Massimo Volume, una notte per rivivere “Stanze”
Roma, 30 gennaio 2020
Al Monk si celebra una grande band: i Massimo Volume.
La formazione guidata da Emidio Clementi è in ottima forma e lo dimostra con un concerto intenso, commovente e gratificante.
Un live che vede un Clementi scherzoso, che informa il pubblico: è la prima volta che suona in questo locale con un’audience in piedi, anzi che sui tipici divani rossi del locale romano.
Si tratta di un momento molto importante nel cammino del gruppo.
Sono infatti passati 26 anni dall’uscita di “Stanze”, loro primo disco che ha tracciato un solco indelebile nel panorama della musica underground italiana.
E 26 anni dopo in una versione restaurata, ridigitalizzata e rimasterizzata dal DAT originale, viene ristampato in cd e, per la prima volta, in vinile nero 180 grammi.
Ma è anche passato un anno dall’uscita del loro lavoro più recente: per presentare “Il nuotatore” i Massimo Volume sono partiti dai teatri, sono passati per i festival estivi ed ora fanno ritorno nei luoghi dove si sentono più a loro agio, i club.
Nel club romano di cui vi stiamo raccontando la serata, il compito di dare fuoco alla miccia è affidato ad un brano tratto da “Stanze”, ‘Ronald, Tomas e io’.
Le parole scorrono con una sezione ritmica tagliente, le chitarre godono nel loro esplodere in riff vigorosi.
Segue ‘Fausto’, con i suoi angeli drogati, tratto da “Cattive abitudini” anche stavolta appagate.
L’atmosfera si fa sempre più cupa, ma al contempo malinconica e sensuale: ‘Le nostre ore contate’ – tratto dallo stesso album di ‘Fausto‘ – ci racconta di amori impossibili, costretti a restare continuamente sospesi.
Come dicevamo, “Il nuotatore” è al suo primo compleanno e i Massimo Volume decidono di regalarci una serie dei suoi splendidi brani: le storie contenute in tale disco non fanno che stringerci a sé, ci obbligano con forza a sentirne la passione, ad immedesimarci.
‘Una voce a Orlando’ lo fa sfruttando il suo avanzare elegante e portando avanti il tema del coraggio, ‘Amica prudenza‘ utilizza le distorsioni e ci ricorda quanto la prudenza sia necessaria al sopravvivere.
Ma è la ‘Nostra Signora del caso’ a dover essere biasimata, con la sua capacità di ostacolare chi è stanco di doversi pentire di ciò che ha desiderato.
Clementi ci chiede se Nietzsche sia mai stato a Roma, avendolo incontrato a Venezia in un fantomatico 1984: ‘Fred‘ ci avvolge nella lenta oscurità di un dialogo immaginario e confidenziale; passiamo poi alla piaga della ludopatia, con la storia di un uomo che, giocando a carte, perde un assodato stile di vita e ‘La ditta di acqua minerale’.
I Massimo Volume ed il buio sono sempre andati molto d’accordo; l’apocalisse de ‘L’ultima notte del mondo’ giunge trova il suo habitat perfetto con il suo rock frenetico, che ci sovrasta proiettandoci in un immaginario soffocato dal panico.
Un panico simile a quello della vita che perde i propri contorni sulle note de ‘Il nuotatore’.
Arriva poi il racconto di una semi-leggenda di cui l’autore – Emidio Clementi – non ricorda la fonte, pur essendo certo della sua veridicità: ‘Mia madre & la morte del Gen. Josè Sanjurjo‘ canta la tragedia della vanità umana.
E lo fa su sonorità ammiccanti e decise.
Il rock torna ad avere un sapore anni ’90 mentre sul palco arriva ‘La bellezza violata’, prima di essere seguita da ‘Stanze’ e dalla banale atrocità di una vita dettata dall’abitudine narrata da ‘In nome di Dio‘.
Ci sono pensieri e ossessioni che finiranno per ucciderci, come quelli che colpiscono ‘Alessandro‘, un brano che si apre piano fino ad esplodere in una direzione roboante, tipica di questa band così speciale.
Con sobbalzi leggeri ci avviciniamo verso ‘Vedute dallo spazio’, brano ricco di immagini e sollecitazioni che ci addentrano in un vortice oscuro; ‘Ororo‘ ci mostra ancora una volta la bravura – stratosferica – dei musicisti che affiancano Clementi: Egle Sommacal, Vittoria Burattini e Sara Ardizzoni.
Musicisti che vengono richiamati a gran voce dal pubblico per un bis affiatatissimo, che prende avvio con la splendida ‘Litio’ e ai suoi giorni inquieti.
Fragori meravigliosi ci accompagnano sulle storie senza lieto fine di ”eroi” come Emanuel Carnevali, cantate su un brano storico come ‘Il primo dio‘.
Dire qualcosa mentre si è rapiti dall’uragano
Ecco l’unico fatto che possa compensarmi
Di non essere io l’uragano.
Versi che sintetizzano l’identità di questa band, dalla capacità unica di addentrarsi nei lati più oscuri della nostra mente.
I Massimo Volume ci regalano poi il vuoto de ‘La cena‘ e il senso di una «vita stinta dall’attesa»: mollano gli ormeggi su ‘Dopo che‘ e ci donano brividi di bellezza per il rock di ‘Fuoco fatuo‘.
Una domanda anticipata poco prima dal pubblico, con un «Mimì, è questo che siamo?’».
E forse la risposta è sì, è questo che siamo: espressione del rock più puro che circoli in Italia da quasi 30 anni.
Un rock che dai Massimo Volume si espande e diffonde, come elettricità, sulle persone dotate della sensibilità adatta.
Come quelle che non si sono perse questo meraviglioso tour.