Mambassa live a Corneliano d’Alba (CN): melancholia, nostalgia del futuro, mi manca chiunque
Non è stato facilissimo convincere Luigi De Palma ad attraversare le nebbie del Roero fin nella “Granda” cuneese per fotografare i Mambassa.
C’era una volta un cinema, da passarci le sere di Natale, da portarci la ragazza conosciuta nel paese più in là e limonare in macchina. Fra le nebbie del Roero tutti sapevano dov’era questo cinema, ma a volte faceva troppo freddo per uscire, d’estate si stava all’aperto e allora niente. Poi i ragazzi scappavano in città, perché «il mondo è a soli cinque isolati da qui». Il cinema un giorno ha chiuso, se vuoi vedere un film te ne vai al primo multisala che trovi verso Torino.
Ma un posto così non doveva morire, e ha riaperto come spazio per i giovani, sale prova, serate, musica, concerti, Giorgio da tantissimi anni porta avanti l’avventura del Cinema Vekkio, assieme a Claudio, Alessandro e altri ragazzi. Questo circolo Arci, quasi unico nel suo genere nel cuneese, ha rischiato ancora di chiudere, finanziamenti sempre meno e ristrutturazione da fare, ma con una campagna di crowdfunding il Cinema Vekkio è riuscito a raccogliere i fondi per salvarsi e salvare anche me da qualche serata di tedio di città.
C’era una volta un primo maggio, alcuni ragazzacci di Bra partono per Roma e si vivono alla grande tutto l’evento (chissà chi c’era a suonare), un’esperienza indimenticabile, tornano a Bra con un semplice concetto in testa, che tutti nessuno escluso abbiamo avuto: formare un gruppo → diventare famosi. Ma uno su mille ce la fa, e forse quell’uno erano proprio loro. Pop d’assalto, tutto molto blu neon, partono fortissimo, alla seconda corsa perdono il fiato. Si rialzano e scrivono un album con un titolo stupendo, “Mi manca chiunque”, che basta quasi a dargli una stabilità quantomeno discografica, ma il quasi non basta.
Stanno cambiando, o diventando loro stessi, è come se dalle canzoni togliessero i colori accesi per concentrarsi sui disegni, di storie, persone, dettagli. Fanno un disco più difficile e sofferente possibile, quasi a decidere da loro quando e come lasciare le scene, sulla copertina c’è un aereo che viene giù. «Si considera una storia chiusa». Sono trascorsi molti anni da quel famoso primo maggio e il cantante torna a Roma, stavolta per restarci, ora Stefano Sardo fa lo sceneggiatore, il suo mondo non è più la musica ma il cinema. Eppure qualche volta i Mambassa si riuniscono, formazioni un po’ diverse ma le canzoni rimangono, ed ogni volta pubblicano un bel disco triste tanto per far pentire la musica di quale gran gruppo si lascia scappare. Sarebbe bellissimo se la scalata ricominciasse e questa nuova prima volta non sia l’ultima. Comunque, guarda caso, oggi ci sono insieme la musica e il cinema (vekkio).
C’era un ragazzo che come me amava più i Beatles che i Rolling Stones. Anche lui una sola cosa in testa: la musica. La sua band è nata al liceo e quel progetto è stato per decenni la sua casa, la sua vita, il primo pensiero la mattina e l’ultimo la sera. Qui non è la provincia cuneese, è quella torinese, ma la storia è la stessa: formare un gruppo → diventare famosi, concetto che con la maturità si ridimensiona → vivere di musica: un’accettabile incertezza e tante seccature in meno. Anche la trama è simile, la scalata non manca di alti e bassi. Poi accade tutto in fretta: i Perturbazione vanno a Sanremo, ma poco dopo Gigi Giancursi esce dal gruppo, per una lunga serie di motivi e comunque solo i Beatles sono rimasti sempre gli stessi (forse perché sono durati poco).
Continua a scrivere musica, da tempo è anche produttore artistico e una sorta di “guru” dell’indie torinese. Nascono da soli nuovi stimoli, fa un disco come Linda and the Greenman, dentro c’è la cover di ‘Blackbird’ ed è per questo che penso che gli piacciano più i Beatles. Un giorno riceve una chiamata da Roma, da un ragazzo che però è nato a pochi chilometri da lui e a pochi mesi da lui, Stefano Sardo gli propone di suonare nel tour dei Mambassa. Dove? Roma, Milano, Torino, Asti eccetera, ma il primo atto è nella zona dove i Mambassa hanno iniziato, le nebbie del cuneese, e non c’è posto migliore del Cinema Vekkio.
Lunga la storia vero? Se la raccontassi tutta a Luigi De Palma per convincerlo a venire qui, saremmo già arrivati e tornati, considerando che da Torino a Corneliano d’Alba ci va un’oretta andando tranquilli. Durante il viaggio comunque, esce fuori che Luigi aveva fotografato l’ultimo concerto di Gigi Giancursi coi Perturbazione e oggi 15 dicembre fotograferà il suo primo coi Mambassa.
Conosce bene anche i Mambassa, a me trovare qualcuno che condivide con me questo gruppo colpisce sempre, la musica è una grande grandissima torta e entrambi abbiamo una fetta con la ciliegina. Qui si affonda il coltello in una particolare stagione decadente degli ultimi anni novanta e primi duemila, duemila un euro, quando la crisi della musica anticipava la crisi economica, e dai cd masterizzati siamo arrivati alla musica da scaricare con un clic, passando dal my space al mi piace, e tutto questo discorso che non finisce mai.
Riprendo il filo, eravamo arrivati che siamo arrivati al Cinema Vekkio, un piccolo ponte per attraversare un ruscello ed entrare in un edificio che sarà vekkio ma porta benone i suoi 70 anni, mi immagino un ponte levatoio sui coccodrilli per entrare nel castello. I Mambassa hanno passato qui una giornata a fare l’allenamento per il tour, quello di oggi è un concerto non pubblicizzato, aperto “agli amici” della zona, la prova generale, la data zero.
È un concerto vero, per me, e scommetto lo è anche per il gruppo, che si presenta dopo anni di silenzio, non può non esserlo per Stefano Sardo, parole nuove da interpretare, e successi vecchi da restituire a chi da vent’anni è sempre lì in faccia al palco. La prima volta senza Fabrizio Napoli, coautore di mille canzoni. “Non avere paura”: Stefano lo dice nel titolo del disco, che ascolto in questi giorni per farmi lasciare un segno indelebile di ‘Melancholia’. Oltre a questo unico pezzo che si possa dire radiofonico, tra le dolciamarissime ‘L’altro’ e ‘Una relazione’ e le altre trovo un cd cui affidarmi completamente.
La scaletta contiene pezzi anche dai dischi passati, da ‘Tracce’ e ‘Otto giorni’ fino alle quasi recenti ‘Casting’ e ‘Nostalgia del futuro’. «La gente pensa a noi meno di quanto crediamo, il tempo vola via insieme a quello che perdiamo». Il tutto passando per ‘Il cronista’ (“e altre storie”, come ricorda il cd singolo che resiste al banchetto), e ‘Canzone d’odio’, se mi volto vedo tutti con un labiale precisissimo. Vedere suonare insieme a loro uno come Gigi Giancursi mi sembra perfettamente coerente, non so quanto sia temporanea la collaborazione, comunque nella mia testa idiota mi vengono ipoteticamente in mente i Blur che fanno il tour con Noel Gallagher alla chitarra, pure quello mi sembrerebbe in qualche modo coerente.
C’ero una volta io, che in questa particolare occasione sarei “il cronista”. Questa è almeno la quarta delle storie di oggi, essendo mia è quella che saprei raccontare meno bene. Non so fare il cronista di certe sensazioni, di come ascoltavo e ascolto i Mambassa, portandomi nella testa certe frasi e certe melodie che ogni tanto escono fuori e si mescolano ai piccoli momenti della piccola vita che porto in giro. Tempo fa fra un certo giro di amici collocavamo tranquillamente l’ascolto di questi ragazzi di Bra allo stesso livello degli Afterhours o cose così. Poi pensavo ai Marlene Kuntz quindi il cuneese mi pareva terra baciata dall’ispirazione. Eccetera eccetera. Comunque come al solito, tutte queste sensazioni fanno venir voglia di bere molta birra e aggirare porte e corridoi per accedere al bar anche quando chiude.
Finito il concerto conosco e parlo con Stefano Sardo e un po’ mi mancano le parole per far capire la mia maniera strana di essere legato ai Mambassa. C’è una canzone, per esempio, che mi piace tantissimo e quando la ascolto lo faccio sempre due o tre volte consecutive. ‘Capodanno del 2000’: due piccole storie, due personaggi, un incontro possibile, l’evento del millennio. L’avranno suonata tre volte in tutta la loro vita, viene dall’album più strapop e meno amato (“2M”), e forse ho decisamente sbagliato strada. Pazienza, però penso che il 31 dicembre dovrebbero ascoltarla tutti, forse si trova a malapena su Spotify. Andatela a cercare, io ho attraversato le nebbie per andare a ritrovare questi ragazzi, voi almeno fateli sti due clic. Certo è un po’ strano finire il racconto del loro concerto con questa canzone che più minore non si può e non c’entra niente e non rispecchia molto la band di oggi. Ma il capodanno si avvicina (e magari fosse quello del 2000…).
In conclusione: il fotografo ha fatto un ottimo lavoro, il cronista si è lasciato prendere la mano (e pure al banchetto dei cd ci ho dato dentro). Birre, dischi, km, non risparmio e non mi risparmio, pronto per nuove splendide nostalgie!
Ph. © Luigi De Palma: per vedere tutte il set completo del concerto clicca qui