Paola Turci live a Roma: una gemma splendida e intatta
Se non avesse fatto la cantante, avrebbe comunque fatto la cantante.
O perlomeno, avrebbe dovuto.
Fortuna nostra però, è passato quasi un trentennio dalla prima volta che ha calcato un palcoscenico e, sempre per nostra fortuna, il tempo ha deciso che fosse il caso di fermarsi, per lei.
Lei è Paola Turci: una gavetta musicale da far invidia a molti colleghi e colleghe, una storia personale di cui non si parlerà perché, diciamocelo, ne abbiamo tutti abbastanza, Paola in primis, probabilmente.
Più che altro ne abbiamo tutti abbastanza del fatto che debba essere qualcos’altro a parlare per la musica, cosa che, nel caso di una musicista, non può e non deve accadere. Termine così spesso abusato, musicista, ma altrettanto spesso non pervenuto.
Paola Turci, viva dio, lo è davvero.
Non è solo per quello che dice nelle sue canzoni, per il fatto di non aver ceduto allo scudo di una lingua straniera ma di essersi spogliata in mezzo alle strade della nudità dell’italiano, ma è per il come canta ciò che lei stessa scrive. La forza di Paola Turci, pertanto una delle sue cifre stilistiche, è di cantare storie di persone e non storie di vita: nessun ergersi a giudice o affabulatore di sentimenti ancestrali e umani con un microfono in mano, bensì raccontare e soprattutto comunicare – è quello, il mestiere del musicista che non tutti hanno compreso – emozioni, sensazioni, pareri, dubbi, paure, bellezza, incertezza, rabbia, risentimento.
Paola Turci stasera (03 dicembre 2015), al teatro Quirinetta di Roma, fa sua quell’eternità di cui è pregna la città in questione. La sua.
Paola si esibisce davanti al suo pubblico, adorante, estasiato, affezionato, concedendosi come poche. Non è una città facile, quando è la tua. Non è un pubblico facile, quando è quello che ti sostiene da tanti anni. C’è il timore di dover affrontare il lascito involontario o inconscio di una delusione. Ma Paola ha dimostrato di non avere paura. Al cospetto della sua gente, nonché di una troneggiante madre austera, composta e visibilmente emozionata, la Turci offre uno spettacolo canoro e umano che finalmente non necessita di tante frasi di circostanza. Parte sommessa in un palco in totale penombra con la toccante ‘Ti amerò lo stesso’, per poi attaccare subito con ‘Questa non è una canzone’, uno dei tre inediti del nuovo fortunatissimo disco dell’artista, dal titolo “Io sono” (Warner Music 2015).
Dopo questa bellissima ed inusuale dichiarazione d’amore, la scaletta del concerto prosegue con uno dei pezzi più ritmati e travolgenti della Turci, riconoscibile dall’inconfondibile intro di basso iniziale, ‘Stato di calma apparente’, per approdare all’immancabile ‘Mani giunte’ e a ‘Volo così’, leggiadra dichiarazione d’amore per la libertà. Il pubblico di Paola Turci è assolutamente trasversale, conseguenza data dal fatto che il successo che colse l’artista in quella che Leopardi chiamava il fior della giovinezza, le ha concesso il privilegio di godere di un pubblico anche anagraficamente eterogeneo, per cui è piacevole notare che canzoni come ‘Questione di sguardi’, ‘Quasi settembre’, ‘Saluto l’inverno’ – si sceglie qui proprio questo trittico elencato in quanto ritenuto di particolare intensità e bellezza artistica – rappresentino per una generazione più vissuta la colonna sonora di un amore lontano, mentre per i più giovani una neofita rivelazione di sentimento e verità. Particolarmente apprezzata la versione rielaborata del brano più pop del disco, ‘Io sono’, scritta per la Turci da Francesco Bianconi, leader dei Baustelle e poeta moderno di questi nostri anni zero.
Una struggente versione di ‘Dio come ti amo’, cantata con la profondità, l’eleganza e il cordoglio di un tango argentino, varrebbe da sola il biglietto del concerto, che termina con un piacevole tuffo negli anni novanta grazie a ‘Sai che è un attimo’.
Paola possiede la giusta misura di carica erotica e sensuale che molto hanno a che fare con la musica e con chi la fa, sapientemente adagiate ad una dose di femminilità che ha al suo interno, in egual misura, anche un po’ di mascolinità. Paola è rock, pop, sentimentale, tutto allo stesso tempo. Due le note conclusive più che doverose: niente di tutto ciò avrebbe avuto luogo senza la presenza di una band squisitamente all’altezza, con la quale è piacevole e fruttifero ravvisare un feeling con l’artista non solo musicale ma anche umano, formata da Pierpaolo Ranieri al basso, Fernando Pantini alle chitarre e Fabrizio Fratepietro alla batteria e al vibrafono.
Più di una parola va inoltre spesa per il light designer, Maurizio Fabretti: abile professionista del mestiere, da anni mattatore dei più prestigiosi teatri al servizio di spettacoli importanti, gli incredibili giochi di luci di Fabretti sono molto più di quello, sono vere e proprie scenografie visive e sensoriali che regalano un inestimabile valore aggiunto a tutto il concerto.
Se si dovesse chiudere con un paragone, verrebbe in mente una nostrana Alanis Morissette…Con diverse marce in più.
Paola Turci rappresenta una di quelle poche gemme di cantautorato femminile rimaste ancora splendidamente pure e intatte.
Photogallery a cura di Stefano Sacchi
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