Gilby Clarke, once a rocker, always a rocker
Seguo Gilby Clarke dal lontano 1990, quando acquistai – più per curiosità che per altro – “Dynamite From Nightmareland”, il primo full-lenght dei Kill For Thrills, la band in cui Gilby militava insieme a Todd Muscat (fratello del più noto Brent dei Faster Pussycat).
Una curiosità poi rivelatasi provvidenziale perché nonostante il movimento hair metal stesse repentinamente tirando le cuoia, straziato dall’emergente fenomeno grunge, quel disco risultò particolarmente riuscito proprio grazie anche alla performance chitarristica di Clarke, che di certo non doveva essere sfuggita ai Guns’N’Roses.
Quando nel 1991 ci fu da sostituire il dimissionario Izzy Stradlin’, la scelta ricadde sul buon Gilby che si unì alla band per il mega-tour di “Use Your Illusion” (incluso lo show al Delle Alpi di Torino del 27 giugno 1992), e con i quali registrerà l’album di cover “The Spaghetti Incident”.
Cosa successe dopo è storia nota, ma il legame di Gilby con la galassia G’N’R per certi versi non si rescisse mai del tutto, dal momento che insieme a Matt Sorum volò alla corte di Slash nei suoi Snakepit, con cui registrò il primo disco “It’s FIve O’Clock Somewhere”.
Seguiranno poi una manciata di album solisti (ne ha giusto giusto uno nuovo in preparazione), ed il peculiare esperimento “Rockstar”, il reality show della CBS che sfociò nella registrazione dell’album “Rockstar Supernova” in compagnia di Tommy Lee e Jason Newsted.
Se non proprio una leggenda, nel suo genere Clarke è comunque stella di primissimo piano e desta ben più di una semplice curiosità il poterlo vedere in azione sul palco del Legend, il piccolo club milanese che oramai è diventato una solida realtà nell’ambito del circuito concertistico della città.
Per questo dovremmo però aspettare un poco, perché per scaldare per bene l’atmosfera son state chiamate ben tre gruppi italiani.
Il primo dei quali è Lizi & The Kids, trio perugino guidato da Elisa Gionangeli a.k.a. Lizi, sorta di Joan Jett in miniatura il cui secondo album “Keep Walking” (uscito a maggio 2022) è stato prodotto proprio da Gilby Clarke che ne suona anche le parti di basso (la batteria invece è quella di Jorm Vik degli Eagles Of Death Metal).
Sul palco accanto a Lizi troviamo due ragazzi italiani, per una mezz’oretta abbondante di pop-punk di pregevole fattura e scuro divertimento. Probabilmente avrebbe meritato una posizione più elevata nel bill di questa serata.
È stato comunque molto carino vedere tra lo sparuto pubblico proprio il buon Gilby, ad assistere visibilmente soddisfatto alla performance del gruppo.
A seguire salgono sullo stage gli Adrenaline, gruppo metal attivo dal 2018 che ha da poco rilasciato il proprio Ep d’esordio (“Reckless”).
Il loro sound unisce potenza e melodia, musicalmente mi son sembrati molto preparati ma molto francamente si tratta di un sound abbastanza fuori dalle mie corde.
Gli special guest successivi sono i Wardogs da Treviso, che di mestiere fanno la tribute band dei Ramones, ed in quanto tale poco c’è da aggiungere: il loro mestiere lo fanno bene, sono anche bravi ma personalmente ho trovato la loro presenza abbastanza fuori contesto, senza nulla togliere alla competenza del gruppo che in ogni caso, come dicevo, viene dimostrata ampiamente alla prova del palco.
È finalmente arrivato il momento di Gilby Clarke, che sale on stage introdotto dalle note morriconiane di ‘The Ecstasy Of Gold‘.
Ad accompagnarlo troviamo il bassista EJ Curse (qualcuno di voi lo ricorderà nei Silent Rage) ed il batterista Troy Patrick Farrell, già con White Lion, Bang Tango e Bulletboys.
La formula del power trio si adatta perfettamente alla scaletta preparata per la serata, che ben si bilancia tra i brani tratti dal suo repertorio solista, cover e pezzi delle band in cui ha militato.
Si parte subito alla grande con ‘Wasn’t Yesterday Great‘ (da “The Hangover”) e ‘Under The Gun‘ (da “Swag”), ma il colpo al cuore per il sottoscritto è la riesumazione di ‘Motorcycle Cowboys‘ dei Kill For Thrills.
Chitarristicamente parlando, c’è davvero poco da dire: il buon Gilby è ancora uno dei più talentuosi musicisti in circolazione ma è dal punto di vista vocale che mi sorprende – davvero bravo nonostante un’imperfetta bilanciatura dei suoni.
Dal periodo Guns ci propone una bella ‘It’s So Easy‘ su cui brillano anche i suoi due comprimari, mentre nel reparto cover troviamo un paio di pezzi dei Rolling Stones (‘It’s Only Rock’n’Roll (but I Like It)‘ e ‘Dead Flowers‘), un’immancabile ‘Knockin’On Heaven’s Door‘ ma soprattutto una bellissima rilettura di ‘Cowboy Song‘ dei Thin Lizzy.
C’è spazio anche per ‘Monkey Chow‘, uno dei pezzi che Gilby scrisse per il primo disco degli Snakepit di Slash, lasciando ad una classicissima ‘Tijuana Jail‘ l’onere di chiudere un concerto davvero divertente, con un Clarke in forma smagliante e visibilmente contento di suonare questa sera seppur la presenza di pubblico non fosse quella delle grande occasioni.
Anche dal punto di vista umano il buon Gilby si è dimostrato persona umile ed estremamente alla mano, concedendosi nell’after show al bagno di folla (ok, forse “folla” non è il termine più adatto…) e prestandosi con ampia disponibilità a foto, autografi e chiacchierate varie.
Alla fine, il sottoscritto gli ha fatto firmare la propria copia (ancora parzialmente incellofanata) del vinile dei Kill For Thrills mentre si disquisiva in tutta tranquillità delle sue vacanze in moto in Sardegna, del cibo locale e del mirto artigianale.