Gregory Alan Isakov live a Segrate (MI): la simpatia delle canzoni tristi
Sudafricano di nascita, statunitense di formazione, milanese per una sera, quella del 16 marzo: Gregory Alan Isakov sale sul palco del Circolo Magnolia di Segrate, per dare prova anche al pubblico italiano che i paragoni con alcuni dei più tradizionali cantautori americani non sono azzardati ed esagerati.
Da oltreoceano arriva anche Leif Vollebekk, canadese, una vaga somiglianza con Herbert Ballerina, che si esibisce in solitaria, passando dalle tastiere alla chitarra. Movenze piuttosto isteriche, canta velocemente e a tratti sembra quasi parlottare, suonando piano piano e con leggerezza, come se stesse procedendo a due marce diverse. Particolare e peculiare, imbraccia una chitarra elettrica ma la pizzica come se fosse un’acustica, e ha un timbro di voce originale, affatto armonioso ma che in qualche maniera fa colpo.
Gregory Alan Isakov apre in compagnia di una formazione di strumenti quasi esclusivamente a corde, una prima linea di banjo, chitarra, violino e contrabbasso per un tripudio iniziale di archi e atmosfera Midwest. Come da copione, va a rovistare nel più classico dei folk rock americani degli anni 70, reinterprendando questi suoni con un’apertura molto pulita e pop.
L’impronta è quella del countryman vero, ogni tanto arriva una digressione con strumenti più convenzionali ottenendo un suono bello pieno. «Canzoni tristi al buio», così le descrive con autoironia Gregory Alan Isakov introducendo un pezzo eseguito a luci spente, ed è su pezzi quieti e con strumenti bassi che la voce risalta, col suo incedere efficace.
Senza scomporsi troppo si preme anche sull’acceleratore, e quando si mette di mezzo il banjo, prende il sopravvento sul resto e si parte tutti per le grandi pianure dell’Ovest. Per ravvivare un po’ la scena, si fa ricorso a qualche rimescolamento: dapprima Gregory Alan Isakov si veste di tutta la malinconica profondità del vecchio folk songwriter, rimanendo solo con armonica e chitarra, poi si fa raggiungere da Leif Vollebekk e inizia lo svacco, con una cover di Bruce Springsteen e una serie di chiacchiere e divagazioni.
La chiusura del set principale arriva con ‘Liars‘, un pezzo dal taglio moderno in una scaletta decisamente fuori dal tempo, la voce di Gregory Alan Isakov in bella evidenza, il ritmo che si fa lento e imponente. Il rientro poi è nuovamente giocoso e quasi gioioso, con i cinque elementi della band più di nuovo Leif Vollebekk come membro onorario, asserragliati intorno a un microfono al centro del palco.
La chiave di lettura del concerto è tutta qui: canzoni tristi e malinconiche suonate con grande simpatia.
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