I Cani live a Roma: gli artisti che piacciono ai giovani d’oggi
Passando da un sold – out all’altro, I Cani discendono la penisola nel corso del loro “Aurora – Tour”, il tour promozionale dell’omonimo nuovo album.
Giungono finalmente a casa loro, all’Atlantico a Roma, il 23 febbraio – ed è subito pienone.
La fila nel parcheggio esterno all’Atlantico è incredibile e in molti sono a chiedersi ancor prima del concerto se il successo già visibile della serata sia dovuto al gruppo di Niccolò Contessa piuttosto che a Calcutta, annunciato da tempo come opening della serata.
La risposta a questa domanda è impossibile da dare, ma va anche detto che appena entrati all’Atlantico si assiste ad un evento più unico che raro: nessuno fuori a fumare, come spesso accade per smorzare la noia dell’attesa durante i concerti dei gruppi spalla.
Ma dov’è quindi la gente?
Dentro, intenta a cantare le canzoni del cantautore di Latina.
Il pubblico ha fatto da eco a Calcutta che spesso è rimasto in silenzio, lasciando gli altri intenti a intonare in coro i ritornelli e a fare riprese coi cellulari.
Una volta concluso quello che doveva essere il pre-show (e che si è rivelato, invece, uno show nello show) lo stesso pubblico che ha acclamato il nuovo idolo dell’indie nazional popolare si è sciolto in urla estasiate per I Cani.
L’entusiasmo del primo momento è stato smorzato da un guasto tecnico che ha leggermente attenuato l’atmosfera, ma ci hanno pensato le note di ‘Baby Soldato’ a rilanciare lo spirito e la serata intera.
La prima parte dell’esibizione ha visto “Aurora”, l’ultimo disco, come protagonista assoluto della scaletta.
Non è certo mancata la scenografia, ricca di immagini che scorrevano alle spalle del gruppo mentre Contessa ha ripercorso le tracce più “lanciate” della sua carriera (una su tutte, ‘Hipsteria’) sui cui ritmi ci si è lasciati trascinare fino a sfociare in un frenetico pogo.
Da questo punto in poi c’è da notare un pecca di equilibrio da parte della scaletta: il ritmo del concerto è andato via via scemando, è entrato in una fase più intima, quasi di maggior contatto col pubblico (ho visto ragazzine con la bombetta e gli occhialoni piangere calde lacrime, come le protagoniste delle canzoni de I Cani) e le luci e gli effetti sono diventati conseguentemente più minimali – saggia scelta.
È mancato il brivido finale, la svolta che lasciasse andare ancora una volta una scarica forte lungo tutto il corpo: la performance si è lievemente seduta, accasciata su sé stessa chiudendo con l’acclamatissima ‘Lexotan’ per una buonanotte, comunque, più che efficace.
Niccolò Contessa si sta affermando sempre più come interprete di una generazione che di fatto è quella successiva alla sua, e ci riesce anche con una certa precisione: ha avuto il merito di comprendere come questi tempi possano e debbano essere inquadrati in polaroid da tre minuti e non oltre, coi colori di un nichilismo a volte levigato da forti complessi ed ansie.
Lo status da artista forse inizia a pesare, ma ai ragazzi piace, e pure tanto.