Electric Wizard, una serata con riff lenti ma pesanti
Finalmente il ritorno in Italia degli Electric Wizard, atteso da anni dai numerosi fan della band e dai numerosi ascoltatori dello stoner/doom.
Inizialmente poche persone presenti in sala il 18 novembre al Live Music Club di Trezzo sull’Adda (MI), destinato però a riempirsi esponenzialmente nel giro di pochi minuti.
Il compito di scaldare il palco è affidato agli Humulus, band dalle sonorità psichedeliche molto interessanti.
Non è facile avviare un palco di questo genere, l’aspettativa per la serata da parte del pubblico è molto alta, ma gli Humulus ci riescono alla grande.
Sembrano divertirsi parecchio suonando e sono in grado di trasmettere il loro divertimento a chi li guarda e li ascolta.
La loro setlist scorre veloce, tra brani lunghi ma pieni di dinamica, riff distorti e arpeggi psichedelici.
Gli echi dei migliori Kyuss non faticano a farsi percepire e, tra una birra brandizzata Humulus e l’altra, l’esibizione giunge purtroppo al termine, certi che la band avrebbe avuto molto altro da dire.
Compare sul palco l’inconfondibile duo di Matamp Green, ormai marchio di fabbrica sonoro e visivo dei nostrani Ufomammut.
Poco ci vuole al trio per iniziare a creare il caos sonoro al quale ci hanno abituati, con un suono di basso devastante ad accompagnare parti schizofreniche che si alternano a momenti più tranquilli.
Pur essendo solo in tre, la band originaria di Tortona ha una presenza scenica incredibile, che accompagna i pezzi con la stessa furia con cui vengono suonati, senza lasciare aria da respirare allo spettatore.
Sullo sfondo, le proiezioni realizzate da Malleus ci portano in un viaggio dove l’alienazione è l’unica costante.
L’intermezzo chitarristico dona un po’ di respiro prima di un ultimo pezzo suonato con tutta la violenza possibile.
Un nome, una garanzia, anche gli Ufomammut ci salutano dopo un’esibizione che avrebbe potuto prolungarsi piacevolmente.
Dopo un veloce ma non frenetico cambio palco, le luci si spengono e l’intro sinistro accompagna la proiezione del logo degli Electric Wizard.
La band inglese si presenta sul palco a luci spente e inizia senza fronzoli a macinare riff lenti e pesanti, senza lasciare spazio alla speranza.
Le note iniziali di ‘See you in hell’ fanno muovere le teste lentamente, come dei macigni: i Wizard non le mandano a dire e la pesantezza è l’unico linguaggio possibile in questo contesto sonoro.
Il muro di Marshall che si innalza dietro produce suoni saturi e massicci, soffocando non poco la voce di Jus Oborn, distorta e lontana; i brani volano e il volume sembra farsi più assordante, un’esperienza visionaria e soffocante tipica dei Wizard.
Sullo sfondo vengono proiettate immagini distorte e psichedeliche di vecchie pellicole di film occulti ed exploitation, che accompagnano perfettamente l’esperienza live.
‘Dopethrone’ viene dedicata ai fan e scatena reazioni di puro entusiasmo nel pubblico, visibilmente catturato dall’esibizione del combo inglese.
Siamo giunti alla fine con ‘Funeralopolis’, brano apocalittico e particolarmente apprezzato da tutti i fan.
Una notevole esperienza unica nel suo genere, una serata pesante ma volata via, capace di riunire appassionati del genere da tutta Italia.