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NICK MASON'S SAUCERFUL OF SECRETS

Nick Mason, la celebrazione di un passato glorioso

NICK MASON E I SUOI SAUCERFUL OF SECRETS AL TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI

Tra nostalgia, amarcord e la folle risata del diamante pazzo: la prima data del tour italiano di Mason e soci

Milano, 18 luglio 2024

Quanto disfunzionale può essere il rapporto in seno ad una band, quando nemmeno un’offerta da 150 milioni di dollari risulta sufficiente per mettere da parte anni di astio, ripicche e risentimenti? Quindici anni or sono, solo la buona causa promossa dal Live 8 era riuscita a riportare Waters, Gilmour, Mason e Wright insieme sullo stesso palco, 29 anni dopo il tour di “The Wall” – l’ultimo che vide i Pink Floyd suonare a ranghi completi. E lo fece solo per 24 minuti. Ma in quei 24 minuti incantarono il mondo, e fecero sperare in un ritorno di fiamma. Una scintilla subito soffocata dagli ego, tanto velocemente quanto velocemente volarono via quei 24 minuti. Nel frattempo, Waters e Gilmour hanno tranquillamente continuato a litigare tra loro come bambini dell’asilo, anche per interposta persona.

Pink Floyd live at Live 8
Londra, 2 luglio 2005: i Pink Floyd riuniti sul palco del Live 8 tenutosi ad Hyde Park

Per ascoltare qualcosa di vagamente pinkfloydiano toccava andare ai concerti dei due litiganti. Che poi quei pezzi te li rigiravano come volevano loro, con lo stesso atteggiamento supponente di un Marchese del Grillo qualsiasi. Noi siamo noi, e voi...

Tutto questo fino a quando, nel 2018, Lee Harris confidò a Guy Pratt la sua volontà di creare un nuovo progetto. L’idea era di riprendere in mano la musica dei primissimi Pink, quelli pre “Dark Side Of The Moon”. Harris è noto per essere stato il chitarrista dei Blockheads di Ian Dury, ma il suo cuore ha sempre battuto per la musica di Waters e compagni. Pratt dei Pink Floyd è stato per una decina di anni il bassista live, e questo ha permesso di coinvolgere nel processo l’unico Floyd con cui fosse possibile valutare un’opzione del genere – Nick Mason. Arruolati Dom Beken alle tastiere e l’ex Spandau Ballet Gary Kemp all’altra chitarra e voce, i Saucerful Of Secrets testarono sul campo la valenza del progetto con una manciata di date in piccoli club, propedeutiche per un tour di ben più importanti dimensioni.

Finalmente avremo la possibilità di riassaporare anche dal vivo quella parte di catalogo negletta dai due litiganti che temevamo fosse irrimediabilmente destinata a rivivere solo con l’ascolto semi-clandestino dei nostri vecchi dischi – graffiati, impolverati e consumati dalla puntina.

Signori, è nata la Grande Madre di tutte le tribute band, ed il suo compito sarà di riportarci metaforicamente indietro nel tempo, quando il Crazy Diamond brillava ancora e la luce nella sua mente non si era ancora spenta, devastata dall’acido lisergico.

Da quel momento i Saucerful Of Secrets di Nick Mason non si son più fermati, inanellando un tour dopo l’altro.

Questa del Teatro Degli Arcimboldi è la prima di sei date italiane e nel piazzale antistante si respira l’atmosfera delle grandi occasioni. Il foyer si riempie progressivamente di un pubblico che non è esclusivamente fatto di nostalgici ultrasessantenni dai lunghi capelli bianchi raccolti in una coda di cavallo, come ci si potrebbe aspettare. Tra magliette vintage dei Pink Floyd e qualcuna dei Greatful Dead, ne spuntano anche un paio degli Spandau Ballet. Presumibilmente, in onore a colui che fu un’icona new-romantic, ora reinventatasi divinità prog-rock delle sei corde.

Mentre gli ultimi spettatori finiscono di riempire il teatro, alle 21 abbiamo già impostato i comandi: destinazione il cuore del sole. «Lime and limpid green, a second scene now fights between the blue you once knew» cantano Gary Kemp, Lee Harris e Guy Pratt nell’inaugurare questa sorta di viaggio interstellare, con una ‘Astronomy Domine’ che non poteva cadere più a proposito.

Seguono ‘Arnold Layne’ e ‘See Emily Play’ mentre sul maxischermo posto sul retro del palco scorrono immagine lisergiche miste ad immagini d’epoca. Tra esse anche il volto straniato di Syd Barret che riempie il teatro. Una presenza quasi fisica che si insinua tra le note dei cinque musicisti. Una presenza che si concretizza definitivamente con ‘Remember Me’. I Pink Floyd non erano ancora tali, si facevano chiamare Sigma Six e nel loro demo del 1965 inclusero questo pezzo beat dall’andamento quasi stonesiano, oggi riesumato da Nick Mason e compagni usando la traccia vocale originale del buon Syd. Per due minuti e mezzo, il teatro ed i nostri cuori si riempono di emozioni e di ricordi sopiti ma mai estinti.

Lo show è definitivamente decollato. Ogni pezzo è un colpo al cuore: ‘Obscured By Clouds’, ‘When You’re In’ e ‘Remember A Day’ sfilano l’una dopo l’altra. Per celebrare il disco con la mucca, Gary Kemp si è inventato un medley. Parte da ‘If’, si sviluppa con una versione abdridged di ‘Atom Heart Mother’ per poi tornare nuovamente su ‘If’. «L’idea iniziale – dice Lee Harris in una recente intervista – era di suonare tutti i 24 minuti di ‘Atom Heart Mother’ ma nel provarla in sala ci siamo resi conto che suonava un po’ troppo ambiziosa. Così ne abbiamo preso solo le parti più interessanti ed abbiamo ridotto il tutto a circa 9 minuti». Il che da una parte suona un po’ sacrilego, ma sul palco in effetti rende molto, molto bene.

Prima che il main set si concluda, ci aspetta una versione ai limiti dell’heavy metal di ‘The Nile Song’. Arriva anche l’esecuzione di una magistrale ‘Set The Controls For The Heart Of The Sun’. Dodici minuti di psichedelia allo stato brado, con la chitarra di Gary Kemp totalmente sugli scudi, giusto per sgombrare il campo da qualsiasi dubbio relativo all’inclusione dell’ex-Spandau in questo progetto. Vederlo poi giocare con il Theremin davvero non ha prezzo.

Una pausa di venti minuti circa ci separa da un secondo set che mette in fila ‘The Scarecrow’, ‘Fearless’, ‘Childhood’s End’.  ‘Lucifer Sam’ rievoca un Syd Barrett strafatto mentre accarezza quel gatto che non riesce a spiegare. Ma il colpo da KO i Saucerful lo tengono per ultimo: ‘Echoes’, con tutti i venti e passa minuti del suo splendore psyc-prog. Brividi a fior di pelle e la consapevolezza che, da sola, avrebbe ampiamente ripagato il prezzo del biglietto.

Lo show volge al termine, ma c’è ancora lo spazio per un paio di encore. Per chi scrive è il colpo di grazia definitivo: ‘One Of These Days’ è il pezzo che lo ha introdotto ai Pink Floyd, nella maniera più atipica possibile. I più anziani tra voi ricorderanno di come parte di essa fosse la sigla di “Dribbling“, il programma sul calcio in onda la domenica sul secondo canale Rai. All’epoca il sottoscritto era ancora troppo giovane per collegarlo ad una delle più importanti formazioni del rock. Ma quell’insistente giro di basso gli entrò in testa, e lo accompagnò per diversi anni prima di riuscire a collocarlo nella sua sede naturale, in seno a ‘One Of These Days’ su un disco epocale come “Meddle”.

Con l’inevitabile ‘A Saucerful Of Secrets’ si conclude il concerto. Le luci si riaccendono e seguendo il lento deflusso ci ritroviamo nel piazzale antistante al teatro circondati da centinaia di persone entusiaste. Tutte felici di aver vissuto per due ore un viaggio a ritroso nel tempo che, per una volta tanto (e nonostante il costo non certo popolare del biglietto), non sembra ancorato a mere logiche commerciali, ed appare genuinamente sentito nel celebrare un passato glorioso e musicalmente fondamentale per la sua pregnanza storica. Di questo dobbiamo ringraziare Nick Mason, perché fosse per i suoi due simpaticissimi ex-compagni, questo materiale lo dovremmo considerare definitivamente morto e sepolto.

Syd Barrett compose ‘Lucifer Sam’ che i Pink Floyd inserirono nel loro album di debutto, “The Piper at the Gates of Dawn” (1967).
Il gatto protagonista della canzone è quello di Jenny Spires, ai tempi ragazza di Barrett. Nella canzone si allude a lei con il nome Jennifer Gentle.
Sam era anche il soprannome con cui Syd Barrett chiamava il proprio animale domestico, il gatto Rover.

 

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