Frankie Animal live a Tallinn: camicie a fiori nella neve
Era venerdì 11 novembre, era buio ed era freddo.
L’inizio del fine settimana, però, non fa testo: a prescindere dalle condizioni meteo e dalla brevissima durata di queste giornate d’inverno baltiche, il venerdì è sempre rassicurante ed eccitante al tempo stesso. Con un’idea di quel che avremmo potuto incontrare, ma con la trepidazione e l’interesse di sempre, siamo andati al concerto dei Frankie Animal per raccontarvelo in parole e foto (guarda la gallery).
Una vecchia conoscenza dell’Oca: estoni, nati e cresciuti a Tallinn, poco più che ventenni, un gruppetto di amici che pare chiaro abbiano ascoltato band abbastanza simili anche prima di conoscersi.
Li abbiamo seguiti già due anni fa in occasione dell’uscita del loro primo Ep, “Obsession”.
Quest’anno li ritroviamo con “The Backbeat”, album di debutto pubblicato in primavera e accolto con critiche molto positive da un audience nazionale che già si era affezionato alla band dal 2012, quando ancora ragazzini Marie, Jonas e Jan-Christopher già inanellavano partecipazioni a concorsi di musica per band emergenti e collezionavano riconoscimenti importanti. Anche il posto è una nostra vecchia conoscenza: qui al Kohvik Sinilind abbiamo visto e fotografato una grande tUnE-yArDs, stesso palco e stesso pubblico caldo pronto a cantare i brani dei Frankie Animal.
In apertura gli Ouu, una band decisamente interessante: i cinque ragazzi sul palco spaziano da un genere all’altro, da un’influenza a un’altra, nello spazio di circa quarantacinque minuti. “Mango Fetch” è il nome del loro ultimo album, riproposto sul palco tra alcuni echi che ricordano un britpop alla Blur e le sonorità dei Foals nello stupendo “Total Life Forever”, senza rinunciare ad ammiccare a qualche traccia di psichedelia alla Tame Impala e, a tratti, a un ritmo più rilassato e quasi tropical sulla scia di altre band che stanno abbracciando questo sound (Arbes, Cristobal and the Sea).
Un elemento in comune e una differenza tra Ouu e Frankie Animal.
In comune hanno le aspirazioni – le due band hanno suonato insieme sul palco di uno degli stage del Positivus Festival, una sorta di Coachella del Baltico, in estate – e il pubblico, che generosamente ascolta con attenzione l’opening act e non si risparmia nel tributargli il consenso che merita.
La differenza, invece, è che i Frankie Animal sono una band con più esperienza (nonostante la giovane età), e si vede: sciolti sul palco, sempre in controllo della situazione, passano in rassegna tutto “The Backbeat” dall’inizio alla fine e suonano anche qualche brano da “Obsession”, l’Ep con cui abbiamo imparato a conoscerli.
Il sound è quello che conoscevamo già, un indie rock abbastanza contaminato da varie influenze che, a ben vedere, riflettono abbastanza le personalità e il bagaglio culturale musicale di Jonas Kaarnamets (chitarra) e Marie Vaigla (voce e tastiere): nel primo caso una passione per le note che trasmettano una certa epicità, ove che siano poche e ben sistemate nella performance, oppure in qualche assolo più azzardato – ma riuscito – chiaramente ispirato dai lavori di Jack White; per quanto riguarda Marie, una voce e una presenza scenica più pop, ma ben declinata col resto delle caratteristiche principali della band.
Non è un caso se ‘Golden One’ (traccia uno) e ‘The Backbeat’ (title track e ultimo brano dell’album) sono così diverse l’una dall’altra e collocate ai due estremi dell’LP. Ascoltare per credere.
I Frankie Animal sono vicini a farcela, ma devono riuscire ad emergere anche su palchi che non si trovino sulla sponda sud-orientale del Baltico. Hanno i numeri per farlo, così come ce li potranno avere in un prossimo futuro gli Ouu.
In questa zona d’Europa c’è una scena interessante a cui sarebbe un vero peccato non rivolgere un orecchio – l’occhio lo teniamo per l’inflazione di camicie a fiori che abbiamo visto sul palco. Decisamente, un buon modo per sopravvivere al freddo inverno che si avvicina.
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