È il 1969, i Led Zeppelin sono nati da poco ma l’alchimia tra i membri del gruppo è già evidente. In una sera di luglio Robert, Jimmy, John P.J. e John B. si ritrovano a ridere e scherzare come già accaduto altre volte. Tema della chiacchierata: il mondo televisivo britannico, gli show proposti al pubblico e le relative star, amate e osannate dalle casalinghe.
«Che dire di quel tipo, Percy Thrower? Quello che fa lo show sul giardinaggio? Un intero programma dove guardi crescere le piante! Come fa ad intrattenere le persone!?» chiede John Paul Jones ad alta voce. Jimmy Page sorride e risponde: «Ehi, ma è proprio quello che facciamo noi! Anche noi guardiamo Plant crescere!». La risata esplode spontanea ed è in quel preciso istante che si rafforza un’amicizia: con la scelta goliardica di dare un soprannome a Robert – Percy.
Torniamo ad oggi, con la nostalgica consapevolezza di non poter più vedere insieme quei quattro amici e alla conclusione che un’ennesima reunion è di fatto improbabile più che insperata. Stesso amaro destino dei Pink Floyd: per assaporare la storia che fu vanno inseguite le carriere soliste. Ma anche in questo caso, non è affar semplice.
Dopo lo scioglimento dei Led Zeppelin, John Paul Jones ha avuto una carriera musicale attiva e prolifica. L’ultimo live show da protagonista è stato al Big Ears Festival a Knoxville, Tennessee. Jimmy Page, invece, non fa parte dei giochi. Attivo con la produzione musicale, vederlo su un palco è qualcosa di straordinariamente eccezionale. La sua ultima performance è datata 3 novembre 2023, in occasione della cerimonia inaugurale della Rock & Roll Hall of Fame. Ed è arrivata dopo ben 12 anni di assenza dai palchi. A nutrire l’universo con la bellezza, per fortuna, ci pensa ancora una volta lui – Robert Percy Plant.
Plant è un artista che ha saputo mantenere viva la propria essenza. Il suo percorso si è sviluppato in una continua esplorazione di tematiche come la spiritualità, la natura ed il viaggio interiore. Negli ultimi anni la sua musica ha riflettuto un profondo rispetto per le tradizioni musicali e culturali, mescolando elementi di folk, blues e rock. Progetti come l’attuale Saving Grace lo hanno visto collaborare con artisti di diverse generazioni, dando vita ad un suono che trasmette un senso di intimità e contemplazione. La sua voce, ancora potente e versatile, si intreccia con testi che evocano immagini di paesaggi antichi e storie di vita, portando l’ascoltatore in un viaggio sensoriale, quasi mistico.
Percy ha sempre avuto una connessione speciale con la natura e la spiritualità. I suoi brani parlano di amore, perdita e di una ricerca di significato, facendo spesso riferimento ad esperienze personali e universali. È così che si uniscono passato e presente, sacro e profano. È così che prende vita una musica tanto nostalgica quanto innovativa.
La collaborazione tra Robert Plant e Suzi Dian nasce nel contesto Saving Grace, collettivo che unisce folk, blues e musica americana. L’idea di Saving Grace è quella di esplorare reinterpretazioni di brani storici e di composizioni originali, il tutto presentato in uno stile che riflette la ricca esperienza musicale di Plant e la freschezza di Dian. Ne siamo testimoni a Bologna, una delle tappe del tour italiano che riporta nuovamente a casa nostra questo straordinario sodalizio artistico.
La setlist proposta durante la serata ha visto i protagonisti interpretare brani originali e cover interessanti (tra cui classici come ‘Gallows Pole’) e reinterpretazioni di artisti quali Nat King Cole e gli Everly Brothers. La presenza di strumenti come il banjo, il mandolino e le chitarre acustiche ha contribuito a creare un’atmosfera profondamente evocativa.
Il concerto ha rispecchiato l’amore di Plant per la musica folk tradizionale ma non sono mancati i rimandi agli esordi della sua carriera. È stata l’esplorazione di sonorità nuove e raffinate ed il pubblico ha potuto apprezzare diversi momenti emozionanti, con riferimenti alla lunga carriera di Robert e al suo legame con la musica delle campagne gallesi. Il tutto, naturalmente, impreziosito dallo splendido contributo di Suzi Dian.
Partecipare oggi ad un concerto di Robert Plant non significa assistere ad un live dei Led Zeppelin – è stolto ma doveroso ammetterlo ad alta voce. La sua attività artistica si è evoluta andando oltre tutto ciò che è stato e rappresenta la crescita del suo io interiore. È la versione più matura e meno irruente degli anni hard rock di gioventù.
Al mito droga, sesso e rock’n’roll anni Settanta sopravvivono oggi la chioma riccia ed un timbro vocale inconfondibile. Caldo ed accogliente, limpido e sognante: è lì, in quelle sfumature eteree che si riconosce colui che negli anni resterà, nonostante tutto, Percy. Ed è lì che non ci sono parole per raccontare un concerto simile.
Robert Plant, Suzi Dian e i Saving Grace non offrono al pubblico un concerto: loro sono un’esperienza da vivere. Possibilmente, ad occhi chiusi e con l’apertura mentale di chi vuole abbracciare con entusiasmo qualcosa di diverso. Perché il problema, laddove ve ne fosse uno, è proprio questo: accettare che Robert Plant sia andato oltre il 1980.
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