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Marilyn Manson live a Torino: il crepuscolo degli dei

La notte degli idoli si impossessa del Pala Alpitour di Torino per quella che sarà, per una sera, la cattedrale della liturgia nella quale il Reverendo ha voluto a raccolta i suoi adepti.

Un palazzetto decisamente vuoto accoglie alle 20 del 22 novembre la performance di The Amazonica, progetto della londinese Victoria Harrison meglio conosciuta col nome d’arte di Dirty Harry. Il suo è un set che spazia da pezzi industrial metal a mix con i brani più accattivanti tratti dal repertorio di AcDc e Queen.
Purtroppo nei 30 minuti scarsi che le sono stati concessi, The Amazonica non è riuscita nell’intento di scaldare gli animi e si lascia alle spalle la sensazione che fosse meglio la sua bellezza estetica rispetto a quanto proposto musicalmente.

Il supplizio finisce presto e intanto, piano piano, il Pala Alpitour comincia a riempirsi.
È strano notare quanto poche siano le persone pronte ad onorare Marilyn Manson attraverso un abbigliamento che ricalca uno stile dark ma glaciale, austero ed autoritario.
Forse che gli animi sopiti dalla società, che Manson cercava di scuotere con la sua autarchica presenza cercando di svincolarli dai sistemi preconcetti, in verità hanno riabbassato la testa?
Che i gotici weirdos, quelli sbagliati, stiano magari assistendo al declino del loro faro e della loro voce?

Molti sono i dubbi sia sulla tenuta fisica che su quella vocale di Manson ma dopo le note della introduttiva ‘The End‘ cade il sipario, inizia la liturgia e ci si concentra sull’evento.
Evento che vede Manson al centro del palco, in piedi, appoggiato ad un trono mobile che funge da ambone e viene comandato da un joystick sulla destra.

Marilyn Manson - Torino (TO)

Il primo pezzo è la opener del nuovo album “Relevation #12” che accende subito il pubblico troppo a lungo rimasto sopito nell’attesa.
Si intuisce subito che nonostante l’entusiasmo del pubblico c’è comunque qualcosa che non va proprio per il verso giusto.
This is the new shit‘ chiarisce velocemente i dubbi sulla condizione fisica di Marilyn Manson, che rotea su quel trono pastorale gestito in maniera scordinata e ciondolante.

Durante l’esecuzione dei brani successivi e liberatosi dalla sedia, si scopre una struttura ortopedica che agganciata al ginocchio destro funge da “gamba di legno”, con la gamba rotta che fa capolino, piegata, dietro di lui.
Il Reverendo continua a cantare, aggrappandosi all’asta del microfono impettito ma instabile, come se cercasse energia dal suo popolo – energia che cresce ad ogni suo cenno verso la platea.
Una platea conquistata e vogliosa, che vede il suo re quasi morto e ne acclama istericamente la fine, ritrovandosi a bramarne la sua carne -ed il Reverendo, di suo, nutre quanto più possibile il pubblico gaudente.

Marilyn Manson - Torino (TO)

Ferito, claudicante, sfiancato ma sempre mai domo, Manson vomita le sue canzoni sul pubblico, abbaiandole con la voce a tratti isterica e a tratti impastata da una forse scarsa lucidità.
Perché in tutto questo e nonostante tutto va riconosciuto un pregio, a Marilyn Manson: la volontà di esibirsi in piedi con una stampella fissata al ginocchio della gamba rotta, sicuramente una scelta derivante non derivante da un consiglio medico.

Le pause tra le canzoni diventano sempre più lunghe e nel buio Manson già alla quinta canzone fa un segno agli altri: con il gesto universale del tagliare la gola, vuole smettere, non vuole andare avanti.
Aiutato da dei “finti” infermieri sul palco riesce comunque a portare a termine ogni brano lanciando istericamente sul palco il microfono o l’asta in segno di sfinimento.
Più volte interagisce col pubblico spiegando che questa sua condizione è dovuta ai farmaci che prende; chiama i suoi musicisti e intavola con loro discorsi in stato confusionale ma ad ogni pezzo ricomincia le bolgia.
Si arriva così al finale di una penosa quanto coraggiosa esibizione di un artista che merita rispetto anche solo per questo.

Marilyn Manson - Torino (TO)
La performance dello show è stata sufficiente per chi pensava che Marilyn Manson non ce l’avrebbe fatta; ottima e degna di rispetto per chi ancora crede che un’icona del rock system come lui abbia fatto il suo lavoro nonostante le scarsissime condizioni fisiche; pessima per chi non era preparato a questa eventualità e si è aridamente concentrato sulla brevità dello show.
Forse se si fosse inserito un gruppo spalla o nel peggiore dei casi un bel dj set di un’ora abbondante, sarebbe risultato tutto più trascinante e avrebbe allungato quanto meno la percezione della durata della serata.


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