FDB Festival live a Fabrica di Roma (VT): Omar Pedrini e Il Teatro degli Orrori
Da qualche anno la provincia di Viterbo si sta popolando di una serie di iniziative che strizzano l’occhio alla tradizionale ‘festa del paese’, emancipandosi da questa dimensione e guardando alla possibilità di essere qualcosa di più, portando musica di qualità anche a chi è lontano dalle grandi città.
L’FDB Festival (Festa della Birra) di Fabrica di Roma è proprio una di queste.
L’opening act del 26 agosto, seconda serata del festival, spetta a Omar Pedrini, ex-leader e chitarra dei Timoria. Il suo è un classico rock all’italiana che sa essere dinamico ed energico, ma che non disdegna sfumature più heavy all’occorrenza. La scaletta sa interessare i nuovi ascoltatori e riesce ad accontentare anche la ‘vecchia guardia’: ‘Nina’, ‘Lulù’, ‘Gaia nella balena‘, tratti dai suoi dischi, ma soprattutto ‘Via Padana Superiore‘, ‘Sole spento‘ e ‘Sangue impazzito“, firmati Timoria.
Pedrini è contornato da musicisti di talento e con la sua chitarra riesce abilmente a trascinare il pubblico. Ciò che colpisce di lui sono la sua spontaneità, la sua simpatia e il suo affetto nei confronti dell’audience: il frontman dialoga letteralmente col pubblico, lo coinvolge, vuole guardare i suoi spettatori negli occhi uno per uno, senza eccezione. Non manca una sorpresa finale, con una cover di Neil Young, ‘Hey Hey My My‘. Un’apertura ‘classica’ appunto, musicalmente parlando, che è degna di merito, anche se per certi versi stride con l’headliner della serata.
In pochi minuti l’FDB Festival passa dalla luce al buio, da suadenti sonorità rock a chitarre al limite del distorto, che ricercano il rumore più che il suono. Nelle loro vesti nere salgono sul palco i membri de Il Teatro degli Orrori, band che ha per nome il proprio manifesto musicale.
L’idea è portare, come su di un palcoscenico, gli orrori e le brutture del nostro vivere, del nostro mondo e, soprattutto, del nostro paese.
A far questo ci pensano sonorità alternative contaminate dal noise, provenienti dalle mani di musicisti che menano tutto il tempo come dei fabbri, unite alla voce del frontman, Pierpaolo Capovilla, capace di rintronare il pubblico con «la forza leziosa» delle sue parole.
Il risultato lascia senza parole.
Si inizia con una tripletta dall’ultimo album: ‘Disinteressati e indifferenti‘, ‘La paura‘ e ‘Cazzotti e suppliche‘. Di lì segue un mix ben riuscito di pezzi tratti da tutti i lavori del gruppo: ‘Majakovskij’, ‘Skopje’, ‘Compagna Teresa‘, ‘Il Terzo Mondo‘.
Non manca ‘Padre Nostro‘, le cui parole risuonano con forza nei cuori della band e del pubblico, riportandoli ai recenti avvenimenti che hanno colpito il centro Italia.
Capovilla e i suoi fanno e danno spettacolo. Lui in particolare ha una presenza scenica che senza pari: inizia a girare nervosamente in circolo, quasi fosse uno squalo che aspetta di ghermire la sua preda senza alcuna pietà; si erge verso il pubblico, lo cerca, vuole provocarlo verbalmente e fisicamente, vuole affascinarlo e insieme farlo arrabbiare. Il concerto si chiude con ‘A Sangue Freddo‘ e ‘Slint’, che va scemando tra le strazianti note di un pianoforte e un silenzio che lascia poi spazio ad un lungo applauso.
L’FDB Festival, in questa seconda serata dell’edizione 2016, oltre ad essere riuscito a portare nel viterbese nomi di un certo calibro, ha saputo anche accontentare sia chi è alla ricerca di un rock più tradizionale, sia chi ricerca il particolare, l’alternativo: è riuscito a mostrare due facce della musica rock, l’una più rassicurante, l’altra più terrificante, orrorifica. Senza dimenticare, infine, il continuo rimando e sostegno alla popolazione afflitta in questi giorni dal terremoto del centro Italia, sostenuta attraverso una serie di iniziative interne al festival stesso, come la raccolta di beni di prima necessità.