Ministri live a Torino: uno dei sold out
I Ministri sono quel tipo di gruppo per cui potrei dire “quella volta che eravamo in dieci a vederli allo Stoner…” però, diversamente da chi di solito fa questi discorsi e poi snobba l’artista diventato famoso senza il suo permesso, eccomi anche stavolta che siamo in mille, o comunque non so quante persone conteneva il 21 novembre l’Hiroshima Mon Amour di Torino, tutto esaurito come il giorno prima.
Concerti e cd a prezzi popolari, pochi soldi molti sold out è ricetta consolidata che funziona. C’erano davvero tutti. Ecco un elenco molto parziale dei tipi di persone che componevano il pubblico: ragazzi, adolescenti, signore & signori, hipster, bambini con mamma e/o papà, truzzetti, giovani di mezza età, dj, figa e controfiga, ciccioni con lo zaino, piccole fan dei Verdena crescono, non ultimi fotografi e il sottoscritto scrivente.
Per me raccontare un concerto dei “Foo Fighters italiani” è arduo, sono troppo di parte, vado a vedere I Ministri come il fan di Vasco va a vedere Vasco. È il gruppo che ha preso il posto degli Afterhours nel cuore delle mie orecchie. Se “Tempi bui” è stato per molti il loro “Hai paura del buio?”, l’ultimo “Cultura generale” dovrebbe essere cronologicamente il loro “Ballate per piccole iene”, ci sta se consideriamo che è il primo con produttore straniero. Un giorno scriverò il mio libro-verità sulle coincidenze cabalistiche tra Ministri/Afterhours, affinità/divergenze e profezie finali.
L’angolo del complottismo: “Cult” sono le scarpe sponsor del tour, “Cultura generale” è il titolo del disco… continui tu?
Accanto a Divi Autelitano, Federico Dragogna e Michele Esposito, non c’è più Effe Punto, il ministro aggiunto è Marco Ulcigrai. Si inizia con ‘Cronometrare la polvere’ e si finisce con ‘Abituarsi alla fine’. In mezzo una messa cui partecipano anche molti presenti alla serata di ieri, pare le scalette non siano molto diverse. C’è un pogo festoso e sociale, non rabbioso e randagio, vibrazioni positive raggiungono anche chi segue da lontano, al porto sicuro del bancone del bar.
I Ministri hanno elementi rock che trovo piacevolmente anacronistici per una band come loro. Suonare tutto il concerto con quello strumento, senza cambiare chitarre ogni due pezzi. Accordarselo ogni volta arrangiandosi nelle pause da riempire in qualche modo. Uscire sul palco, oggi come da sempre, con quelle casacche napoleoniche, bypassando le mode d’abbigliamento che riviste tra dieci anni sembreranno ridicole. Lo stage diving, certo, tre volte, ma l’ultimo Divi l’ha fatto su un gommone, cosa c’è di più genialmente anti-rock?
Saranno dettagli, ma I Ministri rimangono abbastanza lontani dalle “pose” che i musicisti imparano allo specchio sin da quando sono emergenti. Non c’è bisogno di pose quando si hanno pezzi forti. I pezzi sono ancora forti, nonostante la scrittura sia cambiata molto, più barricadera agli esordi, più intimamente sturm und drang ora, parte dai dettagli per suggerire l’idea di mondo. Un amico che incontro mi dice “non sono più arrabbiati”, forse non siamo più arrabbiati neanche noi, ma abbiamo un sorriso grande così perché trattasi di bellissimo concerto.
Oltre ai pezzi più recenti, ‘Non mi conviene puntare in alto’ è l’omaggio al passato più potente e fragoroso. Qualche classico rimane escluso, per forza di cose. Tra le hit sacrificate, ‘Estate povera’, ‘Il sole’, ‘I soldi sono finiti’, e la mia canzone preferita dei Ministri, che è inutile dire perché tanto ogni settimana cambia.
Per esigenze di serata juke box chupa chups Antani il concerto chiude a mezzanotte spaccata. Peccato, poteva esserci spazio per altre chicche. Caro, “ora che hai perso la voce, prova a parlare più piano, e balla quello che c’è, e balla quello che c’è”.
Photogallery della serata a cura di Luigi De Palma
Ulteriori info sulla serata qui.