Paolo Benvegnù live a Torino: tra grattacieli, chiese, centri commerciali
“Earth Hotel” l’avevo comprato in un centro commerciale, trovato fuori posto, un’unica copia sugli scaffali sbattuta da qualche parte alla lettera sbagliata (manca la targhetta divisoria con scritto “Benvegnù”?). Già qui c’è tutta una metafora su quale posizione ha Paolo Benvegnù nei gusti nazionalpopolari. Il titolo dà un senso supplementare: abitiamo il pianeta come o quanto un hotel, seconda suggestione per perdersi nell’ascolto di canzoni che scavano sempre più profondo, cercano sempre più in alto.
«Dal più alto grattacielo non si vede niente…» completamente d’accordo con Paolo, giusto ora mi stanno costruendo un grattacielo dietro casa per conto di una banca che si chiama come lui e come me, che a differenza di questa banca non siamo santi (e i santi di oggi sono impossibili da gabbare, signora mia).
Dunque 27 novembre a Spazio211, Torino, sono contento di incontrare moltissima gente che conosco, anche alcuni che hanno scoperto da poco questo cantautore che adoro, potrei ammorbarli con i miei discorsi di quando dieci anni fa eravamo pochi intimi nel localino di provincia e lui era tornato con un progetto solista presentando i suoi “Piccoli fragilissimi film”, ma non lo faccio: siete salvi, per stavolta!
Tra gli altri incontro un amico che canta in una band indie che meriterebbe dieci volte quello che ha. Anni fa eravamo a un matrimonio, in chiesa, si sposava il suo batterista. A dire il vero in chiesa si contavano molti più fan di Benvegnù che di Gesù. A fine cerimonia ha cantato una sua canzone (di Benvegnù, non di Gesù), è stato un momento magico, sospeso, incantato, maledettamente commovente. Qualunque genere di idea ognuno abbia sul luogo di culto in cui si trova e sul rito cui assiste, ecco davvero la musica come legame universale. Contaminare il sacro col profano ha un che di irresistibile ed evocativo, e in quel luogo quella canzone era il sacro, non il profano. È un ricordo che ci arriva dritto dritto perché, tra i tanti pezzi vecchi che potrebbero essere in scaletta, Benvegnù tira fuori proprio quello lì, ‘Nel silenzio’.
Nella seconda parte del concerto ritroviamo le canzoni che abbiamo amato sin da quella volta del localino di provincia. ‘Suggestionabili’, ‘Io e te’, ‘Il mare verticale’… Niente pezzi degli Scisma stavolta, c’è reunion in corso e Matteo Ferrari è andato a vederli per noi.
Avete tutti ragione, Benvegnù non è un ascolto facile. Eppure ha anche ragione il mio amico di cui sopra, che a modo suo mi dice qualcosa tipo “è un grande melodista” e questo è un talento naturale e un dono raro. Io più modestamente aggiungo che dal vivo ha una vena umoristica e autoironica che alleggerisce meravigliosamente l’atmosfera tra un pezzo e l’altro (ma roba che ridi davvero, altro che questi giovani cantautori simpatici e sociali!)
Il bis si apre con l’ultimo pezzo dell’ultimo disco, bellissima ‘Sempiterni sguardi e primati’. Tante altre canzoni vorremmo sentire, è un concerto che nessuno vuole che finisca, finisce però, senza saziarci e abbuffarci, siamo leggeri e la prossima volta torneremo tutti, per sentire cosa avrà di nuovo per noi e cosa avrà di vecchio per me.