Lorø live a Prato: granitici, potenti, amabilmente dissociati
Alla Struttura Birra di Prato, ormai diventato punto di riferimento per i concerti del giovedì sera, il 17 dicembre sono arrivati i Lorø, gruppo veneto di estrazione math-noise, electro, sperimental che quest’anno ha sfornato il primo omonimo lavoro.
Il trio composto da batteria, chitarra ed elettronica arriva con un suono potente, una rumoristica predominante, sperimentazioni ritmiche e distorsioni pesanti e già dal primo pezzo, ‘Pollock‘ (singolo che ha anche anticipato l’uscita dell’album), si intuisce che la promessa di potenza musicale sarà mantenuta.
Mentre Alessandro Bonini incalza sulla batteria e Mattia Bonafini smanetta sui tasti del suo armamentario elettronico, Riccardo Zulato sfodera con maestria taglienti note dalla chitarra.
I Lorø, gruppo completamente strumentale, grazie alla ricchezza degli arrangiamenti non fa sentire la mancanza della componente vocale.
Il secondo pezzo, ‘High Five‘, diventa più cupo: la chitarra è gestita in maniera tale da sembrare un basso solista e si alterna ad una linea elettronica che a tratti diventa quasi vintage, anche grazie all’apporto di quello che sembra il suono di un hammond.
È la volta di ‘Thaila‘, introdotta dalla carica di batteria di Alessandro: quello che a primo acchito potrebbe sembrare un pezzo più “dritto”, in realtà si impreziosisce in crescendo inoltrandosi in atmosfere più scure.
Il pezzo è caratterizzato da stacchi improvvisi e tempi dispari, conquista e incuriosice anche il pubblico neofita del gruppo e del genere di difficile classificazione.
La batteria diventa sempre più cattiva e il suono cresce e si riempie è la volta della rumorosissima ‘Ø‘.
Mattia é chino sulla sulla postazione all’elettronica, le mani di Riccardo “danzano” sulla tastiera della chitarra: oltre che bravi, i Lorø sono anche un piacere per gli occhi.
Ognuno concentrato sul suo strumento senza però perdere l’alchimia di gruppo: è strano pensare che questo sia il frutto di una così recente formazione.
L’introduzione di ‘A Trick Named God‘ per un momento ci fa credere di essere per le strade di Istanbul durante il richiamo (adhān) alla Salāt.
È solo questione di un attimo, poi il suono sincopato prende il sopravvento, in netta contrapposizione con il canto del muezzin: il finale é un tripudio di rumore.
Una “dolce” linea elettronica accompagnata dal suono della batteria che sembra una campanella che preannuncia l’inizio di ‘At Mortem‘, forse il pezzo con più influenze metal della band: Alessandro Bonini incalza sulla batteria, poi tutto si calma e l’atmosfera del pezzo si trasforma, diventa più ambient, per poi tornare a distorcersi in un secondo momento.
É il momento dell’ultimo pezzo, siamo già in chiusura di serata.
Con la ruvidezza di ‘Clown’s Love Ritual‘ i Lorø sembrano concludere in bellezza, poi invece Riccardo Zulato cambia chitarra e propongo la granitica e dissociata ‘Faster, Louder & Better‘, pezzo che ha un sapore diverso dal resto della scaletta appoggiandosi maggiormente sulla complessità della chitarra, pur mantenendo una profonda coerenza.
Purtroppo tutto passa troppo in fretta e il concerto è finito.
La giovane formazione veneta lascia il palco tra gli applausi e i sorrisi del pubblico, piacevolmente colpito da questa ventata di innovazione che porta il nome di Lorø.