicamente raccontata a parole, e il non rientro si materializza in una canzonetta che pesca nell’indie, ‘You broke my cool‘, e in ‘The weather‘, pezzo impostatissimo con un giro azzeccato e un’esecuzione compiaciuta. Spaziano troppo i Pond, sembrano non trovare un’identità o non volersi impegnare per mostrarla al pubblico. Non si discutono la bravura, le idee, l’esecuzione e il talento, ma star dietro a tutto questo svariare costa parecchia fatica e ci lascia piuttosto disorientati.
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