Lamb live a Segrate (MI): a spasso nel tempo
L’appuntamento milanese con i Lamb risponde al nome di “Twenty-One Tour“: quella dell’8 novembre al Circolo Magnolia di Segrate è una delle tappe con cui il duo di Manchester celebra il ventunesimo anniversario dall’uscita del loro disco d’esordio, che porta il loro stesso nome “Lamb” e che ci fa ripiombare in un decennio in cui capitava spesso di assistere a esordi col botto. Così successe anche ai Lamb, che nel periodo d’oro del trip-hop britannico piazzarono un’opera prima notevole, a cui diedero seguito con una carriera caratterizzata da singoli di successo, una pausa di cinque anni e una successiva reunion.
Non è inglese ma è da quelle parti che trae ispirazione HÅN, una giovane artista milanese che si presenta sul palco del Circolo Magnolia per un’apertura piuttosto minimale: synth lei, chitarra a supporto, interazione ridotta e atteggiamento schivo. Gli effetti sono leggeri, e lasciano scorgere una bella voce intensa. Gli scambi di strumentazione tra HÅN e il suo accompagnatore non sortiscono grandi cambiamenti, mentre il suono si fa pieno e tondo con la formazione a doppia chitarra, un arricchimento che valorizza le sue qualità vocali.
L’ingresso dei Lamb non è altrettanto sobrio: la cantante Lou Rhodes presenta un look dorato e una capigliatura incorniciata da rami, Andy Barlow è carico come una molla, la formazione è un quintetto ad assetto variabile, che inizia col supporto di viola, contrabbasso e batteria. L’inizio è decisamente spinto, un tempo bizzarro e interrotto ben scandito dalle tonalità basse sui cui svetta la gran voce di lei. Il gioco è costruito su questi elementi, un equilibrio sincopato che rende bene, e quando le basi si fanno più tirate la voce viene spinta ancora più in alto.
Il contrasto nei Lamb lo si nota anche nell’atteggiamento: lei è di classe e si muove sopra le righe ma senza eccessi; lui fa il tamarro, chiama gli applausi, si mette in mostra e si dimena alla stregua di un dj in discoteca. La scaletta prevede la tracklist del disco eponimo dei Lamb in ordine preciso, ed è l’intermezzo del cambio di lato a spezzare il ritmo: sul quale Lou Rhodes esce temporaneamente di scena e compare una tromba a intrattenere, dando poi il cambio alla viola.
Quando poi si ricomincia a cantare, l’atmosfera diventa jazzeggiante e si presta a brevi virtuosismi di batteria e di contrabbasso. I pezzi sembrano non iniziare mai, si sviluppando intorno alla voce e il resto rimane sullo sfondo. Non c’è quel tempo frenetico e destabilizzante dell’avvio, che rendeva i Lamb consistenti, e si arriva così alla fine del disco.
Lo show non finisce, un rapido cambio di abito e una sostituzione tra contrabbasso e un più classico basso e siamo pronti a percorrere il resto della carriera dei Lamb. Suonano ora diritti, brevi e meno complessi, spostandosi su un suono sintetico e più discotecaro, ritagliato sull’immagine truzza di Andy Barlow. Riprendono la sincope del tempo spezzato con ‘Illumina‘, con cui chiudono il set recuperando bene la presa.
C’è ancora un bis, la tanto attesa ‘Gabriel‘ piena di sentimento, di basso e con la viola che apre con un atteggiamento molto melodico. Una lunga scaletta, quella proposta dai Lamb, che sa essere accattivante all’inizio e che cerca di districarsi poi tra un suono che vorrebbe essere più strutturato e un frangente più elettronico e spinto.