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Evanescence, a tutti gli effetti ‘(A)my Immortal’

Il già piuttosto corposo pacchetto di eventi live che costellano il calendario concertistico estivo si arricchisce quest’anno di una nuova manifestazione e di una nuova location. Si tratta di Fiera Milano Live, il festival curato da Vivo Concerti che viene inaugurato questa sera dall’attesa esibizione degli Evanescence. Il cartellone ospiterà, nelle serate a venire, un novero piuttosto variegato di artisti che vanno dagli Arcade Fire ai Black Eyed Peas, senza trascurare fenomeni nostrani come Emis Killa, Geolier e Gigi D’Agostino.

E la nuova location? Beh, in effetti proprio nuova-nuova non lo è. Stiamo infatti parlando dell’area Cargo 1 del polo fieristico di Rho, 60.000 metri quadrati di spazio outdoor che ospitano l’enorme palco ed i servizi annessi e connessi agli usi e costumi degli avventori di concerti. Detto così suona molto più poetico di quel che a tutti gli effetti è – un’area attrezzata in quello che è il parcheggio della fiera, già protagonista di tantissimi concerti negli anni pre-pandemici. Sui (pochi) pro ed i (molti) contro di aree-concerto come questa, ma anche – giusto per citarne altre due – gli ippodromi di San Siro, si è già scritto e discusso tanto. Noi ci limiteremo a constatare che tra meteo infausto ed una folla che non può essere certo paragonata all’orda umana che ha affollato l’Ippodromo La Maura per i Metallica, la serata è stata tutto sommato vivibile, nonostante la fastidiosa pioggia che anche questa sera ha puntualmente deliziato il capoluogo meneghino, per la somma gioia di chi vende quei poncho di cellophane, più simili a preservativi che ad impermeabili (e in taluni casi, la differenza sta giusto nella dimensione).


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Atwood

Ad aprire la serata ci pensano gli Atwood, terzetto milanese che in questi giorni sta facendo parlare di sé, essendosi aggiudicato, oltre a questo, un buon numero di slot da special guest per eventi importanti come gli imminenti concerti dei Deep Purple e di Vasco Rossi. L’occasione di suonare davanti ad un pubblico numericamente importante come quello accorso questa sera alla fiera di Rho ha sicuramente galvanizzato Alice Gruppallo (voce), Daniele Mammola (chitarra) e Simone Crimi (batterie), che ben han saputo incanalare l’entusiasmo in una performance di impatto. Assoluta protagonista la bella voce di Alice, assolutamente perfetta per il sound degli Atwood, un’efficace pop-rock spruzzato di elettronica con qualche deriva alternative e ricco di ritornelli contagiosi che invogliano al sing-along. Niente di rivoluzionario o particolarmente innovativo, ma per chi apprezza il genere, quello degli Atwood è sicuramente un nome da tenere d’occhio.

Nel frattempo, le poche gocce che hanno inumidito la performance degli Atwood stanno via via trasformandosi in un solido acquazzone estivo, costringendo il pubblico ad una rapida operazione di impermeabilizzazione in vista della performance degli Evanescence. Nell’arena risuona una ‘Killing In The Name’ dei Rage Against The Machine sparata a tutto volume quando si spengono le luci e dal PA risuonano le note di ‘Artifact/The Turn’ che accompagnano, pur con qualche minuto di ritardo rispetto all’orario previsto, l’ingresso sul palco di Amy Lee e compagni.

Sono passati più di due anni dall’ultima volta in cui hanno suonato a Milano (al Forum di Assago per il “World Collide Tour” in compagnia dei Within Temptation), e addirittura tre dall’uscita di “The Bitter Truth”, quello che fino ad ora rimane l’ultimo album in studio degli Evanescence.

Il palco non presenta una scenografia particolarmente ricca, giusto lo stretto indispensabile – il grande maxischermo alle spalle della band ed un sapiente utilizzo della moltitudine di luci presenti in scena, per creare di volta in volta l’atmosfera più adatta ai vari pezzi che vengono eseguiti. In fondo, quando sei Amy Lee, il pubblico non hai la necessità di stupirlo con gli effetti speciali: ti basta la voce. Ed infatti, non appena Amy apre bocca esplode l’entusiasmo di una folla assolutamente eterogenea e trasversale: ci guardiamo intorno e vediamo un po’ di tutto – famiglie intere con bambini (opportunamente protetti dalle cuffie anti-rumore) al seguito, metallari, manager appena usciti dall’ufficio, ragazzine infervorate ed anche qualche pseudo-influencer, più interessata ai selfie che al concerto stesso.

Evanescence

Diciamolo, dal vivo gli Evanescence sono una macchina da guerra. Nonostante la pioggia, i suoni sono ottimi anche se, ancora una volta, un filo troppo bassi di volume. Tutta la band gira a pieno regime, con un Will Hunt che è uno spettacolo nello spettacolo. Il suo drumming non ha certo bisogno di presentazioni, ma il personaggio lo è anche (e forse) soprattutto per la sua presenza scenica, cosa rara per un batterista che in una band come questa non occupa certo una posizione di primo piano. Ottima anche la prova dei due chitarristi Tim McCord e Troy McLawhorn, intenti a macinare riff su riff per creare il muro di suono su cui volta alta la voce di Amy Lee, e della new entry, la bassista australiana Emma Anzal.

Rispetto al concerto di un paio di anni fa, la scaletta – pur sostenendosi sempre su quei pezzi che gli Evanescence non possono permettersi di trascurare – si presenta diversa quanto basta e sicuramente ben congegnata. “The Bitter Truth” viene ampiamente saccheggiato, con ben sette brani in set-list.

Apre la serata ‘Broken Pieces Shine’, «a song about the pain and beauty of survival», come la descrive Amy in una recente intervista.

Sparse nell’ora e mezza di concerto troveremo, tra le altre, anche ‘Better Without You’, ‘The Game Is Over’ e ‘Blind Belief’. Lo scorso anno segnava il ventesimo anniversario di quel mega-successo che fu “Fallen”, celebrato con una bella ristampa in versione Super DeLuxe Edition ed ovviamente richiamato in scaletta con i suoi brani più significativi. Non solo: c’è spazio anche per la bella sorpresa di ‘My Heart Is Broken’, un brano che non veniva suonato live da diversi anni. Tra le cose più interessanti della serata, il ripescaggio di ‘Sweet Sacriface’ da “The Open Door” ed una bella cover di ‘Ordinary World’ dei Duran Duran. «Uno dei miei pezzi preferiti», dice Amy presentandola, prima di posizionarsi al piano con la band che entra progressivamente. Il pezzo è stato riletto in maniera molto personale e dall’indubbio impatto emotivo. Per chi scrive, è proprio quando Amy si mette al piano e si trasforma in una sorta di Tori Amos in salsa goth-metal che gli Evanescence assumono la loro massima espressività musicale.

Non sono previsti encore questa sera, lo show si avvia alla sua conclusione con quelli che sono probabilmente i loro due brani più celebri ad attesi. Si tratta di quel gioiellino di ‘My Immortal’ con l’ineluttabile ‘Bring Me To Life’, che 21 anni fa li portò al successo planetario. Come da decisione presa oramai da anni, la parte rappata che fu di Paul McCoy viene saltata a piè pari, riportando il pezzo ad una dimensione decisamente più consona a quella che è la naturale essenza degli Evanescence.

In definitiva, un concerto sicuramente godibile e a tratti esaltante, forse reso un po’ freddo ed asettico da un meteo inclemente e dalla grande dimensione dell’evento. Che, diciamolo, non ha di certo favorito l’interscambio emotivo tra l’artista ed il proprio pubblico.

Milano, 12 giugno 2024

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