Duran Duran live a Roma: il pop sopravvissuto agli anni Ottanta
Arriva in Italia il “Paper Gods – Tour 2016” dei Duran Duran, cinque date sulla scia del quattordicesimo album della band inglese uscito lo scorso settembre.
Il 5 giugno è stata la volta di Roma, data che ha inaugurato la nuova edizione del Postepay Rock in Roma.
E così, con abbondante anticipo rispetto alle 21.45 indicate come inizio del concerto, varchiamo i cancelli dell’ex Ippodromo delle Capannelle e, guardandoci intorno, non troviamo sorprese rispetto a ciò che ci aspettavamo di trovare.
Per un gruppo che arriva diretto dagli anni ’80 era difficile immaginarsi miriadi di giovanotti affollati dal pomeriggio per rincorrere i posti sotto palco – ed infatti entriamo senza fare un solo minuto di coda, cosa che ci siamo goduti in questa occasione e che nelle prossime agogneremo.
La gente arriva alla spicciolata, gruppi di amici che si danno appuntamento fuori dai cancelli, ci si impiccia un po’ degli affari degli altri, si capisce che c’è gente che si è data appuntamento per questa occasione e non si trovava da qualche anno.
Altri arrivano direttamente dai fans club anni ’80, magliette e sciarpette su distinti signori e mature signore, le più audaci con tacchi a spillo (che non so che fine faranno sul terreno campagnolo di questa location, appena innaffiato da un abbondante temporale abbattutosi sulla capitale).
E poi ancora famiglie, con bambini che hanno l’aria di non capire perché siano stati infilati nel mezzo di questo evento.
L’atmosfera è più che calma, si aspetta l’inizio seduti ai tavolini dei punti ristoro, si chiacchiera, si beve una birra ma c’è quasi silenzio intorno.
Molti non si accorgono neanche che sul palco sono salite le Bloom Twins, gemelle ucraine prodotte dai Duran Duran stessi e che saranno l’apertura dei loro concerti in questo tour.
Le gemelline son molto carine (molto, sì) ma non credo ci ricorderemo di loro per molto altro.
Pochi minuti dopo l’orario previsto si spengono le luci sul palco, dalle casse rombano rumori di tuoni, quasi un segnale di continuità col temporale appena passato e l’atmosfera tra il pubblico cambia.
I ragazzotti di Birmingham non hanno ancora messo piede sul palco e già, imprevedibilmente, si vedono le prime scene che richiamano alle isterie di trent’anni fa: ex ragazze urlanti al grido ora di «Simon» ora di «John» si scatenano ancor prima che partano le note di ‘Paper Gods‘, per scantenarsi definitivamente nel momento dell’ingresso sul palco dei Duran Duran.
Per questo inizio son più compassati gli ex ragazzi, i pezzi nuovi, diciamolo, interessano a pochi. Ma dopo pochi minuti si ritrovano tutti insieme a saltare e cantare ‘Wild Boys‘ subito seguita da ‘Hungry Like The Wolf‘ e poi uno dei pochi pezzi per cui sono qui, quando riconosci quelle notine che sono sinomino di 007 e parte ‘A View To A Kill‘.
Ancora un paio di pezzi dall’ultimo album e poi le note di ‘Notorius‘ riscatenano le danze, i canti e gli ormoni.
Segue poi un omaggio a chi, più di tutti, ha ispirato l’ondata new wave anni ’80: piccolo medley con ‘Planet Earth/Space Oddity‘ per David Bowie, compito svolto senza infamia e senza lode.
E forse per farsi perdonare questa escursione verso lidi più nobili, ‘Ordinary World‘ torna a farci sentire tutti più giovani.
‘The Reflex‘ e ‘Girls on Film‘ ci portano al termine del live e all’atteso bis che non può che essere riservato a due top hit: ‘Save A Prayer‘ e ‘Rio‘.
Che dire?
Un ottimo live dal punto di vista dello spettacolo, ma per quel che mi riguarda i Duran Duran suonano tecnicamente come trent’anni fa – cioè malino.
Ma tanto di cappello a chi ha saputo cogliere in quell’ondata new wave la parte più pop e saputo costruire un successo anche d’immagine, con una serie di hit che comunque ormai sono nell’immaginario collettivo anche dei più giovani.
Un live che, come succede per tutti i gruppi con storie decennali alle spalle, ha vissuto i suoi momenti top proprio con queste hit – quelle che ci hanno portato indietro nel tempo, quelle che ci hanno fatto dimenticare di esserci precipitati lì all’uscita dal lavoro e di esserci magari ritrovati con amici di un tempo.