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Eleganza ed energia dal Belgio: dEUS live a Sesto San Giovanni (MI)

Siamo stati invasi dal Belgio.
Questo paese solitamente neutrale e vittima delle angherie dei vicini di casa, per una sera prende possesso dell’area industriale ex-Breda di Sesto San Giovanni, dove ora sorge il Carroponte, e ci colonizza con il suo indie rock, quello consolidato degli storici dEUS e quello rampante e molto pop, ma sempre di pregevole fattura, dei Balthazar.

Il 26 luglio tocca al giovane quintetto -relativamente giovane, avendo dieci anni di attività già all’attivo- aprire la serata, e si dimostrano ben più di un gruppo spalla: vuoi perché parte del pubblico giunto in largo anticipo li conosce e li apprezza, vuoi per le melodie rock ondeggianti e coinvolgenti che accompagnano l’originalità del cantato.
I Balthazar si presentano con ben quattro voci che si alternano, ma più spesso si mescolano tra loro in cori accattivanti in perfetto stile boyband. Il risultato è decisamente particolare e ha un impatto positivo e accattivante, minimizzando le abituali distrazioni della folla e tenendo alto il ritmo.
Quando annunciano l’ultima canzone, si avvertono non troppo isolati alcuni sinceri mugugni di disappunto, e non accade spesso che una band di apertura lasci il palco suscitando il dispiacere di parte del pubblico.

Due decenni abbondanti di onorata carriera portati benissimo, con eleganza ed energia.
Questo trasmettono i dEUS già dalla loro apparizione sullo stage, per la tappa milanese del tour celebrativo dei vent’anni trascorsi, attraverso sette dischi e molteplici anime, dal loro primo album.
Ce le ritroviamo tutte di fronte, sapientemente guidate in prima linea dal caloroso eppure composto Tom Barman.
L’inizio è morbido e intrigante, ‘Slow‘ e ‘Via‘ scivolano senza soluzione di continuità, in un ritmo ancheggiante che viene tirato un po’ su con ‘The Architect‘, mantenendo comunque un tono intrigante, ondeggiando ma ancora senza saltare.
È con un passo indietro negli anni che arriva la prima botta, quella ‘Instant Street‘, che prima ti culla e poi sale inesorabilmente di ritmo, e con il pubblico ormai caldo ‘Fell off the floor, man‘ non fa altro che tenere la fiammella accesa.

Quello che su un palco non propriamente faraonico potrebbe risultare marginale, ma in questo caso è parte integrante dello show, è l’impiego delle luci.
Nonostante sia alquanto essenziale e privo di sfumature, il gioco dell’alternanza dei colori detta il tempo e assopisce o risveglia a comando i sensi, amplificando i contrasti che caratterizzano il sound del gruppo belga.
E sono le luci, in questo caso fisse, ad accompagnare il passaggio di mezzo con brani decisamente più soft ma non per questo meno sentiti, accontentando i passatisti con ‘Little Arithmetics‘ come pure i nuovisti con ‘Sirens‘.
Il suono poi si fa più cupo con il cantato francese di ‘Quatre mains‘, che preannuncia l’accelerazione in arrivo col rush finale.
Su ‘Hotellounge‘ è un fiorire di lacrime e capelli strappati, perché è dura tener vivo il sogno, e ‘Roses‘ non fa altro che peggiorare la situazione, ma è tutta una trappola, perché il rumoroso delirio di ‘Sun Ra‘ è dietro l’angolo e arriva infine l’ipnosi di ‘Theme from Turnpike‘ ad impadronirsi con estrema facilità del prato (le uniche creature a salvarsi sono giusto le zanzare).

L’uscita dal palco dura il tempo di sfilare una sigaretta dal pacchetto e levare di tasca l’accendino.
Il ferro va battuto finché è caldo e i dEUS operano una scelta ben precisa: due soli pezzi lunghi (la malinconia di ‘Nothing really ends‘ viene invece cassata dalla scaletta prevista), ‘Bad timing‘ arriva dritta in pancia e non cessa un istante di salire, dall’inizio alla fine, mentre la chiusura non può che essere appannaggio di ‘Suds & Soda‘, prolungata e portata all’esasperazione, durata un tempo infinito e indefinito ma che se fosse proseguita per altri dieci minuti nessuno avrebbe mai osato lamentarsi.

Un amico tempo fa, con un pensiero estremamente semplice e lineare, mi disse che «quando una band con una lunga storia alle spalle si mette in tour senza un nuovo album da spingere, promuovendo un greatest hits, non si può assolutamente mancare perché ci si deve aspettare un pezzone dietro l’altro».
Per quanto io possa mal sopportare i best of, quello che hanno fatto i dEUS è proprio questo: un condensato della loro carriera musicale bilanciato e studiato, un monumento alla loro grandezza, celebrando la conquista di paesi e platee importanti da parte di un grande gruppo del piccolo Belgio.

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