IOSONOUNCANE live a Pisa: una manciata di brividi al buio
Alla classica domanda del sabato mattina «Allora, com’era il concerto ieri sera?» stavolta non posso che rispondere con una parola: brividi.
Il live acustico di IOSONOUNCANE è un’esperienza che se hai un cuore non può che scavarci un solco, se non ce l’hai te lo fa fiorire all’improvviso nel bel mezzo del petto. Io, che purtroppo o per fortuna un cuore lo possiedo e pure bello funzionante, me lo sono visto rubare sotto gli occhi dalla sincerità tutta chitarra e voce – e che voce! – dell’artista, salito sul palco del Cinema Teatro Lux il 4 dicembre a Pisa.
Appena entro nella sala, calata per l’occasione in un buio a metà tra il misterioso e lo spettrale, mi trovo catapultata in una specie di non-luogo che sembra già esso stesso un palcoscenico. Lo stage vero e proprio è avvolto dalla più completa oscurità come da un telo di velluto nero, guardandolo sembra di avvicinarsi al fondo di una caverna; gli spettatori sorseggiano ancora, un po’ interdetti, la loro birra, alcuni seduti per terra ai lati della sala, altri accanto al mixer, l’unico punto in cui godere dell’illuminazione fioca e intermittente di sei lampade, fissate ad altezza d’uomo. L’atmosfera è densa ed elettrica, studiata nei minimi dettagli, l’attesa è febbricitante e sin dal primo secondo in cui anche le ultime luci si spengono e si accendono quelle sul palco, sistemate ad arte, il momento diventa sacro.
Fa quasi spavento il silenzio che si crea e che lascia spazio solo alla voce di Jacopo Incani, elastica, profonda, capace di espandersi e contrarsi in un attimo modificando anche lo stesso spazio circostante.
La scaletta del concerto di IOSONOUNCANE segue fedelmente la tracklist dell’ultimo successo, “Die”: ‘Tanca‘, ‘Stormi‘, ‘Buio‘; tutto suggestivo, puro come l’avevo sognato.
La corista scandisce i suoni con una delicatezza tale che sembra a parlare siano le nuvole stesse, mentre le parole del cantautore emergono dalla Terra, ancora sporche del terriccio che le teneva al caldo fino a qualche secondo prima. Ogni pezzo ha, come nel disco, un timbro così autentico e nitido da sembrare primordiale – a dirla tutta, credo che il soundcheck sia durato tra i dieci e i quindicimila anni.
Nella seconda parte della serata ascoltiamo i brani più noti nel precedente album, “La Macarena su Roma” (2010), come ʻSummer on a spiaggia affollataʼ, alternati a pezzi di “Die” (ʻCarneʼ) e cover di due grandi glorie della scena cantautorale italiana, interpretate in modo personale e originale da IOSONOUNCANE. Chi ha potuto ascoltare ʻVedrai Vedraiʼ di Luigi Tenco e ʻIl Cucciolo Alfredoʼ di Lucio Dalla in quel tripudio di luci, che pervadevano la stanza, proiettando ombre spettrali e taglienti da teatro sperimentale sui volti dei due artisti, faticherà a dimenticare quel momento di grande emozione.
La scaletta si conclude con ʻGiugnoʼ, ripescata dal primo disco, mandando tutti a letto presto ma con ancora addosso la pelle d’oca.