Foals live a Segrate (MI): il finale giustifica i mezzi
A un anno e mezzo di distanza dall’ultima apparizione italiana, i Foals ritornano a Milano per un concerto che con un cerchiolino sulla data del 19 luglio impreziosisce il fitto calendario estivo del Circolo Magnolia.
Il gruppo di Oxford, guidato da Yannis Philippakis, ha quattro album all’attivo e una fama di band che nei live ha una marcia in più. Il pubblico sembra essere affezionato, a giudicare dal numero di t-shirt col loro nome, i presupposti per una serata vivace ci sono dunque tutti.
Doppia apertura prevista per l’occasione.
Tocca a Giungla iniziare, e la giovane cantautrice rock bolognese occupa il palco in solitaria.
Basi spinte su cui ricama giri semplici ed efficaci di chitarra, la voce un po’ ammiccante e un po’ lagnosa ma decisamente grintosa nel timbro, pesca dal riot grrrl e dal rock femminile americano più sofisticato, con un buon piglio e una presenza che aiuta.
Seguono i Little Cub, inglesi, gradevoli anche se non propriamente trascendentali. Fanno un synth pop oscuro, con una cantilena da filastrocca, che più li si ascolta e più diventa convincente, strizzando l’occhio alle sonorità da dancefloor senza scadere nel troppo tamarro.
L’inizio dei Foals è decisamente più sobrio: un intro in solitaria per ‘Mountain at my gates‘, pulita e diretta al pubblico, tirata giusto un po’ con le chitarre sul finale. L’avvio procede su queste corde, dall’aria più pop, coinvolgente e con le chitarre che si risvegliano sulle chiusure. Un po’ di movimento in più arriva con le tastiere di ‘My number‘, con Yannis Philippakis che si conferma uomo da palcoscenico, anche se i Foals appaiono precisi e carismatici ma non danno praticamente spazio alle interazioni e a deviazioni di percorso.
La scaletta si sviluppa con alcuni lenti elettrificati, tipo ‘Red socks pugie‘, che prendono, piacciono e si aprono in crescendo nel finale, ed è in queste chiusure che si intuisce lo spessore dei Foals, che sin qui sembrano un po’ contenersi. L’espressione di questo potenziale ben più rock di quanto visto fino a questo momento arriva nella conslusione del set, prima coi riverberi di ‘A knife in the ocean‘, poi le percussioni di ‘Electric bloom‘ e infine ‘Inhaler‘, con gli accenni di passerella e poi i bagni di pubblico che contraddistinguono i loro concerti.
Anche il bis prosegue su questa linea, rafforzando la sensazione di un concerto a due velocità. La botta vera i Foals l’hanno serbata per il finale, sacrificando lo stile in nome della grinta, frenetici ed esplosivi.
C’è qualcosa che è stato represso nella prima ora, e che emerge in maniera brutale, mutando completamente il passo di marcia del concerto.
Il buon nome dei Foals è salvo, ci si chiede il perché di tutta questa sobrietà iniziale, ma in fondo usciamo contenti perché il finale giustifica i mezzi.
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