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SUM 41

IDAYS MILANO 2024 | SUM 41

I SUM 41 CHIAMANO, I FAN RISPONDONO

La band, che ha annunciato lo scioglimento lo scorso maggio, si è esibita nel tour di addio a Milano in occasione degli I-Days

Milano, 9 luglio 2024

Il penultimo appuntamento con l’edizione targata 2024 degli I-DAYS viene salutato dal metaforico sventolio della bandiera con la Maple Leaf rossa in campo bianco, che accomuna i protagonisti di questa serata all’insegna del pop-punk canadese. Sul grande palco che torreggia sull’assolata spianata dell’Ippodromo SNAI San Siro sfileranno infatti i Simple Plan, la reginetta Avril Lavigne per poi chiudere in bellezza con i SUM 41.

Un cartellone che assomiglia tanto ad un sogno bagnato adolescenziale, non fosse che gli artisti di cui sopra imperversano nelle classifiche da oramai ben più di vent’anni. Adolescenziali sì, ma fino ad un certo punto: sia loro che chi li segue fin dagli esordi, l’adolescenza se la sono lasciata alle spalle da un bel pezzo. Per i SUM 41 si tratta addirittura del tour d’addio: i due concerti che terranno il 28 ed il 30 gennaio 2025 a Toronto sanciranno lo scioglimento definitivo della band, aggiungendo così a questa serata un carico emotivo particolare, dal momento che per i milanesi presenti il saluto finale di Dereck Whibley e compagni non sarà un arrivederci bensì un addio.

Ma andiamo con ordine. Dichiarato sold-out, all’interno dell’ippodromo tra area pit e settore ‘posto unico’ sono ben 35.000 le persone in trepida attesa sotto un sole battente dal quale risulta difficile, se non impossibile, trovare riparo. Dovranno attendere fin quasi alle 18:00 quando i Simple Plan inaugureranno la serata con il loro pop-punk melodico, in cui la componente pop sovrasta di gran lunga quella punk, con quei ritornelli killer che graffiano e lasciano il segno, anche se in realtà gli artigli non affondano mai troppo in profondità.  Non che questo sminuisca l’entusiasmo di un pubblico variegato e multigenerazionale, assolutamente propenso ad accompagnare con il canto la performance di Pierre Bouvier e compagni. Soprattutto quando vengono sfoderate le hit più celebrati, da ‘Shut Up!’ a ‘Welcome To My Life’ passando per ‘Jump’, ‘Icon’ ed un medley di cover che riprende ‘All Star’ degli Smash Mouth e ‘Mr. Brightside’ dei The Killers.

Non manca l’angolino-cringe, con ‘What’s New Scooby Doo’ – il pezzo scritto appositamente per la nota serie animata (che in effetti vediamo scorrere sul maxischermo posizionato a fondo palco) – con la band che viene raggiunta on stage da alcuni ragazzini mascherati come il cagnone in questione. Punk is definitely dead. Il concerto si avvia verso la conclusione, non prima di una ‘I’m Just A Kid’ con Chuck Comeau che cede il suo posto dietro alla batteria a Pierre Bouvier, gettandosi nella folla per quel minimo sindacale di crowd-surfing, che fa tanto punk. O anche no, ma questo non pare importare al pubblico in visibilio. Pubblico che si unisce a Bouvier per una ‘Perfect’ a chiusura definitiva dello show dei Simple Plan.

Simple Plan
Simple Plan

Incastrata tra i Simple Plan e la band dell’ex-marito, la reginetta del pop-punk si palesa sul palco in perfetto orario, per la gioia di ex-teen-agers affetti da sindrome di Peter Pan e di nugoli di ragazzine idolatranti che trasformeranno il concerto in una sorta di surreale, gigantesco karaoke. Anche perché la sua voce, oggi, non pare propriamente al top della forma e in questi casi torna sempre utile il vecchio trucco di rivolgere il microfono verso il pubblico e farlo cantare al posto tuo. Obiettivo pienamente raggiunto, visto che quel pubblico in ogni singolo pezzo non ha cessato di sovrastare con la propria voce quella oggi un pò flebile di Avril Lavigne.

Anche dal punto di vista dell’atteggiamento sul palco, quel concentrato di giovanile esuberanza che traspariva dai suoi video-clip sembra uno sbiadito ricordo. Annegata in una blusa verde oversize, reggi-calze, calze a rete e stivaloni, ci ha dato l’impressione che stare su quel palco fosse davvero l’ultimo posto al mondo in cui avrebbe voluto essere. E come non comprenderla? In fin dei conti là davanti tutti vorrebbero continuare a vedere l’eterna teen-ager, la bad-girl che ha bagnato i sogni di tanti adolescenti (e non), senza pensare che, a quarant’anni, trovarsi a cantare una ‘Sk8ter Boi’ per il sollazzo di un pubblico che ti ha inscatolato in un personaggio da cui ti è difficile se non impossibile distaccarti, non sia proprio il massimo delle aspettative.

In realtà non possiamo sapere cosa stesse passando per la testa della Lavigne, magari si è trattato di banale stanchezza da stress. Però, in tutta franchezza, non l’abbiamo vista proprio benissimo. Per tornare alla mera cronaca del concerto, Avril Lavigne è freschissima di pubblicazione del suo “Greatest Hits”, uscito il 21 giugno, e lo show di questa sera non fa che riprendere e dare in pasto ai propri fan buona parte dei brani inclusi nella raccolta, con l’unica eccezione di una cover, invero un po’ buttata lì, di ‘All The Small Thing’ dei Blink-182.

D’altronde, dietro le sue hit ci son fior di autori che possono insegnare a tutti una cosetta o due su come scrivere un singolo di successo. ‘Losing Grip’ vede lo zampino di Cliff Magness, ‘My Happy Ending’ quello di Butch Walker (Southgang, Marvelous 3 e produttore deluxe), per non parlare di Max Martin che le ha scritto ‘What The Hell’ (incredibile la carriera di questa specie di re mida che quando era un signor nessuno militava negli It’s Alive, misconosciuta formazione funk-metal svedese che forse conoscono in quattro). Con ‘Head Above Water’ e ‘I’m With You’, piazzate come obbligatorio encore, la Lavigne si accomiata dal pubblico milanese, lasciando un pelo di delusione per chi sperava in un duetto con l’ex-marito.

Avril Lavigne
Avril Lavigne

Evidentemente Deryck Whibley ha preferito concentrarsi sullo show che tra pochi minuti lo vedrà protagonista insieme al resto dei SUM 41. Dalle casse gli AC/DC stanno urlando ‘T.N.T.’, probabilmente il pezzo più azzeccato per introdurre l’esplosione di energia che sta per sconquassare l’Ippodromo SNAI. Essendo l’ultimo tour, la band deve aver deciso di andarsene col botto, perché nell’ora e mezza di set non hanno lasciato mezzo minuto di tregua ai 35.000 presenti.

L’ultimo (in tutti i sensi) album “Heaven :x: Hell” riflette un po’ la doppia anima dei Sum. Con ‘Heaven’ ritroviamo l’estro più propriamente pop-punk della band, mentre ’Hell’ si muove su territori decisamente più arrembanti – ed in effetti il concerto di questa sera gioca un po’ con questa ambivalenza, alternando le due visioni musicali della band.

Nel corso della serata ben 22 saranno i brani in scaletta, inclusa una cover punkeggiante di ‘We Will Rock You’ e l’ilare siparietto di Whibley che, chitarra alla mano, intona gli inconfondibili riff di ‘Smoke On The Water’ (Deep Purple) e ‘Seven Nation Army’ (White Stripes). Ma a parte i siparietti, sono i classici della band che scatenano l’entusiasmo del pubblico ed innescano una miriade di micro circle-pits.

«It’s been almost 30 years of SUM 41… hasn’t the world had enough?», grida Whibley solo per venire spettinato da un «No!» urlato da 35.000 fan scatenati.

Dagli esordi con ‘Motivation’ (posta proprio in apertura di show), ‘Fat Lips’ e Into Deep’ fino alle recentissime ‘Landmines’ e ‘Dopamine’, Deryck e compagni ci fanno rivivere, per un’ultima volta, la loro carriera. Ha fatto particolarmente piacere l’attenzione dedicata a “Chuck”, probabilmente il loro disco artisticamente più completo e rilevante, da cui abbiamo potuto ascoltare ‘We’re All To Blame’, ‘Pieces’, ‘No Reason’ e ‘Some Says’. Con ‘Still Waiting’ ed i saluti di rito il concerto pare esaurito, le luci si accendono e parte del pubblico inizia a addirittura a sfollare prima di rendersi conto che si tratta di un falso allarme. Nel giro di pochi minuti la band torna sul palco per un last goodbye, con una ‘Summer’ su cui si scatena l’ultimo pogo della serata.

SUM 41
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I SUM 41 salutano così Milano ma non l’Italia, che avrà ancora modo di vederli in azione per due appuntamenti (a Roma e a Bologna) nel prossimo mese di novembre. E in quella occasione, potremmo davvero parlare di un last goodbye.

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