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Kamasi Washington

Kamasi Washington live a Milano: la rinascita del jazz

L’11 novembre Kamasi Washington, musicista jazz proveniente dalla west coast americana, ha concluso il tour italiano con un concerto al Tunnel Club di Milano, venue che da anni è la punta di diamante per la vita notturna milanese e che costantemente ospita eventi di altissima qualità.

L’evento ha preso il via alle 22.30, quando una delle uscite di sicurezza del locale si è aperta ed ha fatto capolino Kamasi Washington con tutta la band al seguito: facendosi strada tra il pubblico, tra grida e applausi, i musicisti hanno raggiunto il palco e senza esitare un istante hanno attaccato con un brano estremamente caotico, dove tutti gli strumenti hanno dato mostra di sé in virtuosismi e passaggi molto complessi.
Poco per volta si sono abbassati i suoni di tutti per dare lo spazio a Kamasi di esibirsi in un’improvvisazione col sassofono e subito dopo anche il trombettista ha lasciato tutti a bocca aperta con un assolo di trombone.
Tra un’improvvisazione e l’altra i temi musicali si sono alternati ma è solo quando è toccato al pianista che la situazione è degenerata.
Il musicista ha iniziato a suonare lentamente e via via il ritmo è diventato sempre più incalzante, agitato, fino a diventare isterico: il pubblico si è lanciato addirittura in un headbanging, cosa che non avevo mai visto prima ad un concerto jazz.
Ci si ferma ed è il momento di riprendere fiato.
Kamasi Washington con l’occasione ha presentato al pubblico la band ed annuncia il prossimo brano, ‘Final Thought‘, del quale il pianista sarà nuovamente il protagonista: con un synth Moog a tracolla dal look molto anni ’80 si è esibito in una serie di numeri degni del Circo di Montecarlo che hanno esaltato e fomentato ulteriormente il pubblico.
Anche per Kamasi Washington è nuovamente il momento di sfoggiare tutta la sua maestria: tra effetti vari combinati con l’archetto, ha sperimentato sonorità che variano tra jazz, il funky ed il rock.
Dopo questa performance il musicista ha detto al pubblico di avere in serbo una sorpresa: si tratta di un ospite speciale, colui che ha reso possibile la sua carriera.
Dalla porta da cui erano spuntati i musicisti a inizio serata è entrato un uomo che si scopre essere il padre di Kamasi Washington: l’uomo, salito sul palco tra gli applausi dei presenti, ha imbracciato un flauto traverso ed il frontman ha annunciato che suoneranno insieme un brano dedicato alla nonna, dal titolo ‘Henrietta Our Hero‘.
Il brano è tutt’altro che strappalacrime, anzi: è allegrotto e lascia molto spazio alla voce (la cantante è la compagna di Kamasi) che tesse le lodi di una donna che ha sempre supportato il nipote dandogli tutto l’amore possibile.
«È ora di musica nuova» dice Kamasi, e la band parte sparata con un brano funk coinvolgente nel quale stavolta a cantare è il contrabassista: le mani del pubblico si alzano, si muovono a tempo ed è come se ci si trovasse ad un concerto di qualche gangsta rapper di Los Angeles.
Con ‘The Magnificents 7‘ sono stati protagonisti per la prima volta i due batteristi in sala, che hanno duellato a colpi di cassa e rullante incalzante con note che hanno smosso tutti: si è ballato e ci si è divertiti a ritmo di un jazz caciarone.

Kamasi Washington ha messo in piedi su un progetto che scardina il jazz classico e lo rende accessibile ad un pubblico giovane: gli eccessi tecnici vengono sostituiti da ritmiche che calcano la cultura afro americana e questa è a tutti gli effetti una rinascita per il jazz.
Avete presente quando a volte ci diciamo «sono nato nella generazione sbagliata»?
Kamasi Washington è un ottimo motivo per essere fieri di vivere gli anni 2000.

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