Curtis Harding live a Segrate (MI): tradizione blues e modernità rock
Il concerto di Curtis Harding a Milano il 26 novembre è un’occasione da prendere al volo. Il suo è uno dei nomi più in vista delle ultime settimane, da quando è uscito il nuovo disco “Face your fear”, che vuol essere la definitiva consacrazione del cantante e chitarrista di Atlanta.
Giusto una settimana dopo essere stato eletto disco della settimana da Stereonotte (raccomandatissima trasmissione radiofonica di Rai Radio 1 che ancora coniuga qualità e novità, uno dei pochi baluardi rimasti sulle emittenti nazionali) Curtis Harding si esibisce sul palco del Circolo Magnolia di Segrate, coi suoi suoni carichi di influenze black ma che vogliono essere al passo coi tempi.
L’apertura è di LNDFK, che ricrea un’atmosfera da clubbettino jazz, complice anche la location interna dagli spazi chiusi e circoscritti. La musica di LNDFK è una morbida contaminazione tra il soul-jazz, appunto, e l’elettronica delle tastiere, che fa da cornice a questa suadente voce femminile, costruendo una situazione molto affascinante.
Il live di Curtis Harding inizia in modo amichevole e confortevole: chitarra leggera e voce soul, piuttosto serena e senza forzature. Lui è tranquillissimo, si dedica interamente al microfono agitando il tamburello su un tempo allegro, rinvigorito dalla compagnia del sax basso. Ha l’aria simpatica, e un atteggiamento potenzialmente piacione ma che non esce mai dalle righe, concentrandosi più sull’esecuzione che sull’esibizione.
Quando arriva il momento, dopo un paio di pezzi, di imbracciare la chitarra, il suono di Curtis Harding si sposta verso un blues rock più classico. Non c’è sfoggio di virtuosismi: la voce è tenuta a bada, e le abilità come chitarrista vengono allo scoperto con sobrietà e con l’ausilio di qualche effetto non esasperato. Non vuole stravolgere nulla per ora, Curtis Harding, mostrandosi bravo in modo decisamente pulito, mostrandosi schiettamente nella sua natura di musicista.
Ogni tanto sfodera arie vagamente elaborate, per un soul pop che fa viaggiare indietro di una cinquantina di anni, oscillando tra tradizione e modernità con un piglio estremamente garbato. L’apporto del sax crea un clima danzereccio, mentre l’arrivo del falsetto regala intensità, come con ‘Face your fear‘ che è una ballatona soft rock dal taglio virtuoso. L’approccio di Curtis Harding è molto classico, e una volta presa la vena del falsetto sembra non volerlo mollare più.
Quando la batteria è sostenuta e la chitarra graffiata, bussa in modo incisivo alle porte del rock, mentre su ‘Need your love‘ diventa accattivante e agitatore in stile retrò. Curtis Harding, e ovviamente la sua band che tiene bene la scena, usa alternativamente le chitarre, la voce o la ritmica per tenere sempre una leggera tensione, senza mai tirare troppo la corda.
Non c’è nulla da inventare, lo capiamo anche dal breve bis, un rientro allegro e a velocità sostenuta che condisce il blues rock di fondo con un pizzico di gospel nella più classica delle tradizioni della black music. Curtis Harding offre un salutare tuffo nel passato ma che non sa di vecchio, rileggendo e rispolverando in chiave moderna le più classiche strutture di questo genere.