Oca Nera Rock

Turn ON Music

Loreena McKennitt

Loreena McKennitt, “The Mask Add The Mirror” trent’anni dopo

SI CHIUDE AL TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI IL TOUR ITALIANO DELL’ARTISTA CANADESE

Loreena McKennitt, l’icona del celtic-folk, celebra il trentesimo anniversario del suo album più celebre, dedicandogli un tour in cui lo ripropone per intero

Milano, 26 luglio 2024

Dopo cinque anni di assenza torna a Milano Loreena McKennitt. Al Teatro Degli Arcimboldi si chiude in grande stile il tour con cui viene celebrato il trentesimo anniversario di “The Mask And The Mirror”, l’iconico album che consacrò definitivamente la druidessa canadese. In quel disco giunse a compimento quella transizione iniziata con il precedente “The Visit”, che vide il celtico folklore dei primi lavori incontrare ritmi, suoni e strumenti appartenenti ad altre geografie e ad altre culture, dando così vita a quel mélange di melodie e sonorità etniche che elevarono la McKennitt allo status di icona planetaria della new age e della world-music. Un percorso artistico suggellato da 14 milioni di dischi venduti. E che, tra l’altro, ha portato Loreena a sfiorare un paio di Grammy e a conquistare due Juno Award, il massimo riconoscimento per un artista canadese.

Il pubblico che sta progressivamente riempiendo gli Arcimboldi presenta un’età media abbastanza sostenuta, nonostante qualche viso meno solcato dalle rughe faccia capolino qua e là. Accediamo anche noi al teatro e raggiungiamo l’ottima postazione riservataci, una quinta fila abbastanza centrale che consente un’ottima visibilità del palco. Non troppo vicina, non troppo lontana e sufficientemente arretrata per avere sott’occhio tutta la scena. Il palco è tanto sobrio quanto scarno. Cinque candelabri a sette braccia posizionati posteriormente sono l’unica concessione scenografica di uno stage sistemato all’insegna dell’essenzialità e dell’ergonomia. Per ricreare le magiche atmosfere evocate da Loreena sul palco saliranno ben cinque musicisti. Attorno al pianoforte ed alle tastiere, a cui la McKennitt si alternerà durante il concerto, possiamo infatti osservare la grande varietà di strumenti già opportunamente posizionati e pronti all’uso. Tra essi, è inclusa la celebre arpa celtica che dell’artista canadese è diventata simbolo e marchio di fabbrica.

Con qualche minuto di ritardo rispetto all’orario previsto, alle 21:10 circa lo show prende il via. Si inizia con una splendida ‘All Souls Night’, uno di quei brani assassini in cui emerge tutta la sensibilità pop della McKennitt, pur immersa in un contesto sonoro in cui si fondono ritmi orientali ed influenze celtiche. Il tutto esaltato dall’ammaliante vocalità di Loreena, intonsa ed affascinante come non mai, nonostante la oramai non più verde età.

Loreena McKennitt
Loreena McKennitt

‘On A Bright May Morning’ è un cantico primaverile che funge da ponte per le atmosfere orientaleggianti di ‘The Gates Of Istanbul’, praticamente la ‘Kashmir’ della McKennitt. Seguono ‘Penelope’s Song’ e ‘Ages Past, Ages Hence’ per poi spostarci prima in oriente con ‘Marco Polo’. Poi nella penisola iberica con ‘Spanish Guitars And Night Plazas’, in una sorta di viaggio musicale dalle tonalità multietniche. ‘The Lady Of Shalot’ mette in musica un poema di Lord Alfred Tennyson. È facile lasciarsi condurre per mano da Loreena attraverso le nebbie di Avalon, guidati dalla sua voce celestiale e senza tempo.

Prima di concludere il primo set con le atmosfere celtiche di ‘The Old Ways’, ci viene presentata la backing band. Accanto alla McKennitt gli storici compagni di ventura: Brian Hughes (chitarra e praticamente ogni altro strumento a corde vi possa venire in mente), Hugh Marshal (violino) e Caroline Lavelle, violoncello ma splendida anche al controcanto. Sono coadiuvati dalla soffusa sezione ritmica composta dal batterista Robert Brian e dal bassista Dudley Philips.

Una ventina di minuti ci separano dal cuore di questo spettacolo, l’esecuzione integrale di “The Mask And The Mirror”. Nel messaggio di benvenuto che ha voluto condividere all’inizio del tour Loreena scrive:

«Quando ripenso alle riflessioni e ai viaggi che hanno ispirato “The Mask and Mirror,” ricordo i temi che stavo esplorando, inclusa l’importanza di essere impegnati spiritualmente e il modo in cui le religioni si inseriscono in questo sforzo. Questa ricerca si riflette in ‘The Mystic’s Dream’, in ‘The Dark Night Of The Soul’ di San Giovanni della Croce ed in “Full Circle”. L’importanza di guardare gli altri con gentilezza è espressa nel poema allegorico di Yeats “The Two Trees”, mentre il significato delle arti nel connetterci con la nostra umanità è centrale nel “Prospero’s Speech” di Shakespeare”».

Ed in effetti, quell’album si presta ad una doppia chiave di lettura. Da una parte la ricerca introspettiva di risposte e di conferme; dall’altra il viaggio inteso come ponte tra culture diverse, unite da un linguaggio universale – quello della musica, attraverso il quale «trovare fili di umanità condivisa».

L’album viene riprodotto fedelmente ed in maniera impeccabile, con il valore aggiunto dell’impatto emotivo che guadagna in ambito live. Come nel caso di ‘The Bonny Swans’, con la chitarra di Hughes che duella con il violino di Marshal sul tappeto di piano intessuto dalla McKennitt, a rendere quasi paradisiaca quella che a tutti gli effetti è una murder ballad.

Archiviati la maschera e lo specchio, rimane il tempo per un lungo bis che incorpora un paio di estratti da “The Book Of Secrets” (‘The Mummer’s Dance’ e ‘Dante’s Prayer’). Si finisce in gloria con ‘Tango To Evora’, a chiudere un concerto meraviglioso ed emozionante. Talmente ricco di suggestioni da lasciare con davvero poco fiato nei polmoni un pubblico entusiasta. Pubblico che non esita a tributare all’artista canadese una più che meritata standing ovation.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.