Dunk live a Ranica (BG): un incanto sul palco
Nella serata del 6 sprile 2018, il palco del Druso di Ranica (BG) ospita una delle ultime date del tour di un nuovo gruppo, Dunk, che ha portato il primo lavoro su alcuni dei principali palchi italiani.
Questa nuova formazione è la somma di alcune esperienze artistiche e di amicizie vere e proprie, che hanno come protagonisti alcuni tra i maggiori ed apprezzati artisti della scena musicale italiana.
Questo progetto nasce infatti dal piacere di suonare insieme in una serie di jam, che hanno portato in modo naturale alla concretizzazione dei Dunk.
Tutto è iniziato con la collaborazione dei fratelli Giuradei (Ettore alla chitarra e voce, Marco alle tastiere) con Luca Ferrari (batterista dei Verdena).
A chiudere il cerchio di un progetto che stava già prendendo forma e sostanza è arrivato anche Carmelo Pipitone (chitarrista dei Marta Sui Tubi).
Dopo le note biografiche di rito, necessarie ad inquadrare i singoli protagonisti, una riflessione personale: è un piacere rivedere sul palco un artista come Ettore Giuradei.
Il cantautore bresciano, con la sua poetica leggera ed introspettiva fatta di boschi, vino rosso e sole, torna finalmente sui palchi dopo una lunga assenza.
Il nuovo progetto con i Dunk, vede Ettore con una barba più lunga, qualche macchia bianca a testimoniare lo scorrere del tempo ed un atteggiamento più composto e professionale rispetto al passato.
Andiamo però con ordine a raccontare la serata.
A dare il via ed infiammare il pubblico è un altro gruppo molto conosciuto a Bergamo, essendo qui praticamente “di casa”.
Si tratta dei Le Capre a Sonagli, band nata nel 2011 dalle ceneri dei Mercuryo Cromo.
Dopo pochi minuti riescono subito a far salire la temperatura all’interno del locale, con la loro miscela di brani rock stoner e di pazzia allo stato puro.
La band pesca a piene mani dalla propria discografia eseguendo pezzi dal primo (“Sadicapra”) fino all’ultimo disco (“Cannibale”), uscito lo scorso anno.
Ovviamente c’è spazio anche per il rituale pogo del bassista sul pezzo ‘Dove you go?’, che coinvolge tutto il pubblico del Druso ed è una cosa che fa sempre piacere vedere.
Le Capre A Sonagli sono stati in grado di creare un immaginario molto affascinate, tra sogni lisergici e narrazioni freak, che trovano la maggior espressione nel loro disco precedente, “Il Fauno”.
Le urla tribali, i suoni distorti, il flauto di pan che fa la sua apparizione, i testi scuri e pieni di mistero fanno di questa band una delle più interessanti presenti sulla scena musicale italiana.
Ascoltatevi e guardateti il video della canzone ‘La Suite del Demonietto‘ per capire di cosa stiamo parlando.
Dopo la pazzia contagiosa dei Le Capre A Sonagli, arriva finalmente il turno dei Dunk.
Come anticipato gli attori che compongono questo spettacolo sono tutti conosciuti e l’attesa è per capire come sarà l’alchimia tra di loro.
La disposizione sul palco è già emblematica e non vede nessuno al centro del palco – che infatti rimane vuoto.
Come in qualsiasi jam che si rispetti, al centro si trova solo la musica prodotta dalla loro interazione e dalla sintesi delle loro esperienze musicali.
Il cuore di questi brani è dato dall’intreccio della batteria di Luca, che scandisce con potenza e precisione tutti i passaggi, ed i testi di Ettore che donano poesia ed intensità.
Intorno a questa ossatura portante si trova la vivacità degli arpeggi di Carmelo che riempiono il tutto di colori ed energia.
Il pubblico che prima si agitava sulle note dei Le Capre A Sonagli si ferma qui ad ascoltare con interesse lo spettacolo creato dai Dunk.
C’è grande attenzione ed ogni movimento viene letto e scrutato con grande interesse.
D’altronde, l’intesa sul palco è perfetta ed ogni passaggio è uno spettacolo anche dal punto di vista visivo.
Il concerto passa veloce, rapido e senza troppe parole (questo me lo sarei aspettato, conoscendo i musicisti).
Non c’è spazio per discorsi futili, chiacchiere o distrazioni: c’è una vera esigenza di suonare e di farlo al meglio.
Soltanto alla fine del concerto Pipitone dirà «Siamo Ettore, Marco, Luca e Carmelo, grazie a tutti», come se loro fossero solo un gruppo di amici e la cosa importante alla fine, è quello che si è creato sul quel palco in quel momento.
C’è spazio per tutti i brani del disco d’esordio, alternando tra loro pezzi più melodici ad altri più vigorosi.
Il brano che ho maggiormente apprezzato sia su disco che durante l’esibizione è ‘Amore un’altra‘, che rappresenta un perfetto esempio tra l’inarrestabile tiro della batteria di Luca e la leggerezza della voce di Ettore, per la prima volta nella sua carriera fatta passare attraverso un filtro.
‘Intermezzo‘ è l’ultimo pezzo del disco e dura soltanto un minuto: durante la sua esecuzione live il suono si espande, entra in loop e diventa un vero e proprio labirinto.
Ciascuno dal lato suo mette qualcosa, che aumenta questa sensazione soffocante di dedalo.
Dopo un’ora ininterrotta di energia, suoni e parole, i Dunk concludono la loro esibizione e scendono dal palco: non ci sono né celebrazioni (a parte quella citata precedentemente) né bis da proporre.
Il pubblico rimane un pò in attesa, quasi disorientato, per poi cedere ed abbandonare: il concerto è finito, andate in pace.
Come sostiene Murakami , con un passaggio inserito nel brano ‘Ballad 2‘, «Aprire le finestre delle pareti dello spirito/ per fare entrare aria fresca/ è un pensiero, una speranza che ho sempre in testa/ mentre semplicemente scrivo/ senza bisogno di ragionamento».
Allo stesso modo spero che i Dunk aprano una finestra sulla scena musicale italiana per far entrare una boccata di aria nuova: in fondo hanno la possibilità e le caratteristiche necessarie per poterlo fare.
Questo progetto infatti rappresenta una delle novità più interessanti della scena italiana ed è un gradito ritorno di tanti amici.