Oca Nera Rock

Turn ON Music

Dave Matthews Band, the heart of rock’n’roll is still beating

Dave Matthews

Dall’altra parte dell’oceano, quello delle jam band in tour è un fenomeno che attrae costantemente migliaia di appassionati ed alimenta in maniera tutt’altro che trascurabile la scena live, con una pletora di artisti perennemente on the road, e orde di fan che spesso e volentieri transumano da uno stato all’altro al seguito della propria band preferita.
Per loro una data non è quasi mai sufficiente: la prerogativa di questo movimento è il dar vita a concerti unici, interminabili e spesso irripetibili.
Anche quando il tour tocca cinquanta città diverse, ma tu sai già che il concerto di oggi sarà meglio di quello di ieri, e quello di domani non vuoi perderlo perché magari faranno quel pezzo che dal vivo non si sente da diversi anni.
Band di musicisti navigati come i Gov’t Mule, i Widespread Panic, i Phish per non parlare dei miei preferiti del momento, i Goose da Wilton (Connecticut), o delle mille derivazioni che hanno generato i Grateful Dead, ovvero la grande madre di tutte le jam band, assumono la loro piena rilevanza solo quando salgono su un palco.

Certo, i dischi vanno fatti, ma sono solo una mera scusa per ripartire per l’ennesimo tour, e raccogliere lungo la strada quel manipolo di fan accaniti che li segue da una città all’altra, e che tipicamente pendono dalle loro labbra – o meglio – dalle corde della loro chitarra.
E spesso e volentieri queste band non si esibiscono nel locale anonimo, o nella solita arena dove suonano cani e porci.
Spesso li vai a vedere in località che andrebbero visitate anche se non ci fosse alcun un concerto.
Posti mozzafiato come Red Rocks in Colorado, The Gorge nello stato di Washington o quegli storici teatri che hanno fatto la storia del rock, come il Fillmore di San Francisco piuttosto che il Capitol Theater di Port Chester o il Beacon Theater a New York, tutti luoghi intrisi di musica, e di sudore, sede di concerti leggendari e di esibizioni storiche, di quelle che fin da piccolo hai sempre sognato ma che hai potuto vivere solo leggendone il nome sulla copertina apribile di un vinile consumato dall’età, su cui far calare la puntina e, chiudendo gli occhi, lasciandoti trasportare dalla musica.
Ma quando la puntina finisce di tracciarne i solchi, riapri gli occhi e torni alla realtà, quella realtà in cui non stai viaggiando sulle strade della California, ma abiti in un appartamento in riva alla città, in un paese in cui la Route 66 non è una strada ma solo il nome immaginifico con cui il proprietario ha battezzato la birreria sotto casa.

Gli italiani in generale quel movimento lo capiscono (e lo apprezzano) poco.
I gruppi stessi, anche quando vengono in Europa, tendono a saltare il nostro paese.
Certo, i Gov’t Mule difficilmente non passano dall’Italia, ma a parte loro, le occasioni di vederne altri esponenti sono davvero poche.
E quelle poche spesso e volentieri costituiscono una sfida, anche economica, per quei promotori che ogni tanto ci provano, come Barley Arts o, nel caso di questa sera, D’Alessandro & Galli, che a distanza di un lustro abbondante riportano sul palco del Forum di Assago la DMB (Dave Matthews Band), allo stato attuale probabilmente la più celebre delle jam band.
Quello che in USA è uno dei ticket più caldi qui da noi raccoglie qualche migliaio di spettatori, con un Forum ben lontano dal sold-out.

Il parterre è pieno sì e no fino a tre quarti, e diversi sono gli spazi vuoti che si intravedono nelle gradinate.
L’accredito di questa sera ci porta nella tribunetta Gold, situata diametralmente all’opposto del palco, proprio dietro al mixer.
Una posizione per qualcuno privilegiata, da qui si può godere di un’ottima vista sullo stage pur lontano, ed i suoni sono probabilmente migliori rispetto alle altre posizioni in seno al Forum.
Per il sottoscritto, però, è un po’ come essere in gabbia – avrei fatto carte false per scavalcare la transenna e fiondarmi tra le prime file, dove magari si sente peggio ma le vibrazioni che partono dal palco ti arrivano dirette e ti sconquassano dentro.  

Dave Matthews

Si inizia presto questa sera, le luci si spengono alle 20:20 quando l’ex-barista di Charlottesville convertito al rock, sudafricano di nascita ma americano di adozione, sale sul palco precedendo i musicisti della band che progressivamente vanno ad occupare le rispettive posizioni. Carter Beauford si accomoda dietro alla batteria, seguito da Stefan Lessard (basso), Tim Reynolds (chitarra) e Buddy Strong (tastiere).
Per ultimi i fiati, con la tromba di Rashawn Ross ed il sax di Jeff Coffin.
Siamo all’undicesima data di questo tour europeo della DMB, un tour che in teoria dovrebbe promuovere il nuovo album (“Walk Around The Moon”, uscito a maggio 2023).
Dico in teoria perché, come da tradizione, la scaletta è imprevedibile e, tutto sommato, ininfluente sull’esito del concerto: ognuno dei precedenti dieci concerti ha avuto una setlist differente, e a conti fatti sono più di un’ottantina i brani diversi che a rotazione son stato presentati dal vivo in questo tour.
Ed è stato divertente ascoltare nella folla i fan caldeggiare per questo o quel brano, scommettendo o sperando che la scelta cadesse sul pezzo preferito che avrebbe aperto la serata.
Beh, ha vinto chi ha votato per ‘Pig’ a cui questa sera tocca l’onore e l’onere di aprire lo show, subito seguita da una ‘Samurai Cop’ da urlo. Dave Matthews appare in forma smagliante, sia dal punto di vista fisico che da quello vocale, e non da meno si rivelano i suoi compagni d’avventura.
Beauford dietro ai tamburi è una consolidata macchina da guerra, Reynolds e Lessard sono – tanto per cambiare – una garanzia.
Peccato per i suoni non perfetti (dietro di me ho sentito diversi fan urla in direzione del mixer il proprio disappunto per la qualità dei suoni, ma d’altronde non è che dal Forum si possa pretendere più di tanto).
Il concerto, pur iniziato in ritardo, ha visto snocciolare ben 22 brani, per quasi tre ore di musica praticamente ininterrotti, se non per la brevissima pausa (veramente pochissimi minuti) tra il main-set e gli encore.
I brani si susseguono in un flusso continuo, con pochissima interlocuzione se non per i convenevoli di rito.
Come è lecito aspettarsi, anche questa sera ogni brano vive di vita propria e di improvvisazione, con i musicisti impegnati ad interpretarne il mood secondo l’estro del momento.
Nota di merito per la sezione dei fiati, con il duo Ross/Coffin che quando sale in cattedra, detta legge.
L’ultimo album è stato ben rappresentato, con sei brani in scaletta, tra cui la title-track ‘Walk Around The Moon’, ‘Madman’s Eyes’ e ‘Looking For A Vein’.
Del repertorio passato il sottoscritto ha particolarmente apprezzato la sempre-verde ‘Funny The Way It Is’, con il suo finale assassino che scatena l’entusiasmo del pubblico in sala, ma anche ‘Rooftop’, una classica ‘Crush’ e una ‘Seek Up’ che debutta in scaletta proprio in questa data milanese, e che stende tutti con una ventina di minuti jammati, ricchi di assoli e tutti giocati all’insegna dell’improvvisazione.
In chiusura di main-set, una meravigliosa ‘Rapunzel’ al termine della quale la band si prende giusto qualche minuto di pausa.

Ma a salire sul palco per gli encore è il solo Dave Matthew, che in acustico ci propone ‘Here On Out’ a cui fa seguire, dal nuovo disco, una bella ‘Singing From The Windows’, sorta di richiamo ai canti sui balconi durante le prime, drammatiche serate di lockdown covidiano. Abbiamo superato abbondantemente le due ore e mezza di concerto, ma c’è ancora tempo per richiamare sul palco la band e dare una degna conclusione alla serata, che avverrà con un medley da brividi in cui ‘All Along The Watchtower’ si fonde con ‘Stairway To Heaven’, il tutto riletto alla DMB, con un Carter Beauford stratosferico ed un Tim Reynolds infervoratissimo.
È il colpo di grazia, quello che ti stende e ti manda a casa col sorriso stampato sul volto ed un neanche troppo celato desiderio di fare un salto a Firenze, dove domani si terrà la seconda ed ultima data italiana di questo tour della DMB, un tour che, ancora una volta, ci ha regalato una di quelle serate che, una volta tanto, ti riconciliano con la musica.

Milano,  19 aprile 2024

A Firenze alla fine non ci sono andato e, mannaggia a me, potevo anche evitare di andare a sbirciarne la scaletta.
Set-list completamente diversa, con due soli brani in comune con quella della serata milanese.
Per non parlare del debutto in questo tour di ‘Grace Is Gone’ e ‘The Best Of What’s Around’ e due pezzi come ‘Ants Marching’ e ‘The Space Between Us’, che tanto avrei voluto ascoltare qui a Milano.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.