Un viaggio nostalgico tra le hit del decennio d’oro: Giorgio Moroder live a Roma
Quando lessi il programma di Villa Ada Roma Incontra Il Mondo e vidi il nome di Giorgio Moroder in cartellone, m’illuminai d’immenso.
Conterraneo (lui from Alto Adige, io semplicemente from Trentino, ma siam lì), produttore discografico e genio rivoluzionario che col sintetizzatore ha sempre fatto magie: se da un lato poteva sembrare strano trovare qualcuno dell’età di mio padre in consolle, dall’altra ero affascinata dall’idea di vederlo dal vivo.
Arriva quindi il 24 luglio, e dopo un caldo africano che ha attanagliato Roma dall’inizio dell’estate senza concedere una tregua, il cielo si rannuvola e comincia a salire forte il vento.
“Non pioverà mica giusto stasera?”, mi chiedo.
E dopo una leggera pioggerellina, ecco tornare l’afa (pesante più di prima), e la serata può dirsi quantomeno salva dal punto di vista meteorologico.
Già dalle ore 20 a Villa Ada si incontra un po’ di tutto: il pubblico non è omogeneo e l’età minima si aggira attorno ai 30 anni.
Sembra quasi ci sia il ritrovo nazionale delle MILF, donne over 40 racchiuse in abiti talmente stretti che sudo ancora al solo ricordo.
Tacchi alti e mariti a casa, sembrano pronte ad una serata danzante sull’onda dei grandi classici di Moroder – pezzi che, manco a dirlo, hanno da sempre il sapore del rimorchio facile.
Oltre a loro, un miscuglio di gente uscita proprio per l’occasione e che forse è poco avezza ai classici concerti.
Sono tanti anche coloro che hanno trascinato a Villa Ada bambini piccoli, che puntualmente non hanno retto l’attesa e sono crollati sui passeggini mentre tutto il parco cominciava a sentire le prime note dell’opening.
E’ alle 22 che comincia infatti l’esibizione di Panoram, deejay conosciuto più all’estero che in Italia: intrattiene il pubblico con un sound techno di stampo sperimentale che piace, ma forse non è del tutto adatto alla serata e non riesce pertanto a ritagliarsi il giusto spazio.
Giorgio Moroder sale sul palco verso le 23 e senza aprire bocca comincia il suo dj set.
Dopo un piccolo problema col primo pezzo (forse colpa di qualche cavo staccato, la musica non si sente), comincia quella che è stata una grande serata condita da poche e piccole sbavature, del tutto opinabili.
Se è vero che Moroder non è più il ragazzetto degli anni ’70, dei tempi d’oro con Donna Summer, è anche vero che è da poco uscito il suo ultimo lavoro, “Déjà vu“, quattordicesimo album in studio con featuring a cura di Kylie Minogue, Sia e Kelis.
La serata spicca il volo: un viaggio tra i maggiori successi dal sapore nostalgico (‘I Feel Love‘, ‘Call me‘, ‘Hot Stuff‘), colonne sonore (‘The Never Ending Story‘, ‘Take My Breath Away‘) e remix di artisti contemporanei (Daft Punk, Avicii).
Lo scivolone arriva verso fine serata, con una rivisitazione di ‘Notti magiche‘, inno di Italia ’90.
Sarà che a me questo pezzo non è mai piaciuto, come non mi sono mai piaciuti né Bennato né la Nannini, ma questo brano anche tra le mani di un pioniere come Moroder proprio non mi arriva: di colpo non mi sembra più di essere a Villa Ada, ma all’ascolto di uno dei tanti remix ad opera di deejay tedeschi alle prese col dj set dell’Oktoberfest.
Insomma, il classico pezzo con il quale ‘i crucchi’ perculano un pochetto gli italiani.
Non se la prenda a male, Moroder, la mia è solo un’opinione, ma in una serata piena di hit da classifica, questo ‘omaggio’ è stato a mio avviso fuori luogo, qualcosa che ha ammutolito i presenti e fatto sciamare (seppur per poco) l’atmosfera di svago e divertimento.
La serata tutto sommato è andata bene: si è ballato e si è cantato.
Nonostante una visibile stanchezza, Moroder è stato all’altezza della serata e del suo nome, e resta per gli appassionati il padre di un genere che ad oggi, solo lui e pochi altri riescono a tenere alto da un punto di vista qualitativo.