Spettacolo di vera musica: Queens Of The Stone Age live a Roma
Il pomeriggio scorre lento all’Ippodromo delle Capannelle, dove i primi fedelissimi della transenna sono già in paziente attesa dell’evento che, all’interno della rassegna Postepay Rock in Roma, avrà inizio da lì a poche ore: dopo la data di Bologna al Rock In Idro arrivano i Queens of The Stone Age arrivano anche a Roma.
Complice anche la giornata feriale, il pubblico arriva alla spicciolata.
Poco dopo le 19 vengono aperti i cancelli, non c’è ressa e i fedelissimi possono correre subito ad occupare i posti sottopalco, mentre gli altri, con molta calma, guadagnano i posti ai punti bar e ristoro.
All’interno della nuova zona palco, differente e decisamente migliore di quella delle passate edizioni del Postepay Rock in Roma, non si respira l’atmosfera del “grande evento” considerando la prima volta romana della band – no dai, ricordiamoli nel 1999 partecipare a Nel nome del rock, gloriosa e rimpianta manifestazione che si teneva a Palestrina.
E così, mentre il pubblico continua ad arrivare, la serata prende forma.
Sul palco, ad intrattenere i presenti sale il trio californiano We Are Scientists.
Scelta forse non propriamente idonea per la serata, i tre cercano di cavarsela suonando per lo più per un pubblico distratto.
Molti non sapevano neanche chi fossero, e dopo un compitino pulito, senza infamia e senza lode, tra qualche applauso e qualche “c’avete rotto, volemo i Queens”, lasciano il palco.
E solo a questo punto mi rendo conto, guardandomi intorno, che la serata sta decollando.
Il grosso del pubblico è arrivato durante l’esibizione degli Scientists, cercano tutti la sistemazione migliore, si comincia a stare più stretti, anche se, onestamente, non c’è il pienone che si poteva immaginare.
Sono le 22 e 03 quando si abbassano le luci, sullo sfondo del palco parte un countdown di 60 secondi che accompagna l’ingresso dei Queens of the stone age sul palco e l’inizio di You think i ain’t worth a dollar, but i feel like a millionaire.
Homme e soci partono a razzo, dal palco si sprigionano potenza ed energia pura.
Si alternano brani nuovi a pezzi più datati, il pubblico sembra apprezzare tutto in egual maniera anche se, a dirla tutta, sembrano divertirsi di più anche loro quando tornano indietro nel tempo.
No one knows è il secondo brano, e poi si possono ascoltare Burn the witch, Smooth sailing, Like a clockwork, In my head.
E ancora I sat by the ocean, Sick sick sick, Better living through chemistry.
Pubblico impazzito, ormai al top per esplodere definitivamente con Go with the flow, e quando ti aspetti ormai il finale con bagno di sudore, la nota dolente della serata.
Saluti e uscita.
Neanche 75 minuti, anche se tirati e di ottimo livello.
I Queens Of The Stone Age lasciano un po’ di amaro in bocca ai fedelissimi che sperano di recuperare con i bis.
The vampyre of time and memory e A song for the dead non accontentano del tutto chi, comunque, si aspettava qualcosa di più.
Si esce però con la consapevolezza di aver assistito ad un gran concerto, senza fronzoli, senza sceneggiate da rockstar, poche parole e ben spese, nei momenti giusti, verso il pubblico, spettacolo di musica insomma, ciò che molte bands, oggi, dimenticano spesso.