Kissin’ Dynamite e Dynazty, it’s only Rock’n’Roll
Hard rock in compagnia di Kissin’ Dynamite e Dynazty
Il tour da co-headliner arriva a Milano
È all’insegna dell’hard rock melodico di stampo nord-europeo la serata che prende il via al Legend Club, location presso la quale giunge in città il tour congiunto che vede gli svedesi Dynazty ed i tedeschi Kissin’ Dynamite unire le forze per offrire i propri fan un doppio spettacolo da co-headliner.
Entrambe le band non sono ancora stelle di prima grandezza, nemmeno nel limitato perimetro del genere di cui si fanno portavoce, ma la cospicua affluenza di pubblico che ha rapidamente riempito il piccolo locale meneghino ci suggerisce che non è assolutamente necessario avere di fronte delle superstar quando chi sale su di un piccolo palco come quello del Legend, si presenta ai propri fan con lo stesso entusiasmo e la stessa energia con cui si affronterebbero sale da concerto di ben maggior spessore e fama.
Alle 19:00 tocca ai Formosa l’ingrato compito di preparare il terreno alle due formazioni protagoniste della serata.
Formatisi in riva al lago di Costanza, sono insieme dal 2015 e contano tre album all’attivo, tutti a base di un potente hard melodico con qualche tinta southern.
Lo slot a loro riservato non è particolarmente generoso, la loro musica non particolarmente originale ma occorre riconoscergli che lo sporco lavoro di riscalda-animi lo hanno portato a termine con successo.
Archiviata rapidamente la pratica dei Formosa, tocca ora ai Dynazty dimostrare di meritare il ruolo da co-headliner conquistato in questo tour.
Loro arrivano da Stoccolma, la capitale di una nazione che ha fatto dell’Ikea, della Volvo e dei gruppi heavy/hard rock i propri prodotti di punta sul mercato export.
Nella selva di formazioni svedesi che spaziano un pò in tutte le sottocategorie del genere, i Dynazty non brillano per particolare originalità ed inventiva. Il loro sound si basa su una solida base hard rock che tende a sconfinare nel metal, senza disdegnare qualche incursione in territori non distanti dal power.
Le due chitarre costruiscono l’intelaiatura melodica su cui poi vola alta la voce di Nils Molin (il cantante che condividono con gli Amaranthe), detentore di due polmoni non indifferenti, perfettamente a proprio agio sugli antemici ritornelli di cui è costellato il loro intero repertorio. Parte non secondaria la giocano i cori, una volta tanto eseguiti live e non preregistrati.
Dal catalogo della band sono stati estratti una decina di brani (con l’eccezione una cover strumentale di ‘Highway Star’ dei Deep Purple) provenienti dagli ultimi quattro dei sette album sfornati fino ad oggi.
Scelta approvata dal pubblico, che non ha perso l’occasione per un ininterrotto singalong, soprattutto sugli highlights come ‘Waterfall’ e ‘Firesign’, per non parlare di ‘The Human Paradox’, probabilmente il pezzo più rappresentativo dei cinque svedesi.
A chiudere la serata ci pensano invece i Kissin’ Dynamite, quintetto germanico che deve il proprio nome all’omonimo brano degli AC/DC (lo trovate su “Blow Up Your Video”), e che nei quindici anni di carriera ha dato alla luce ben sette dischi, di cui l’ultimo – “Not The End Of The Road” dello scorso anno – è anche il preferito di chi scrive.
Nessuna pretesa di innovazione o di particolare complessità troviamo nel sound della band, che propone un classicissimo hard rock melodico ai confini con l’hair-metal, ma reso irresistibilmente orecchiabile da un song-writing dannatamente efficace, e soprattutto dalla loro arma segreta, il front-man Hannes Braun.
Un vero animale da palcoscenico: capello lungo biondo al vento, petto all’infuori e tanta cazzimma che non esita ad ostentare per tutta la durata del set, speso saltellando in lungo ed in largo e catalizzando l’attenzione del pubblico con il quale spesso e volentieri interagisce, risultando perfino simpatico nei suoi modi scanzonati di condurre lo show.
Esattamente l’opposto dei suoi quattro compari, decisamente più sobri nel look e nelle movenze. Inutile dire che il contrasto è tale per cui l’effervescenza del cantante ne risulta abbondantemente amplificata.
La scaletta rispecchia abbastanza bene il percorso artistico dei Kissin’ Dynamite, che propongono in rapida sequenza brani da un po’ tutti i loro album, riservando maggior enfasi a quelli provenienti dagli ultimi due.
Si diceva dell’efficacia in termini di song-writing: quando sei in grado di inanellare così tanti pezzi che invogliano tutto il pubblico a cantare con te, vuole dire che una cosina o due dello scrivere le canzoni le hai imparate proprio per bene. Mantenere alta l’attenzione del pubblico non può essere solo frutto di bella presenza sul palco, devi avere anche la sostanza, e di sostanza in questa band ne troviamo a profusione.
Scorrono così le varie ‘No One Dies A Virgin’, ‘I Will Be King’ con un Braun regalmente agghindato, la meno nota ‘Living In The Fastlane’, annunciata come sorpresa della serata in quanto si tratta ‘solo’ dell’inedito incluso sull’omonimo greatest-hits, l’arrembante ‘DNA’ e così via.
Il tutto, inframezzato dai siparietti con il pubblico, incitato a fare meglio di quello della serata precedente e alla fine della serata proclamato “miglior audience di questo tour”.
Il tempo stringe, non resta che il consueto rito del bis, affidata ad una classica ‘Flying Colours’ che manda tuti a casa felici e sorridenti.
Chi scrive trova al limite del criminale la sciagurata cancellazione dalla setlist (probabilmente per motivi di tempo) di quella bomba che è ‘Yoko Ono’, ma a parte questo possiamo lasciare il Legend con un bel sorriso in volto, consapevoli di non aver assistito alla rivoluzione del rock, ma altrettanto certi di aver chiuso in bellezza il week-end, pronti per ricominciare la settimana con l’innegabile carica che Dynazty e Kissin’ Dynamite son riusciti a trasmetterci.
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Milano, 05/03/2023
© Yamilé Barce4lò / ONR
Kissin’ Dynamite
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