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Luppolo In Rock Day 02: rock until you drop

Spetta a due nomi storici della scena metal italiana inaugurare la seconda giornata del Luppolo In Rock. Ad aprire le ostilità, i marchigiani Scala Mercalli e la loro visione musicale in cui i riff dell’heavy metal più classico fanno da substrato alle tematiche risorgimentali che caratterizzano i brani della band. Peculiare la narrazione in lingua inglese calata in un contesto che più italico di così non si potrebbe. Finalmente riescono a salire sul palco del Luppolo, dove avrebbero dovuto suonare già nella precedente edizione poi annullata a causa di problemi di salute. Buona in ogni caso la loro prova di questa sera, in particolare delle chitarre di Cristiano Cellini e Clemente Catalani, così come quella del cantante Christian Bertolacci, che ben hanno preparato il pubblico per l’altra storica band nostrana, gli Ancillotti.

Ecco, gli Ancillotti. Ovvero quando il concetto di famiglia ‘metal’ diventa letterale. Daniele ‘Bud’ Ancillotti, il cui passato di front-man della Strana Officina dovrebbe essere ben noto a tutti quanti, ha raccolto attorno a sé il figlio Brian (batteria) ed il fratello Sandro ‘Bid’ (basso), completando la line-up con il fratello acquisito Ciano alla chitarra. In attività dal 2010, è da più di una decade che gli Ancillotti infiammano la scena metal tricolore con un poker di album ed un’intensa attività live che ne ha perfettamente rodato i meccanismi interni, come abbiamo potuto constatare non appena la band ha dato il via alla propria performance, una performance intensa, tirata e non priva di emozioni, soprattutto quanto sentiamo nuovamente risuonare la storica voce di Bud, che non può non riportare alla mente i fasti della Strana.

Esaurita la parentesi patriotica, tocca ora alle star internazionali far entrare nel vivo questa serata cremonese, quando alle 19:30 salgono sul palco i Threshold, veterani della scena prog-metal britannica che ho sempre ammirato, e visto in azione plurime volte, in tutte le sue incarnazioni. Ero particolarmente curioso di verificare la resa dal vivo dei brani del loro nuovo album “Dividing Lines”. Da questo punto di vista sono stato assolutamente accontentato, visto che dal disco in questione hanno presentato proprio i quattro pezzi che avevo maggiormente apprezzato, in particolare una spettacolare ‘King Of Nothing‘ e la lunghissima ‘The Domino Effect’. Avrei gradito anche ‘Defence Condition’, ma altri undici minuti di canzone in un set tutto sommato breve davvero non ci potevano stare. Buona anche la selezione da “Legends Of The Shire”, probabilmente il loro parto migliore da quando Glynn Morgan è tornato in formazione. Tecnicamente parlando, nel suo genere la band teme pochi rivali: Karl Groom, che dei Threshold è leader e motore creativo, ha dimostrato ancora una volta di essere chitarrista di levatura superiore, ben coadiuvato dal basso di Steve Anderson e dal drumming impeccabile di Johanne James. Se un neo in questa performance dobbiamo proprio trovarlo, va ricercato nell’aspetto visivo: come si diceva, i Threshold sono una band prettamente tecnica, e dal vivo risultano abbastanza statici. E certamente essere stati inseriti in un contesto prettamente metal come quello della seconda giornata del Luppolo In Rock da questo punto di vista non ha di sicuro aiutato.

Spenti gli echi progressivi del set dei Threshold, si cambia radicalmente registro con i Raven, ovvero quando sul palco salgono due fratelli Gallagher ma non sono gli Oasis. Con una carriera quasi al traguardo dei 50 anni (sono attivi dal 1974), i Raven sono tra i capostipiti della New wave of British heavy metal, e pur non avendo mai raggiunto i livelli di popolarità di band loro contemporanee come gli Iron Maiden ed i Saxon, godono ancora una discreta popolarità e soprattutto i lori primi album vengono ancora citati tra le opere da avere se si amano certe sonorità. Sonorità che loro definiscono ‘athletic rock’, un’etichetta tutto sommato adatta alle dinamiche sonore cui ci hanno abituato John e Mark Gallagher, attualmente coadiuvati alla batteria di Mike Heller (Fear Factory). La posizione nel bill consente loro un set dalla durata importante, in cui sono presenti una buona dose di classici del passato come ‘All For One’, ‘Athletic Rock’ e ‘Rock Until You Drop’ per citarne giusto tre, che ben si inseriscono tra i brani delle loro produzioni più recenti, caratterizzate da un sound più robusto e dinamiche neanche troppo distanti dallo speed-metal. Comunque, set list a parte, è bello constatare che il trascorrere degli anni non ha minimamente intaccato lo spirito gonzoid che ha sempre contraddistinto l’attitudine dei fratelli Gallagher e devo dire che le mie aspettative piuttosto basse nei loro confronti si sono sciolte come neve al sole in virtù di una performance solida, divertente ed assolutamente apprezzabile, al termine della quale ci concediamo un meritato attimo di birrifico relax in attesa dell’arrivo dei protagonisti della serata.

Scolata l’ennesima pinta, si spengono le luci e sulle assi del palco cremonese si materializzano i vecchi leoni del metal britannico: Byff Byford, 72 anni e non sentirli, capelli stile Saruman il Bianco e cappottone militare nonostante la temperatura di poco inferiore ai 30 gradi si manifesta on stage circondata da quell’aura di leggenda che circonda personaggi che di questo genere hanno scritto pagine e pagine di storia. Carisma a profusione, autorevolezza e dominio assoluto del palco sono le armi con cui Byff ed i Saxon affrontano il pubblico del Luppolo In Rock, certi di uscirne vincitori. Dietro le pelli, l’inossidabile Nigel Glockler, mentre sul lato destro dello stage fa bella mostra di sé il nuovo acquisto, Brian Tatler, chiamato a ricoprire il posto lasciato vacante da Paul Quinn (che in realtà si è solo ritirato dall’attività live, in studio continuerà a collaborare con i Saxon) Quel ‘nuovo acquisto’ va letto in senso assolutamente ironico, perché il buon Tatler, fondatore dei Diamond Head, è di per sé un’altra autentica leggenda della NWOBHM. Lo show si apre così come si apre l’ultimo album della band, con ‘Carpe Diem’, e dà il via ad un set che vedrà sfilare progressivamente tutti i grandi classici saxoniani, da ‘Motorcycle Man’ all’encore con ‘Princess Of The Night’, passando per autentici trattati di storia del metal come ‘Strong Arm of The Law’, ‘Denim and Leather’, ‘Heavy Metal Thunder’ e quelli che considero i due pezzi che definiscono i Saxon, ‘Dallas 1 PM’ e ‘747 (Strangers In The Night)’. Ad un certo punto Byff chiede al pubblico cosa preferirebbe ascoltare tra ‘Broken Heroes’ e ‘Crusader’: l’applausometro decide per quest’ultima, facendo così svanire le mie speranze di poter ascoltare la prima, in assoluto uno dei pezzi dei Saxon che più adoro.

In mezzo a questa pioggia di hits storiche, trovano spazio anche altri tre brani del nuovo disco, con menzione particolare per quel piccolo capolavoro che è ‘The Pilgrimage’, e le due title-track di ‘Sacrifice’ e ‘Solid Ball Of Rock’, per un concerto che in un’unica soluzione offre emozioni contemporanee ed un lungo excursus sul viale delle rimembranze, una cavalcata nostalgica che tale è solo anagraficamente, perché dal punto di vista della performance, questi Saxon risultano ancora assolutamente rilevanti ed imprescindibili, in una scena che di vecchietti come questi dimostra di averne ancora tanto bisogno.

Cremona, 21 luglio 2023
Photogallery © Stefano Panaro

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