Il soul, musica dell’anima: Booker T. Jones live a Roma
Quando arriviamo a Villa Ada, nel tardo pomeriggio, è ancora tutto in alto mare.
Tutto ciò che fa da contorno al grande palco che ospita la rassegna è stato appena (quasi del tutto) spazzato via da un violento, seppur breve, nubifragio che si è abbattuto sulla capitale.
Tutti gli addetti ai lavori sono impegnati a risistemare tavoli, sedie e stands, ma soprattutto si lavora febbrilmente sul palco, perchè il rischio che la serata possa non partire è alto.
E sarebbe un peccato, perchè siamo venuti qui per assistere ad un gran concerto.
Infatti Villa Ada questa sera ospita una leggenda del soul: Booker T. Jones, che in 50 anni di carriera ha segnato la storia di questo genere, soprattutto con i suoi MG’s.
Ma tutto si risolve per il meglio, a parte piccoli inconvenienti durante tutta la serata con le spie, e pochi minuti prima delle 22.30 Booker T. Jones fa il suo ingresso sul palco, preceduto dai tre musicisti che lo accompagneranno.
69 anni, attraversa il palco in completo grigio e si siede al suo immancabile Hammond.
Si inizia, e sappiamo già cosa ci aspetta.
Il suo tocco sull’organo sembra non risentire degli anni passati, accompagnato da una sezione ritmica di eccellente livello (e complimenti al batterista che ci regala fraseggi rap in un paio di pezzi) e una chitarra che dice la sua senza mai rubare la scena alla star.
Si alternano brani degli ultimi album (sì, perchè il vecchio Booker T. Jones sforna ancora album) ai grandi successi del passato.
Che, naturalmente, sono quelli che trovano il maggior apprezzamento da parte del pubblico.
Ah già, il pubblico.
Non sapevo cosa aspettarmi da una serata del genere, ma son rimasto piacevolmente sorpreso: non c’è stato il tutto esaurito, naturalmente, ma una buonissima presenza ben ripartita tra fans più attempati e altri più giovani.
Tra i primi pezzi partono subito le note di Green Onions, prima e sempre intramontabile hit del musicista di Memphis, scritta quando ancora non era diciotenne.
E si va avanti, con Jones che prima di ogni pezzo fa una piccola presentazione e ci ricorda che correvano gli anni 1967, 1968, 1969….non senza, forse, un pizzico di nostalgia.
Ascoltiamo So Limbo, Time Is Tight, Take Me To The River.
Nel mezzo, piccola parentesi alla chitarra, in cui rende omaggio prima a Jimi Hendrix con Hey Joe, poi a Bob Dylan con Knockin’ on Heaven’s Door.
Melting Pot è il pezzo di chiusura dei bis, Mr. Jones saluta il pubblico con inchini e grandi sorrisi, come solo chi vive il soul come vera musica “dell’anima” sa fare.