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Lankum - Barezzi Festival

Lankum, quando gli spettacoli vanno oltre l’allerta rossa: era davvero necessario?

L’unica data nazionale di Lankum al Teatro delle Celebrazioni 

La band irlandese ospite del Barezzi Festival 2024

Bologna, 19 ottobre 2024 | Ph. © Carlo Vergani

Siamo stati partecipi dell’unica data nazionale dei Lankum a Bologna, data Way della 18esima edizione del Barezzi Festival in programma a Parma nel mese di Novembre.

Irlandesi di Dublino o meglio, “Dublinesi” innovatori della musica Irish Folk tradizionale, dove le antiche radici sono state riccamente contaminate da una spolverata di psychedelia, distorsioni e tanta drone music.
Non hai scelta, o li ami e ti abbandoni al flusso sonoro, vivacizzato dalle armonie a 4 voci, oppure fuggi a gambe levate senza darti la piacevole possibilità di fluttuare in un dondolio ancestrale.

È sabato e su gran parte dell’Emilia vige un’allerta rossa con indicazione di evitare spostamenti se non per necessità.
Le scuole della bassa modenese (nostra area di partenza) sono state chiuse per l’allerta maltempo, così come sono state sospese tutte le attività sportive e culturali.
Controllo più volte, durante la giornata, aggiornamenti dal Teatro delle Celebrazioni e le pagine di riferimento del Barezzi Festival, su un possibile annullamento dell’evento.

Tutto tace e lascia ben sperare che tutto andrà bene: con un po’ di incoscienza e ottimismo si parte per Bologna.

#andràtuttobene non è tra i tra i migliori ricordi di questo decennio

Arriviamo al Celebrazioni sotto una pioggia copiosa, dove nemmeno l’ombrello formato famiglia, ti assicura di rimanere all’asciutto.

La serata non è sold-out ma il comunque numeroso pubblico prende posto a sedere, invitato, oltre che dall’orario, dalla voce guida del teatro: “si prega di prendere posto, lo spettacolo sta per iniziare”.
L’orario previsto dell’inizio concerto è per le 21:00.
Passano i minuti, ne passano altri, la voce guida ci informa che per problemi tecnici lo spettacolo inizierà in ritardo; lo avevamo intuito, dagli occhi socchiusi di alcuni e dallo sbuffare di altri.

Sta continuando a piovere, mentre circola la notizia che il Torrente Ravone è esondato nel capoluogo felsineo.

Voci di platea attribuiscono il ritardo del concerto a infiltrazioni d’acqua nei sotterranei del teatro.
Respiro una certa apprensione, non so se sentirmi al sicuro o meno, mentre un moderato via e vai di Vigili del Fuoco ci passa accanto.

Sono le 21:45 quando il sipario inizia a dar segni di vita e da li a poco si aprirà ad incorniciare gli attesissimi Lankum.

È in una luce fioca e oscura che si intravedono le figure, sedute equidistanti e sulla stessa linea di Ian Lynch, Radie Peat, Cormac Mac Diarmada, Daragh Lynch.

Ad aprire il concerto è The Wild Rover, canzone della tradizione irlandese, che apre il disco The Livelong Day del 2019.
La ritualità dei suoni e della ipnotica voce di Radie Peat, ci trasportano in un paesaggio che ricorda le Cliffs of Moher, immerse nella luce arancione del tramonto, tra aliti di nubi e vento.
Un luogo immaginario che, nonostante la bellezza, nasconde un’angoscia interiore.

Sono le luci rosse sparate sulla platea ad intermittenza a risvegliarti in un luogo straziante, uno dei troppi luoghi in cui l’apocalisse della guerra tiene in ostaggio il mondo.

The New York Trader tratta dall’ultimo Lp False Lankum è cantata da Ian Lynch mentre suona la uilleann pipes, strumento della tradizione, appartenente alla famiglia delle cornamuse.
L’effetto mantra-ipnotico continua e viene esaltato dal potere delle voci corali di scavarti nel profondo l’anima.

A seguire è The Rocks of Palestine, rielaborazione della canzone popolare The Rocks of Bawn, con la quale la band manifesta il sostegno al popolo palestinese.

“Grazie, sono emozionata, siete venuti qui per noi, nonostante la pioggia” è Radie, incalzata dai propri compagni, a far foggio della lingua italiana, imparata durante un periodo vissuto proprio a Bologna.

Fuori piove intensamente, lo si percepisce, ma la bolla che si è venuta a creare durante questi primi brani, ti fa vacillare come un incanto tra sogno e realtà. Seguono l’esecuzione di The Young People e la cover Rocky Road to Dublin quando la voce spezzata di Radie ci annuncia che, il successivo, sarà l’ultimo brano della serata.

La situazione all’esterno si sta facendo sempre più preoccupante.

Go Dig my Grave, capolavoro assoluto di False Lankum, è fatta di suoni taglienti di violino, organo e silenzi che rendono ancora di più la sofferenza del testo che parla di una ragazza, suicida per amore. Questa versione live è di una bellezza disarmante.

La mia testa non è più nella serata. Durante gli applausi mi alzo e cerco l’uscita, mentre la band strappa la possibilità di un ultimissimo brano, la strumentale The Pride of Petravore.

Siamo nelle mani dei Vigili del Fuoco di servizio, personale che sarebbe stato più utile nell’emergenza che si stava scatenando all’esterno. Alcune delle strade principali della città sono allagate o interrotte.
Con non poca fatica e sangue freddo, riusciamo a trovare un varco per uscire dalla città, passando da quartieri piombati nel buio più nero e strade di campagna in cui la pioggia lasciava spazio al fango risalente dai fossi colmi d’acqua.

Il viaggio di rientro è stato un manifestarsi di sensi di colpa per aver affrontato con incoscienza una serata che con un’allerta rossa, non avrebbe dovuto svolgersi. Non voglio deresponsabilizzarmi, ma, più volte, mi sono chiesta se fosse così impossibile annullare tutti gli spettacoli in programma in città.
Senza rendersi conto siamo passati, in modo frettoloso, da uno spettacolo di struggente estasi ad una realtà cruda che si palesava davanti ai nostri occhi, senza avere il tempo di metabolizzare alcunché.

Spero che i Lankum possano tornare presto in Italia per darci la possibilità di immergersi totalmente e senza pensieri nel loro flusso sonoro.

Resto con i pensieri in apnea, in questa triste serata dove oltre a chi ha perso la casa, c’è chi ha perso la vita.


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