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Marissa Nadler

Un incanto che appartiene al passato: Marissa Nadler live a Marina di Ravenna (RA)

Marissa Nadler, la cantante folk di Boston, portavoce di un dream pop etero dalle sfumature delicatamente goth, si è esibita all’Hana-Bi di Marina di Ravenna per uno degli ultimi concerti della stagione estiva 2014.
La direzione del locale è nota per aver affinato nel tempo una serie di precise scelte musicali, in grado di contraddistinguere il palco come una sorta di zona protetta spazio-temporale e catapultare il suo pubblico in territori mistici e polverosi, più vicini alle sabbie dei deserti americani che alla sabbia pasticciata con tappi di bottiglia e mozziconi di sigaretta della nostra Riviera.
Parte di queste scelte sono dettate da un’attitudine, costruite assieme ad un pubblico che ormai ha familiarizzato con un luogo in grado di raggiungere il massimo potenziale grazie all’empatia di spettatori sensibili, attenti e ricercati.
Parte della magia è legata anche allo scenario notturno: un vero incanto, dove anche il mare e le lucine intermittenti tra i tralicci dei gazebo diventano parte degli spettatori assieme alle dune.

Prima dello show il palco presentava un numero sospettoso di strumenti in attesa di essere suonati.
Tra questi un violoncello, una tastiera, ben tre chitarre acustiche – una di queste era una meravigliosa dodici corde.
Il concerto in realtà è stato eseguito solo da Marissa Nadler in compagnia della polistrumentista Janel Leppin, arrangiatrice dalle vaghe sembianze nordiche “alla Nico” che ha  collaborato in passato con Kyp Malone dei TV on the Radio.

Il concerto è stato in grado di emozionare per la sua scevra ed essenziale delicata semplicità d’esecuzione.

L’arpeggio finger-picking di Marissa Nadler e i pacati virtuosismi della Leppin fungevano da tappeto ad una voce densa e impeccabile, in grado di mostrare il meglio nella sua dimensione live, con un supporto nel cantato dalla compagna violoncellista (che a volte si alternava ad una esecuzione pianistica molto minimale) veramente simbiotica e assolutamente adeguata all’oscura regina del palco.

La musica della Nadler è un incanto che appartiene al passato in modo esponenziale.
Oltre agli stilemi classici del folk americano Anni ’60, tiepidamente ibridati con suggestioni ambient ed effetti elettronici mai troppo invadenti, dai brani emergono testi lynchiani che confondono consciamente elementi biografici a racconti gotici con citazioni da Edgar Allan Poe.
Sul palco Marissa Nadler riporta alla mente i miti di una certa ondata indie anni ’90, quali Hope Sandoval e Jeff Buckley, ma certi brani a maggiore inclinazione pop ed essenziali non sfigurerebbero come tracce in Ultraviolence di Lana Del Rey (nonostante la forte distanza di attitudine tra le due chanteuse).

Marissa Nadler non aveva previsto bis, ma il pubblico è stato talmente caloroso che con i suoi applausi è riuscito a strappare un encore.
In tempi ancora più remoti, muse come Marissa Nadler sarebbero state in grado di trascinare con le loro ballate intere folle fin dentro all’oceano per vederle annegare.
La cantante di July è stata molto più magnanima: si è accontentata di trasformare gli incubi in un sogno, facendo inghiottire i suoi estatici ascoltatori da una dolce oscurità.

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