Joe Satriani, niente apparenze ma solo contenuto
Il Maestro Joe Satriani strabilia Milano
La costante ricerca dell’avanguardia chitarristica al Dal Verme
L’alieno universalmente riconosciuto come Joe Satriani torna a fare surf sulla tastiera delle sue fedeli chitarre Ibanez al Teatro Dal Verme di Milano.
Un tour, questo, inizialmente previsto per maggio 2022 e, a causa delle complicazioni post pandemiche, riprogrammato a quest’anno.
Classe 1956, Joe Satriani non ha bisogno di grandi presentazioni: la sua carriera come musicista, compositore e maestro di altrettanti grandi talenti (non ultimo Steve Vai, da poco passato per la stessa venue) parla da sé.
Il teatro Dal Verme ci accoglie in modo impeccabile e da subito è evidente che i posti liberi sono molto pochi.
Soprattutto, vengono occupati a vista d’occhio tanto che dopo un po’ è data notizia della serata sold out (come ci si aspetta per un musicista di questa caratura).
Alle 21 spaccate le luci si spengono e senza presentazioni pompose la band arriva sul palco per un inizio con il botto.
Dopo pochi è già evidente di che pasta è fatto il vecchio Satch: nessuna backing tracks, nessun in ear, nessun sistema wireless.
Gli amplificatori sono tutti sul palco e si suona come le band rock’n’roll di una volta, unica eccezione sono la maestria e la tecnica, che si dimostrano sin dal primo brano di un livello inarrivabile.
La scaletta inizia con brani recenti tratti dalle ultime due fatiche in studio, “Shapeshifting” e “The elephant of Mars”.
Il light show è stupendo: niente di pirotecnico, ma le luci cambiano senza distrarre e colorano perfettamente il palco accompagnando il mood e la sonorità dei brani.
Anche lo schermo su cui vengono proiettati dei video (che fortunatamente rimpiazzano uno statico banner) non distolgono mai l’attenzione dalla performance e anzi arricchiscono la composizione del palco.
È lo stesso Satriani a presentare la sua band, composta da Kenny Aronoff alla batteria, Bryan Beller (conosciuto anche per gli Aristocrats) al basso e Rai Thistlethwayte a tastiere, sintetizzatori e chitarra ritmica di tanto in tanto.
I suoni sono perfetti (ed è evidente che il volume sul palco è notevole, cosa che verrà confermata quando sarà possibile spostarci fronte palco), anche se l’acustica del Dal Verme non si presta benissimo a questo genere di esibizione musicale – avendo visto Satriani anni prima agli Arcimboldi, la differenza si è notata.
Questo però è un cercare ossessivamente la perfezione sonora, cosa che non ci impedisce di godere appieno di un concerto che non ancora giunto a metà si è rivelato già fenomenale.
Il rapido cambio chitarra che lo porta ad imbracciare la mitica JS rossa fa presagire qualcosa di importante in arrivo.
Ed è infatti la classica ‘Ice 9‘ che inizia ad aprire la setlist a momenti più famosi di Satch, impreziosita in questa proposta da una jam session tra tutti i musicisti che si scambiano fraseggi e parti soliste che lascia tutti senza parole.
Il fatto che questa sia una live band vecchio stile si percepisce molto: il batterista ha un tocco magico, cambia dinamica su un range estremamente vasto ma non esce mai dal seminato, in perfetta sintonia col resto della band.
Ognuno è presente e percepibile ma tutti eseguono il proprio compito (perfettamente) lasciando lo spazio necessario alla voce protagonista, la chitarra solista.
Satriani dal canto suo non perde un colpo: si muove sul palco, dirige i musicisti, cambia parti e improvvisa sezioni, il tutto senza una singola virgola fuori posto.
Il suono pulito e grooveggiante di ‘Blue Foot Groovy‘ ci porta su territori più funkeggianti e 70s, nei quali Satriani costantemente eccelle, dando prova di essere anche un ritmico incredibile.
Nuovo cambio chitarra, si passa alla JS cromata per ‘Crystal Planet‘: questa eclettica chitarra dal look futuristico e dal suono fuori dal mondo ci porta in una nuova sezione della setlist.
Dopo ‘Summer Song‘ è il momento di un break: è passata circa un’ora e dieci minuti dall’inizio della serata e siamo solo a metà scaletta.
Si riprende con un drum solo visionario di Aronoff; rudimenti e groove si mischiano con ritmiche soliste in modo singolare, pattern funky e ritmiche heavy con doppia cassa spezzata si alternano in uno showcase di un batterista completo che dimostra di non essere solo “l’accompagnatore”.
Una jazzy ‘E 104th St NYC 1973‘ ci trasporta con atmosfera sognante a ricordi d’infanzia, con groove che giocano come i bambini dei quartieri newyorchesi.
Satriani presenta di tanto in tanto i diversi brani, qualche accenno all’idea compositiva, che prende sempre spunto dal suo vissuto e dalla sua storia.
Per non farsi mancare niente, c’è spazio anche per un keyboard solo, con un suono sintetizzato che fa l’occhiolino al classico suono Hammond ma con aggiunta di acidità e distorsione: anche in questo caso, arpeggi classici si mescolano con accordi e progressioni jazz, ritmiche su accordi funky e un esecuzione particolarmente acrobatica anche dal punto di vista visivo.
Sul finire della scaletta i brani più celebri con Satriani che ringrazia costantemente il pubblico e non si fa negare in tutta la sua verve sportiva.
Descrivere a parole l’esibizione e la resa sonora di Satch risulta difficile, sembra che qualsiasi periodo sia riduttivo per questo artista che continua (nonostante il tempo che passa e l’età che avanza) ad innovare, stupire ed evolvere il mondo della chitarra elettrica e della musica strumentale.
La vocalità del suo modo di suonare unisce tutti, sia musicisti che non, sia appassionati di musica tecnica che ascoltatori più orientati all’easy listening.
Non possiamo che attendere il prossimo album ed il prossimo tour di Joe Satriani, albero maestro e caposaldo di una musica che si dimentica dell’apparenza e si dedica esclusivamente al contenuto.
Madonna!!! Avrei voluto sentirlo anche io! Soprattutto dopo aver letto questo articolo!!! Ottimo resoconto
Grazie mille Gioro!
Chissà che non ci si incontri alla prossima occasione per vederci Satriani insieme!